MONREALE, 1 maggio – Forse sarà perché questi giorni di quarantena ci rendono malinconici. O perché il non poter vedere per le strade il nostro "Patruzzu Amurusu" mette a tutti noi un grande magone. Più probabilmente, però, perché abbiamo a cuore la nostra cultura e la nostra storia.
Lo avevamo proposto timidamente due anni fa, lo rifacciamo oggi, senza paura di diventare monotoni: saremmo davvero lieti se il “Corri o Figlio”, l’inno del nostro amato SS. Crocifisso, diventasse a pieno titolo l’inno della città di Monreale. Commistione? Riteniamo di no. Solo il desiderio di dare un senso alle cose e di fare andare la storia come è giusto che vada.
Che questa storia, parliamo di quella di Monreale, cammini di pari passo con quella del suo splendido duomo lo sanno pure le pietre. Ma le pietre sanno pure come sia inscindibile, come sia ferreo e come sia inossidabile il legame tra la nostra città e quel Cristo ligneo, molto di più di un semplice simulacro. Una presenza incombente, ma mai invadente quella del Patruzzu Amurusu su Monreale e sulla sua vita quotidiana. Un cammino parallelo che va avanti dal lontano 1626 e che, anche e soprattutto in questi giorni di pandemia, assume un significato particolare.
Solo chi è monrealese può capire cosa significhi dover rinunciare a festeggiarlo, a causa del virus. Solo chi aspetta il 3 maggio come un evento, anzi come “l’evento”, può dare una risposta che altri non troverebbero.
Vabbè, dirà qualcuno legittimamente: i problemi della nostra città sono ben altri… D’accordo, d’accordissimo. Su questo siamo tutti dalla stessa parte. Ma sarebbe un errore grosso, madornale, mettere da parte le esigenze dello spirito. Ivi compresa quella di manifestare nella maniera più consueta la devozione al nostro Crocifisso. Una devozione della quale “Corri o Figlio” è il simbolo storico.
In questi giorni lo abbiamo ascoltato attraverso nostri Pc o i nostri smartphone ed, anche se non con lo stesso trasporto di quando lo si ascolta e lo si intona in presenza davanti ad una Collegiata gremita fino all’inverosimile, il brivido lungo la schiena lo abbiamo avvertito. Non solo. Ma siamo disposti anche a fare una scommessa: il brivido sarà uguale, anche fra dieci anni, anche fra cento. La palla, quest’oggi, con questo nuovo appello, la rimandiamo ancora nella metà campo dell’amministrazione comunale, sperando che ne faccia buon uso.
Se questo brivido, grande e profondo, fosse il brivido ufficiale della città di Monreale, siamo convinti, sarebbe la vittoria di tutti.