Autonomia differenziata, la Corte Costituzionale smantella la legge: per noi è una rivincita
MONREALE, 15 novembre – Questi mesi in tanti ci siamo fatti “le budella a pane cotto”, difronte all’arroganza smisurata del governo Meloni e della sua maggioranza.
Il tema non era semplice e non è tra quelli che appassionano gli analfabeti o i semi analfabeti che si presumono laureati quando abbaiano o starnazzano sui social media. Ma in questi giorni abbiamo avuto una rivincita, proprio quando degli uomini più ricchi e quindi potenti al mondo attaccava i giudici italiani. È giunta la sentenza della Corte Costituzionale sulla cosiddetta Autonomia Differenziata. Il deposito della sentenza ancora non è avvenuto ma la Corte Costituzionale ha ritenuto di comunicare cosa in sintesi ha già deciso. Ma andiamo con ordine, mentre ci gustiamo questo fettone di carne.
Va innanzitutto detto che i giudici hanno ritenuto non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata delle regioni ordinarie (n. 86 del 2024). Hanno considerato invece «illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo». E le illegittimità colpiscono al cuore il provvedimento predisposto dalla Lega Nord e condiviso da tutto il governo e dalla maggioranza più antimeridionale che il nostro Paese abbia mai conosciuto. Con nettezza è stato statuito che non si possono affidare alle regioni intere materie ma solo leggi e funzioni. Ciò perché «l’autonomia deve tutelare i diritti della Costituzione e quindi anche il principio della sussidiarietà». Insomma, la Porcata bis di Calderoli viene demolita. Ma andiamo avanti.
In riferimento all’art. 116, terzo comma, della Costituzione, i giudici costituzionali scrivono che: «deve essere interpretato nel contesto della forma di Stato italiana». E poi ribadiscono che la Costituzione: «…riconosce, insieme al ruolo fondamentale delle regioni e alla possibilità che esse ottengano forme particolari di autonomia, i principi dell’unità della Repubblica, della solidarietà tra le regioni, dell’eguaglianza e della garanzia dei diritti dei cittadini, dell’equilibrio di bilancio». Modo elegante per dire che non ci deve essere una spartizione di potere tra diversi livelli istituzionali, ma una «funzione del bene comune della società e della tutela dei diritti garantiti dalla nostra Costituzione. A tal fine, è il principio costituzionale di sussidiarietà che regola la distribuzione delle funzioni tra Stato e regioni».
Dunque, altro siluro all’arroganza fascistoide di questa maggioranza. Ma non è finita. I giudici, tanto odiati dalla destra e dal loro nuovo paladino Musk, continuano: «In questo quadro, l’autonomia differenziata deve essere funzionale a migliorare l’efficienza degli apparati pubblici, ad assicurare una maggiore responsabilità politica e a meglio rispondere alle attese e ai bisogni dei cittadini»;
Viene perciò negata la possibilità che l’intesa tra lo Stato e la regione e la successiva legge di differenziazione trasferiscano materie o ambiti di materie, laddove la Corte ritiene che la devoluzione debba riguardare specifiche funzioni legislative e amministrative e debba essere giustificata, in relazione alla singola regione, alla luce del richiamato principio di sussidiarietà;
Viene cancellato il conferimento di una delega legislativa per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (LEP) priva di idonei criteri direttivi, con la conseguenza che la decisione sostanziale viene rimessa nelle mani del Governo, limitando il ruolo costituzionale del Parlamento; viene cancellata la possibilità di determinazione dei LEP (livelli essenziali di prestazione) con DPCM, sino all’entrata in vigore dei decreti legislativi; viene cancellata, conseguentemente, la possibilità di modificare, con decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali, prevista per finanziare le funzioni trasferite, in caso di scostamento tra il fabbisogno di spesa e l’andamento dello stesso gettito; viene bocciata la facoltatività, piuttosto che la doverosità, per le regioni destinatarie della devoluzione, del concorso agli obiettivi di finanza pubblica, con conseguente indebolimento dei vincoli di solidarietà e unità della Repubblica.
Viene bocciata l’estensione della legge n. 86 del 2024, e dunque dell’art. 116, terzo comma, Cost. alle regioni a statuto speciale, come la nostra Sicilia, che invece, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statuti speciali. Senza prese in giro per non far perdere la faccia ai vigliacchi che in questi mesi si sono sempre girati dall’altra parte anziché difendere gli interessi della nostra terra.
Insomma, una Caporetto per il governo più antimeridionale di sempre che, alle false promesse, sostituisce violazione di diritti costituzionalmente garantiti e discriminazione territoriale tra regioni e cittadini dello stesso Stato.
Infine, una considerazione personale, se mi è consentita. Fa rabbia sapere che la Corte Costituzionale sia stata chiamata ad esaminare i ricorsi promossi dalle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania. La Sicilia e le altre regioni meridionali, guidate dalla destra meloniana, si sono piegate agli interessi della Lega Nord. Non so se Nello Musumeci, ministro "del nulla" e Renato Schifani presidente della più disgraziata regione italiana (che solo per ciò avrebbe dovuto fare le barricate) provino un po’ di vergogna difronte a quanto accaduto in questi mesi prima di essere messi a nudo. Gli consiglio di guardarsi allo specchio ed interrogarsi se siano stati all’altezza delle aspettative e degli interessi dei siciliani.
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