La Volpe e l’Uva è una delle più celebri favole di Esopo caratterizzata dal gusto infinito di rappresentare la società ateniese e la civiltà greca in senso lato; c’è anche la speranza di Esopo di anticipare il futuro attraverso le contaminazioni culturali delle Civiltà che si troveranno in perfetto sodalizio storico e letterario, linguistico e metaforico, dal punto di vista etico.
La Favola della Volpe e l’Uva, assume nel linguaggio comune le caratteristiche del Proverbio per eccellenza. Agire come la Volpe con l’Uva significa dal punto di vista metaforico, reagire furbescamente ad una sconfitta, sostenendo con presunzione di non avere mai desiderato la vittoria e disprezzando il premio che si è mancato di ottenere. La metafora di questa grande favola educativa spacca la modernità e la ridimensiona nella sua globalità, sottoponendola all’impietosa macchina della verità, dove non c’è spazio per risvolti psicologici o del comportamento, ad eccezione dei risvolti antropologici, scientifici e culturali.
La Volpe affamata vide dei rigogliosi grappoli d’uva che pendevano da una vite, desiderò afferrarli ma non fu all’altezza. Allontanandosi disse fra sé: Sono acerbi. Quei grappoli d’uva non erano acerbi ed erano splendidi grappoli di Lacrime di Madonna.
Nella tradizione orale di tante civiltà, esistono storie e favole simili; un proverbio persiano recita: il gatto che non può raggiungere la carne, dice che la carne emana un cattivo odore. Jean de La Fontaine ripropose in rima la favola esopica, mantenendo lo stesso titolo e specificando l’origine geografica della volpe: secondo La Fontaine la volpe era di Guascogna come il famoso moschettiere del re D’Artagnan. Nel contesto della favola, la Cornacchia che impersona la critica spietata di tutti i tempi, osserva la Volpe mentre saltella per agganciare i grappoli d’uva e modula il suo mitico gracchiare per sfotterla e metterla in cattiva luce.
Mentre trascrivo questa benedetta favola, penso e sbottando in una solenne risata a tutti i social network dove si mistifica la verità e si tende solo ad apparire, nel ruolo delle zucche vuote, su complessi argomenti scientifici, letterari, antropologici e culturali. Concordo con Esopo sulle trappole dell’apparire a tutti i costi, per dire e gridare :Ci sono anch’io! Alla fine del film, in tanti rischieranno di annegare in un mare di vino prelibato.
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