Ci amiamo troppo e non c’è più umiltà

Nel 1968 chiesi al maestro Franco Nocera di dipingere diabolicamente l’amor proprio cieco

Sono trascorsi 51 anni dal mitico 1968, quando il movimento studentesco italiano ribaltò i rapporti tra docenti universitari e studenti. Lottavamo per il diritto allo studio e l’abolizione dei privilegi dei baroni universitari e anche a piccole dosi ottenemmo risultati brillanti, non solo presso le università italiane ma nella società civile e nella politica.

Contestavamo le signore borghesi che si recavano in pelliccia nei teatri italiani e lanciavamo uova verso la borghesia decadente che ignorava il dramma dei lavoratori italiani e delle famiglie. Volevamo cambiare il mondo sui grandi temi della giustizia, della solidarietà e dell’etica al servizio del bene comune, lottavamo per il buon governo delle città colorati di azzurro contro l’inquinamento del pianeta, contro la mafia ed il malaffare, contro tutti i privilegi di una classe politica sorda alla nostra rivoluzione. Ci ritrovammo al nostro fianco i grandi scrittori italiani: Sciascia al primo posto assoluto e la vecchia sinistra ideologizzata e sensibile.

Oggi 30 ottobre 2019 resta solo l’ombra chiaroscurale del 68! Per restare in sintonia con il titolo del mio articolo odierno, debbo rituffarmi nei miei mitici e ruggenti 18 anni e ricordare con affetto un mio caro amico, ancora in ottima salute, il “Maestro Franco Nocera” un genio multiforme dell’arte a 360 gradi; la mia Monreale in quel periodo vantava grandi pittori, scultori, mosaicisti, filosofi, ceramisti, musicisti, docenti della funzione pubblica e grandi artigiani, commercianti ed esercenti. Pregai il Prof. Franco Nocera, allora ventenne, di realizzare un acquarello a tinte fortissime sul diabolico e cieco amor proprio della società italiana del 68. Dopo una settimana Franco Nocera mi recapitò il suo meraviglioso acquarello e 7 bozzetti grafici che custodisco gelosamente nel salone di casa. Come Picasso, i nostri artisti hanno attraversato tanti periodi stridenti per la loro complessità ma evolutivi nella palingenesi dei colori e nelle codifiche del messaggio d’autore. Non ho mai condiviso il nero nei periodi artistici della produzione infinita di Franco Nocera, ma adesso l’ho ritrovato nel periodo rosa affettivo e mi congratulo. Franco è diventato nonno di un bambino tosto e bello, figlio dell’avvocato Nicola Nocera. Nell’acquarello di Franco c’è il trionfo del diavolo che inocula nell’amplesso con la donna, il seme del cieco amor proprio, dell’egoismo, del diabolico egocentrismo, dell’apparire a tutti i costi, del materialismo più bieco e sciatto.
Copyright © By Salvino Caputo