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Gli studenti del Guglielmo II incontrano Giuseppe Costanza, autista di Falcone sopravvissuto alla strage di Capaci

| Giuseppe Cangemi | Istruzione

L’iniziativa in occasione della “Giornata nazionale italiana del ricordo delle vittime di mafia”

MONREALE, 22 marzo –Incontrare Giuseppe Costanza, autista e uomo di fiducia del giudice, sopravvissuto alla strage di Capaci, ed ascoltare dal vivo la sua testimonianza è la stessa, grande emozione che hanno provato ieri i ragazzi delle classi della scuola secondaria di primo grado dell’ICS Guglielmo II, nella giornata nazionale italiana del ricordo delle vittime di mafia.

L’incontro si è svolto presso la chiesa del Sacro Cuore di Monreale. Giuseppe Costanza ha iniziato la sua narrazione ricordando agli studenti ciò che avvenne il 23 maggio del 1992, giorno in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della sua scorta : Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani.
Da anni ormai all’interno del piano dell’offerta formativa dell’istituto Guglielmo il progetto di legalità assume una forte centralità. Ogni giorno sui banchi di scuola gli insegnanti cercano di promuovere la consapevolezza civile e culturale per riconoscere, analizzare e prevenire ogni forma di atteggiamento mentale e comportamentale di tipo mafioso. L'obiettivo principale che la scuola Guglielmo II ha sempre perseguito è quello di sensibilizzare e recuperare negli allievi la memoria di coloro che non ci sono più e, allo stesso modo, di valorizzare le azioni e le testimonianze di coloro che sono ancora vivi perché sopravvissuti alle stragi.

Ieri l'attenzione dei ragazzi è stata catturata, in un primo momento, attraverso le immagini di un video che lo stesso Costanza ha montato per loro. Essi hanno riflettuto sulla drammaticità dei fatti accaduti e sono stati stimolati a prenderne coscienza. Giuseppe Costanza è stato molto attento nella narrazione di alcuni episodi, cosa non semplice con dei ragazzini che in alcuni casi stentano a rielaborare quanto gli viene raccontato, catturando totalmente la loro attenzione.

Costanza ha voluto ricordare anche coloro che, come lui, sopravvissero alla strage di Capaci trent’anni fa ovvero gli agenti Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo proprio perchè le istituzioni e i mass media spesso dimenticano i loro nomi e rivolgendosi ai ragazzi dice: “Per quale motivo i vivi non vengono ricordati? Forse In Italia si deve morire per essere ricordati? Questa è ipocrisia.”
Nella seconda parte dell’incontro i ragazzi, con i loro sguardi curiosi, con i loro volti trasparenti hanno preso il ruolo di protagonisti dell'evento. Una raffica di domande ha messo in luce l'ottimo lavoro preparatorio a quest'incontro svolto dagli insegnanti e Costanza non si è sottratto a rispondere con generosità ma anche con rigore a tutti i ragazzi.

Un ragazzino ha voluto sapere che mestiere avesse svolto dopo la strage e Costanza ha risposto che dopo 18 mesi, dopo avere ricevuto la medaglia d’oro al valor civile, tornò a lavorare in un piccolo ufficio. “Entravo, firmavo l’ingresso e l’uscita e nient’altro” dice Costanza ai ragazzi, “Mi annoiavo perché non ebbi nessun ordine di servizio” e racconta ai ragazzi che si incatenò davanti il tribunale per ricordare a tutti che lui era ancora vivo.
Giuseppe Costanza ha confidato ai ragazzi che negli anni in cui era stato autista di Giovanni Falcone aveva imparato a convivere con la paura, ogni volta che usciva da casa non sapeva se avesse potuto riabbracciare la moglie e i suoi figli, tuttavia non abbandonò mai Giovanni Falcone perché aveva compreso il grande impegno del giudice e il suo bisogno di avere accanto uomini di estrema fiducia, e lui era uno di questi.

La dirigente Iolanda Nappi, è intervenuta ringraziando i docenti per il lavoro svolto e rivolgendosi ai ragazzi ha affermato: “Credo che ognuno di noi debba essere giudicato per ciò che ha fatto. Contano le azioni non le parole”. Concludendo: “Cercate di essere in futuro uomini e donne del fare, fatelo per voi e per noi, così saremo fieri di tutto ciò che abbiamo fatto”.

 

 

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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