Frittura di paranza

"U' pisci ru mari è destinatu a ccu si l'avi a manciari!"

La cuoca è in cucina, la spesa è fatta, il pane è sfornato, il vino è al fresco... E allora andiamo a mettere le gambe sotto il tavolo per affrontare con il sorriso sulle labbra questo piatto che rivela essenzialmente il sapore materico iodato, unito alle nostre popolari tradizioni culinarie.

Pochi condizionamenti derivanti dalle mode, quanto appaganti e rassicuranti accostamenti che si rivelano ovviamente graditi quando è la materia a parlare, ancor prima della sua manipolazione!

Lo Tsunami è in arrivo, ma non è pericoloso, arriva gentilmente e ci sopraffà con grazia e discrezione. La sequenza è altrettanto classica quanto prevedibile, ma anche se privo di sussulti, il percorso prevede piccole sorprese, non tanto sul lato dell'ardire o nel provocare con inusuali abbinamenti, quanto sull'uso di prodotti che recentemente sembra siano scomparsi dalle tavole quotidiane.

Ed a proposito di cose belle, buone e, soprattutto, di felice estrapolazione popolare: oggi, frittura di paranza. Ovvero, frittura di quel che è, bene o male, il pescato del giorno, fatto esclusivamente di pesci di piccola taglia, in quantità e tipologia variabile e quasi quasi, rinviene in me il desiderio di sciorinarvi il personale amarcord legato a quando piccolina con il nonno, mi trovavo a far tappa al molo dell’acquasanta o di mondello, puntuali per l'arrivo del peschereccio (la paranza, appunto) per vedere di accaparrarsi velocemente i pezzi migliori. Io, all'epoca, ero ovviamente molto disinteressata all'aspetto quali-pesci-pigliare . La mia attenzione era totalmente attirata, invece,dal quel generale e folcloristico lavorio di voci, odori, gesti... scene che sono rimaste impresse dentro, come se tutto fosse accaduto ieri!

Il resto era semplicissimo: dopo che il nonno era riuscito ad accaparrarsi i pezzi migliori, un giro veloce nella farina, scrollatina per eliminarne l'eccesso, un tuffo nell'olio d'oliva caldo (e profondo), pochi minuti di sfrigolatura, giusto il tempo di dorare la farina in superficie... e tutti a tavola.

Niente coltello e forchetta: solo le mani! Ed a proposito di mani, le alzi pure, e credo saranno davvero in pochi, chi non ama il pesce fritto. Calamari e calamaricchi,, purpiceddi e sicciteddi, cicirieddu e maccarruneddu. Ma se parliamo di tipicità, la frittura di pesce che meglio ci identifica è proprio la “paranza”, identificata anche come “minuzzagghia ri pisci”.

Il termine paranza deriva dalla voce meridionale paro, paio, e sta ad indicare due barche che procedono in coppia per pescare a strascico, anche se recentemente si tende ormai ad identificare con tale termine un unico e determinato esemplare d’imbarcazione, purchè pratichi quel tipo di pesca.

Daniele Silvestri è sempre stato un cantautore attento ai problemi sociali, eppure, lo ricorderete in molti, al Festival di Sanremo 2007, classificandosi al 4º posto, venne fuori con una sorta di filastrocca: “La Paranza”. In realtà, quel testo è seminato di preziosi indizi che riconducono il termine paranza anche ad altri significati, decisamente non culinari.

Ad esempio: “Uomini uomini c’è ancora una speranza prima che un gesto vi rovini l’esistenza, prima che un giudice vi chiami per l’udienza, vi suggerisco un cambio di residenza… Ci sono regole precise in latitanza e per resistere c’è la paranza”.

Alcuni riferimenti riportati nel brano musicale sono molto chiari, ma per il resto? Basta stabilire cosa sia la paranza.

