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L'arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi

Il Vangelo e la mafia, due messaggi incompatibili

| Monsignor Michele Pennisi * | Curia

"Questa ulteriore denuncia della mafia come peccato è finalizzata ad un invito sereno e serio ad una conversione sincera"

MONREALE, 23 maggio - Il 9 maggio scorso noi vescovi delle Chiese di Sicilia abbiamo pubblicato una lettera dal titolo “Convertitevi” per prolungare l’eco dell’appello alla conversione rivolto da san Giovanni Paolo II nella Valle dei Templi, venticinque anni fa, alle persone che sono coinvolte nelle trame mortali e peccaminose dell’organizzazione mafiosa.

Nel documento è contenuto il ricordo delle vittime della mafia, definite ad Agrigento da papa Wojtyla «martiri della giustizia e indirettamente della fede». Ai familiari di questi «eroi della legalità», che hanno offerto un prezioso contributo per il bene comune e un futuro migliore della nostra società, abbiamo espresso profonda condivisione per il loro dolore e un sincero sentimento di gratitudine per il loro amore verso la Sicilia e per le fiducia che essi hanno riposto nella «vera giustizia». Abbiamo ribadito l’incompatibilità il Vangelo e la mafia e riaffermato che i mafiosi sono pubblici peccatori, giacché oppongono un «rifiuto gravemente reiterato nei confronti di Dio e degli esseri umani, che sono a sua immagine e somiglianza».
A questo peccato si rendono solidali anche i fiancheggiatori dell’organizzazione mafiosa e coloro che ne coprono i misfatti con la connivenza e con il silenzio omertoso. Questa ulteriore denuncia della mafia come peccato è finalizzata ad un invito sereno e serio ad una conversione sincera. Di un interessante tentativo di dialogare con i mafiosi, si è resa protagonista Fiammetta Borsellino, come riportato in una lettera pubblicata sabato 19 maggio su «la Repubblica». Incontrando i fratelli Graviano ha manifestato loro «l’idea che può vivere e morire con dignità[…]anche chi pur avendo fatto del male è capace di riconoscere il grave male che ha inflitto alle famiglie e alla società, di chiedere perdono e di riparare il danno», dando un contributo concreto ed onesto per la ricerca della verità. A distanza di ventisei anni dalle stragi di Capaci e di Via D’Amelio, nelle quali morirono Giovanni Falcone, Francesca Morvillo,Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Paolo Borsellino, Antonio Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Caludio Traina, mentre l’opinione pubblica si attende che la magistratura faccia finalmente luce sui depistaggi e sulle complicità, noi vescovi continuiamo ad invitare i responsabili a qualunque livello dei delitti di mafia ad avere il coraggio di dire la verità e di accogliere l’invito ad una conversione effettiva vissuta secondo le regole penitenziali della Chiesa.

* Arcivescovo di Monreale

· Enzo Ganci · Editoriali

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