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Corri o Figlio sia l’inno di Monreale

| Enzo Ganci | Editoriali

MONREALE, 17 aprile - Non ce ne voglia nessuno: lo diciamo senza alcuna polemica, forti soltanto dell’attaccamento alla storia della nostra città e - ci sia consentito - della devozione verso il Santissimo Crocifisso, in onore del quale tornano a fervere in questi giorni i preparativi dei festeggiamenti. “Corri o Figlio”, inno del Crocifisso, diventi ufficialmente anche l’inno di Monreale.

Non occorre essere scienziati, sociologi o storici per comprendere quanto la storia di Monreale sia legata a doppio filo, se non a triplo, a quella del duomo, così come a quella del SS.Crocifisso. Un legame che investe tutti, anche chi assume posizioni lontane dalla fede ed al quale è difficile sfuggire, a meno di avere un bidone della spazzatura al posto del cuore, giusto per usare simpaticamente una frase molto in voga in questi giorni, che ha fatto il giro dei social alla velocità della luce.

“Corri o Figlio”, sulle cui note, si celebra da decenni, per non dire di più, la novena dedicata al SS.Crocifisso, è il brano che, per antonomasia, rappresenta Monreale, le sue tradizioni, la sua cultura, la sua storia. Così come un brano musicale di successo, è conosciuto tanto dalle nuove generazioni, grazie al prezioso lavoro degli attivisti della Confraternita che lo insegnano ai più piccoli, che dalle vecchiette, che appartengono ad un’epoca precedente, che ne conoscono a memoria le quattro strofe e che si emozionano ogni volta che viene intonato in Collegiata.
Ecco perché ne rilanciamo con forza la nomina. Né, crediamo, pur con il massimo, doveroso ed irrinunciabile rispetto che si deve a chi è distante da una cultura religiosa, possa reggere il pur valido concetto di laicità. Un concetto, peraltro, che tutte le amministrazioni di questo comune hanno sempre storicamente bypassato e che in questo caso appare poco importante.
Oggi, stando a ciò che dicono gli atti, l’inno della cittadina normanna è un altro. Si intitola: “La mia città: Monreale”. Un brano musicato da Teresa Nicoletti con il testo del professore Salvatore Autovino, che l’amministrazione attuale, con una decisione che, seppur legittima, non ci sentiamo di condividere, ha presentato in pompa magna il 2 maggio del 2016 in piazza Guglielmo.

Lo ribadiamo: non ce l’abbiamo con nessuno, né ci permettiamo di esprimere giudizi, meno che mai di denigrare il faticoso lavoro altrui. La storia di Monreale, però, dice altro. Dice, a parer nostro, ciò che, sinteticamente, abbiamo appena espresso. E cioè che la storia deve restare al suo posto. Andare in senso contrario non la reputiamo cosa proficua. È come se l’inno di Francia non fosse la Marsigliese, ma una canzone di Aznavour, come se al posto di Fratelli d’Italia ci fosse “Questo piccolo grande amore”. Claudio Baglioni andrà benissimo a Sanremo o in un concerto allo stadio, ma quando si issa la bandiera sul pennone più alto nessuno ci tolga Mameli.

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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