La voce nascosta dei luoghi

(foto Eliana Pensato)

Il quartiere Ciambra come nessuno l’ha mai raccontato

MONREALE, 20 settembre – Ci sono luoghi intrisi di storia, colmi di memoria e di fascino, luoghi che raccontano di uomini, di un popolo, delle loro tracce e del loro passaggio.

Luoghi dell’infinito, che il tempo non ha trasformato, non ha scalfito e che conservano intatta tutta la suggestione del passato; luoghi vissuti tra vicoli vocianti e il silenzio delle proprie dimore.
Pietre che emettono “voci nascoste”, e mai dimenticate, che nessuno potrà cancellare, pietre su pietre, testimonianza della presenza di un popolo, di un sovrano, il cui sogno vive ancora nel labirinto degli avvenimenti, negli stretti vicoli arcati e nelle mura delle absidi del maestoso duomo.
Un sogno eterno e presente, al tempo stesso, consegnatoci dalla storia e che attende di essere ammirato.
All’ombra del magnifico Tempio d’oro, che lo sovrasta, il quartiere Ciambra è un’eccellenza di stradine d’impianto medievale, di luoghi della memoria passata e presente, un diadema incastonato in un promontorio roccioso, che domina la “Conca d’Oro”, o almeno di quel poco, che è sopravvissuto allo scempio e alla speculazione edilizia.


Le origini di questo “gioiello” sono avvolte nelle pagine della storia, che vuole indicarlo come la dimora delle maestranze impegnate nella costruzione della chiesa e coevo ad essa. Ipotesi questa, non del tutto dimostrabile, quindi, già in parte esistente rispetto al costruendo monumento. Riteniamo invero, che attorno ad esso si siano formate le prime abitazioni e i primi insediamenti sociali.
Nell’uno o nell’altro caso, ciò che conta è la bellezza dei suoi luoghi, delle stradine lastricate, dei suoi vicoli, che ne fanno un luogo di straordinario incanto.
Ho un ricordo nitido che mi lega alla Ciambra e alle absidi normanne: mi trovavo in giro per Monreale con una scolaresca, per visitare i monumenti della nostra Monreale, com’era consuetudine fare insieme ad alcune insegnanti convinte sostenitrici dell’importanza della conoscenza tra i più giovani del nostro patrimonio monumentale.
Mentre spiegavo le absidi del duomo - nell’intento non facile di trasmettere ai piccoli ascoltatori, la grandiosità di questo intreccio di archi, delle geometriche tarsie di calcare bruno e pietra lavica eseguite da valenti maestri - mi si avvicina una giovane e bella guida turistica, che accompagnava un gruppo di anziani turisti tedeschi, indicandomi il medaglione posto al centro dell’abside maggiore. Mi suggerisce di accennare all’aquila reale rappresentata nel tondo, simbolo degli Hohenstaufen.
L’utile suggerimento si spiega, poiché la guida di probabile nazionalità tedesca era visibilmente orgogliosa di appartenere geograficamente all’illustre Federico II, discendente e di stirpe germanica.
Ricambiai l’invito, suggerendo la visita del vicino quartiere Ciambra, che cadde nel vuoto per mancanza di tempo e per l’imminente visita al Chiostro benedettino.


Ci salutammo in maniera cordiale, come si conviene, mentre ritornavo in sede, continuavo a pensare a lei.
Cosa avrebbe visto, e cosa si erano lasciati sfuggire di Monreale?
Avrei voluto vedere i loro sguardi, mentre percorrendo gli stretti vicoli, i suggestivi archi, le edicole votive e tutte le piante, i rampicanti curati con amore dagli abitanti, si imbattevano a sorpresa davanti allo scenografico Palazzo Cutò, con il suo portale tardo barocco e le merlature di antica magia costruttiva.
Avrei voluto raccontare delle botteghe artigiane, un tempo numerose, dei fratelli Pietro e Francesco La Bruna, maestri ebanisti, dei loro arredi in stile liberty e dei manufatti, di cui si conservano i disegni, commissionate dalle chiese locali.

Di Lillo Gambino, eccelso ceramista e dei suoi piatti di ceramica, frutto di ricerca e sperimentazione, di mio padre, artigiano costruttore dei famosi pupi siciliani; del nuovo corso, delle nuove generazioni di artisti di Ciambr’Art, che guardano al luogo con rispetto e innovazione. Della famiglia La Bruna, che ancora oggi custodisce, con amore, la storia di questi luoghi.
Delle maestose absidi, che ci vogliono ai loro piedi, per poi accoglierci in un abbraccio benevolo, inebriando lo spirito e lo sguardo, di luce e bellezza.

Parafrasando le parole di Leon Battista Alberti, sulla cupola di Brunelleschi, a seicento anni dall’approvazione del suo progetto, così scriveva: “la struttura è sì grande, che si erge sopra i cieli, ampia da coprire con la sua ombra tutti popoli toscani” affermiamo che il Duomo di Monreale, con i suoi mosaici e la sua luce irradia di bellezza, tutti i popoli cristiani.

Li avrei invitati ad un meditato silenzio, così da ascoltare il ritmo cadenzato del martello sull’alpacca, il lento fluttuare degli scarti legnosi delle sgorbie, l’odore del legno, dell’argilla, dei colori, dei metalli, voci nascoste dei luoghi, ma la giovane guida è ormai lontana.