Giovanni Mirto e la mia Beat Generation

"Tu sei come le bollicine del bitter Campari"

Giovanni Mirto fondatore del Bar Mirto sito in Piazza Vittorio Emanuele a Monreale, acquistò in tempi ormai lontani l’ex bar Grana’, dagli ultimi eredi titolari dello storico e mitico bar monrealese, con il mitico cameriere Donzelli.

Giovanni Mirto ex camionista, insieme al fratello Pino e Totò Madonia, acquistarono la proprietà delle nude mura del mitico e storico bar della nostra città. Pino Mirto, grande amico di mio padre, dopo anni di gestione con il fratello Giovanni ed il cugino Totò Madonia, vinse un concorso presso l’ospedale Aiuto Materno e lasciò la gestione e la quota di proprietà vendendola al fratello Giovanni. Alla fine del film, Giovanni rimase da solo nella qualità di proprietario e gestore del bar, coadiuvato dai figli Ezio e Jo e dalla moglie. Dopo questa dovuta premessa, adesso comincia la favola.

Sono stato sempre un cliente affezionato e fedele del Bar Mirto, anche se sinceramente non ho mai discriminato il Bar del Sole di Ignazio Giaccone, lo Sport bar dei fratelli Renda, il bar Rizzo sul corso Pietro Novelli ed il bar di Piero Villanti in via Venero. Con Giovanni Mirto ho intrecciato un rapporto particolare. Giovanni fin dai miei tenerissimi 20 anni, mi ha sempre chiamato “Salvino, Ragazzo Beat”. Evidentemente lo zio Giovanni non si riferiva al mio essere stato protagonista fin dal 1968 della Beat Generation. D’altronde che cacchio ne sapeva Giovanni Mirto della Beat Generation? Giovanni mi chiamava Beat per la mia passione sfrenata verso il bitter Campari, per il mio essere ribelle, creativo e tanto discolo; abbiamo parlato a lungo intorno all’argomento e lo zio Giovanni mi rispondeva sempre: “Professore, tu rassomigli alle bollicine del bitter Campari, ma non sei Coca Cola. Sei un misto tra champagne, prosecco italiano e tanta voglia di cambiare la nostra città. Organizza e promuovi la musica e la cultura, porta a Monreale migliaia di palermitani e siciliani”.

Giovanni Mirto è stato un gestore e grande imprenditore di una creatura commerciale da vero primato economico monrealese. Giovanni ha saputo dotare il suo prestigioso bar, di un laboratorio di grande profilo e nel settore dolciario e nella ristorazione quotidiana legata alla friggitoria, la pasta e tante specialità. Nel comparto dolci, è stato il primo monrealese ad esportarli in Umbria ed altre regioni italiane. Giovanni ha sempre amato la campagna ed il chilometro zero. Ha sempre coltivato il suo orto, zeppo di frutta di stagione ed agrumi. Che dire! Posso perdonare la sua assoluta disinformazione sulla Beat Generation, ma è una questione di lana caprina. Vuoi, per caso, che mi metto a postare il senso di ribellione, di assoluta anarchia ed utopia dei giovani del 68?’ Demordo a denti stretti volentieri dall’autocelebrazione foriera del nulla e del caos, compromessi politici che avrebbero fatto seguito nella nostra Repubblica Italiana, alla povera nostra buonafede ed onestà intellettuale in merito, a partire dal maledetto compromesso storico tra Berlinguer e Moro.
Lo zio Giovanni non ha mai masticato la gomma del masticare politica. Voleva fare l’imprenditore a 360 gradi e si è speso anima e corpo da mattina a sera per sfondare commercialmente ed avere una location superlativa in piazza Vittorio Emanuele a Monreale. Certamente il suo profilo spirituale e commerciale, non è un profilo innocente esente da critiche. In sintesi, come tutti i commercianti ed esercenti del pianeta terra, lo zio Giovanni, dopo Totò Matranga “Un Americano a Monreale” ha rappresentato la terza via del “Business alla Grande”.Se dovessi seriamente ed onestamente categorizzarlo scientificamente, scriverei “Zio Giovanni Mirto, la Tigre della Malesia”. Lo zio Giovanni è stato sempre un pignolo nei conti e nel pagamento contanti, presso il suo bar. Non ha mai fatto sconti a nessuno! Mi ricordo che in occasione del mio concerto consacrato solennemente al mio Pino Daniele, quando 50.000 siciliani invasero Monreale e superlativamente svuotarono frigoriferi e tutte le scorte di tutti gli esercizi commerciali monrealesi, all’indomani del concerto, lo zio Giovanni austero e spietato mi disse “Devi pagarmi due bottiglie di champagne che ti ho recapitato sul palco del Concerto di Pino Daniele”.

Pagai incazzatissimo il mio conto e guardando severamente negli occhi lo zio Giovanni, esclamai: “Finalmente potrai trovare pace tra le tue mura domestiche e dormire in santa pace con la tua contabilità”. Purtroppo il business non ammette rapporti di mutuo soccorso e solidarietà tra la gente ed i benefattori degli stessi commercianti. Non condividerò mai questa cultura dei commercianti. In questo momento storico, legato al 2018, i commercianti e tutti gli esercenti monrealesi si augurano che possa ritornare a Monreale, la grande stagione del tempo che fu. E’ solo un’utopia, il vagheggiare il nulla. In primis, mi sono fratturato le costole e le parti intime a parlare di futuro a Monreale e tanto meno ad una seria evergreen di iniziative irripetibili e fuori dal contesto economico di una Sicilia allo sbando. Auguro di cuore allo zio Giovanni di godersi la vecchiaia, figli e nipoti, moglie e parenti nel suo orto a chilometro zero. Se per caso, caro zio Giovanni, ti sarai intenerito per il mio articolo, inviami un chilo di limoni tramite tuo figlio Ezio, che adoro e stimo. In ogni caso, c’è un altro ricordo che vorrei sottoporre alla memoria di zio Giovanni e dei figli. Nel 1987 amavo far ristorare il mio infinito maestro Leonardo Sciascia con una granita superlativa presso il Bar Mirto. Ogni venerdì del mese, nel pomeriggio soleggiato ed estivo, il mio maestro amava venire a Monreale per consumare la celebre granita siciliana del Bar Mirto, sdraiati in comodissime sedie di legno a 10 metri dalla celebre Fontana del Tritone di Rutelli. Evidentemente si creava un capannello numeroso di fans di Sciascia per il solito autografo. Ricordo che zio Giovanni s’incazzava solennemente ed urlava: “Aria, Aria, Circoliamo!”. Leonardo sorrideva innocentemente meravigliato e replicava: “La gente che mi riconosce o mi legge, ha il sacrosanto diritto di essere ricambiata, anche con un piccolo autografo”. Dopo avere consumato la granita, accompagnavo Sciascia in via Odigitria per il pane caldo, la sua grande passione.