

Le immagini dei migranti deportati, cinicamente ostentate di recente dal bullo del secolo per soddisfare gli istinti dei facinorosi e quelle della donna deportata in dispregio delle leggi richiamate dai giudici (…)
(…) segnano i confini di una rinnovata barbarie e quelli della tracotanza di un esecutivo fantoccio che vuole sovrastare gli altri poteri dello Stato.
Una brutta deriva quella americana, dove Il potere economico, già insofferente alle regole, ai vincoli imposti dalla salvaguardia del pianeta, ostile verso tutte le conquiste sociali che ne limitano lo strapotere, ha sferrato un attacco allo Stato e asservito il potere politico ai suoi interessi speculativi.
Oggi l’America, tradizionale alleato dell’Europa, le è diventata nemica. Oggi la democrazia negli USA attraversa una involuzione che la spinge verso posizioni distanti secoli, se non millenni, dai valori europei e non si rende un servizio allo stesso popolo americano assecondando i responsabili di una simile deriva.
Anche nell’Europa le democrazie accusano un forte affanno, che è il frutto di errori accumulati da più di un trentennio, da quando, caduto il muro di Berlino, l’azione delle forze progressiste si è fatta più remissiva, più scomposta, talvolta perfino connivente di un sistema, che a partire da quella data, ha iniziato ad erodere conquiste sociali importanti nel campo della previdenza, della sanità, della sicurezza, del lavoro.
La deriva degli USA da un lato, il diffuso malessere in Europa dall’altro, hanno dato smalto alle smanie espansionistiche degli autocrati e dei dittatori sorretti dal fanatismo religioso di falsi profeti e di falsi paladini di identità usurpate.
Ed in questo contesto che mette a rischio le democrazie e il futuro delle nuove generazioni è puerile l’alternativa se si preferisce armarsi o più sanità, più benessere, è insensato proporre alternative demagogiche. Sarebbe come chiedere ad un bambino se preferisce il gelato o la medicina.
Detta così, quale sarebbe la scelta? Ma se anche ai bambini si spiegasse con pazienza, con perseveranza, richiamando l’evidenza, che si corre un pericolo di vita, magari con riluttanza, i bambini continuerebbero a reclamare il gelato? Forse no, ne resterebbe solo uno, ma Salvini, si sa, costituisce un’anomalia. Ed è penoso in questo contesto lo sbraitare frenetico dei monopolisti del pacifismo e quello dei predicatori del “ ve l’avevamo detto”.
Pace, giustizia sociale, lavoro, sicurezza collettiva ed individuale, previdenza, ecc. solo in contesti democratici sono valori contesi, oggetto di conquiste e di sconfitte.
In quali altri contesti è pensabile discutere di pace? In sistemi assoggettati ai poteri che hanno interesse di produrre armi? Può scandalizzare in simili contesti lo sterminio della povera gente? A combattere, a morire, a farsi mutilare non ci vanno i potenti, i burocrati di palazzo, i dittatori, gli autocrati, né i loro figli, ma la povera gente. Possono frenarli le macerie delle case, delle scuole, degli ospedali? I loro palazzi sono al sicuro, meglio per loro se cresce l’ignoranza e degli ospedali pubblici possono farne a meno. La distruzione per loro è una opportunità di arricchimento, come dimostrano le spartizioni in Ungheria ed i resort proposti a Gaza in barba ai trucidati.
Risiede in queste considerazioni il motivo per cui ritengo e continuo a ritenere che il sostegno alle forze politiche che antepongono la salvaguardia della democrazie a qualsiasi altro interesse sia prioritario, perché se crollano le democrazie crolla tutto il resto.
È un momento di emergenza il nostro, che impone lungimiranza, impegno, sacrifici, dirottamenti dalla normalità, decisioni drastiche per il presente, strutturali per il futuro.
È questo il motivo per cui ritengo fuorviante ridurre il dibattito ad una alternativa armi si armi no, Ucraina si Ucraina no. Demagogia irresponsabile invocare l’utilizzo delle risorse per altri fini, magari per il ponte sullo stretto.
Le involuzioni in America, la tragedia dell’Ucraina, lo sterminio di Gaza sono una “metafora” direbbe Leonardo Sciascia, una parte che se cattura l’attenzione su di se rischia di farci ignorare la gravità del tutto.
Ed è in quest’ottica che reputo corretta la posizione di chi sposta verso l’alto l’asticella della sicurezza, che la indirizza verso la difesa comune dell’Europa che significa difesa delle democrazie e dei suoi valori, a patto però di rifuggire da posizioni divisive che indeboliscono il messaggio forte, deciso e determinato dell’Europa nei confronti del campo avverso.
Ma reputo altresì insufficiente anteporre il riarmo, da centellinare, a mio avviso, nel contesto di un esame di più ampio respiro, teso a tutelare le democrazie già affermate e ad offrire anche prospettive di sicurezza a quelle forze che da posizioni democraticamente più arretrate intraprendono un cammino di riscatto.
Ma la tutela delle democrazie non si esaurisce nelle armi, né nella difesa dagli attacchi esterni. È necessario anche alimentare all’interno la “cultura democratica” alimentando la crescita di coscienze democratiche vigili, attente e soprattutto consapevoli e rispettose delle conquiste.
Pace, giustizia sociale, libertà, sicurezza, sanità, previdenza non sono doni, non sono attese, né beni acquisiti, ma conquiste, possibili solo in sistemi democratici, Un sistema da preservare e da tutelare perché non crolli il palazzo , un sistema attrattivo di nuove forze perché “fino a quando non si eliminano l'esclusione e l'inequità nella società e tra i diversi popoli sarà impossibile sradicare la violenza” . Papa Francesco nella Evangelii Gaudium del 2013.
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