Ci fu il tempo delle mele e nel 2020 ci godiamo il tempo delle chele

Mi auguro di cuore e per omaggio alla vostra memoria, che ricorderete lo stucchevole film del 1980 intitolato “Il tempo delle mele”, un film di straordinario successo di critica e d’incassi nelle sale cinematografiche mondiali.

Questo benedetto film, diretto egregiamente dal grande regista francese Claude Pinoteau, proiettò nel mondo del cinema l’esordio della bellissima Sophie Marceau, all’epoca una ragazzina quattordicenne. Non perderò tempo a raccontarvi la trama del film perché la considero mediocre ed essenziale allo stesso tempo. E’ una storia melo-drammatica di conflitti generazionali, luoghi comuni del nostro piccolo mondo in continua evoluzione culturale ed antropologica. Per la pace dei nostri sensi e della nostra serenità interiore, l’amore sarà e resterà l’unica linea guida che cambierà il destino di questo nostro pianeta sciattone ed egoista, dove l’odio, l’invidia e l’egoismo stanno sempre vigili ed operativi per scatenare campagne di razzismo e distruzioni. Purtroppo dopo il Tempo delle Mele, per diacronia storica, è subentrato il Tempo delle Cattivissime Chele, datato 2020.

La Chela è una forbice, un’appendice a forma di pinza o tenaglia. Quando, spesso e volentieri, divoro i miei amatissimi crostacei, mi diverto sadicamente a frantumare in mille briciole le chele perché odio queste maledette tenaglie che mi ricordano gli usurai, le banche, le governances della politica predatrice, le lobby finanziarie, le borse mondiali e le agenzie di rating. Le Chele mi ricordano un racconto meraviglioso di mio nonno Totò che per intrattenere i miei pomeriggi estivi, mi raccontava sempre la favola delle Chele esordendo: “Nipote mio, oggi ti racconto una favola vera, reale, che più in là ti farò toccare e visitare dal vivo; c’era a Monreale una casetta rossa costellata di fiori e di frutta, dove abitavano tre sorelle, né belle né brutte, ma povere e senza futuro. Queste tre sorelle, durante la cacciata storica dei tedeschi dalla nostra città, s’inventarono il mestiere più vecchio del mondo, ovvero l’amore a pagamento. Gli americani erano soliti frequentare la casetta rossa fruttata delle tre sorelle e le riempivano di dollari, sigarette, scatolette di carne ed ottimo cioccolato. Incuriosito per la storia, mi recai un giorno a fare visita alle tre Grazie Sorelle e m’intrattenni con le pupe per un’ora.

Quando guadagnai l’uscita dalla casetta rossa, mi sentivo frastornato e disorientato. Dopo un bel bagno nel recipiente di casa, mi sedetti a tavola per la cena e continuavo a ripetere ossessivamente “Chele, Chele, Chele”. Tua nonna sbalordita mi chiedeva: Totò, ma che sono queste Chele? Non ho mai dato una risposta alla nonna perché avevo il carbone bagnato, ma a te lo dico con sincerità: Le Chele sono Puttane! Un giorno, nel tempo che verrà, ti mostrerò la via dove si trovava la casetta delle Chele”. Nonno Totò mi portò a vent’anni in via Torres, angolo con via Ritiro, mostrandomi la casa delle Chele.
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