L’enciclopedia italiana Treccani oltre ai significati attinenti al tipo di pesca ed al piatto di frittura in questione, contempla due riferimenti figurati del termine: “Nel gergo della camorra napoletana, gruppo o sezione di camorristi”, “Nel gergo della malavita, gruppetto di truffatori o di ladri che operano insieme”.

“La paranza è una danza che si balla nella latitanza, con prudenza, eleganza e con un lento movimento de panza”… Ad indicarci, probabilmente, che come sempre la profondità si nasconde in superficie!

Torniamo in cucina ed al riferimento più godereccio del termine: i freschissimi pesciolini di piccole dimensioni che, mischiati, danno vita a una frittura particolarmente gustosa e dai differenti sapori. Poiché la tecnica della pesca a strascico porta alla pesca di pesci di piccola taglia, questi, oltre che “minuzzagghia” vengono volgarmente detti “pisceteddi di cannuzza”. Tale espressione oltre ad identificare le ridotte dimensioni del pesce, viene usata anche per descrivere una persona di poco conto, di scarsissima importanza.

Il tipico piatto di Paranza o fritto di paranza solitamente è ricco di merluzzetti, triglie, sogliolette, alici, vope, saraghetti, minule, ammaru, vuggiuna e aluzzi. La frittura di mare è un piatto goloso preparato con ingredienti freschissimi che esaltano la bontà di questa ricetta. Non esistono degli ingredienti fissi e il piatto varia a seconda di ciò che “regala” il mare. E’ comunque un piatto che non scontenta mai e nonostante sia fritto, compare sulle tavole di tutte le città bagnate dal mare.

Questa particolare varietà di pesce, quasi tutti della stessa dimensione, si trova riposta in cassettine di legno, appositamente dedicate ed è impossibile riservare all’acquirente una specifica scelta. Il pescivendolo, infatti, si regola esclusivamente tenendo conto del peso desiderato dal cliente: la varietà è casuale ( muzziatta).

La frittura di paranza ha bisogno di due ingredienti fondamentali: il pesce fresco e l'olio giusto alla temperatura giusta. Sembra facile ma se non si conoscono un paio di semplici accortezze, si rischia di sprecare tutto. La prima cosa importante è la qualità del pesce: i pesciolini, nella maggior parte dei casi, sono pesce azzurro: nutriente ma delicato, che si deteriora velocemente. Quindi pescivendolo di fiducia e una bella annusata prima dell'acquisto.

L'olio, che deve essere categoricamente extra vergine d’oliva, prima di accogliere i pesciolini deve raggiungere la temperatura ideale, per intenderci: non deve mai fumare, perché altrimenti la frittura sarà dannosa alla salute ed il gusto compromesso. Un buon metodo di verifica è intingere nell’olio messo a scaldare la punta di uno stuzzicadenti. Se l'olio reagirà con piccole bollicine intorno alla punta allora quella sarà la temperatura ideale.

Non friggete troppo a lungo, un minuto dovrebbe essere già sufficiente, dopo due la frittura è croccante e dorata, aspettare oltre non fa che peggiorare il gusto e la qualità del fritto.

Infine, per concludere: il vino. Come menzionato da MonrealeNews in suo articolo, dando seguito ai successi conseguiti dalla casa vinicola monrealese "Principe di Corleone" di contrada Malvello, per il piatto del giorno consigliamo il Sophia Catarratto, un vino pregiato al quale la Guida "I vini d'Italia 2014" del Gambero Rosso, ha conferito ben 2 bicchieri. Un bianco che accompagna in modo sublime ogni tipo di pietanza a base di pesce

 

Ingredienti:1 kg. di piccoli pesci di paranza, 200 g. di farina di rimacino, un limone, sale fino q.b., Olio q.b.

 

Preparazione

Pulire, lavare ed asciugare i pesciolini.
Passarli nella farina scrollandone quella in eccesso e friggerli in una padella antiaderente con abbondante olio caldo per 2-3 minuti (a seconda della grandezza) voltandoli delicatamente a meta' cottura: la farina deve prendere un bel colore dorato e diventare croccante; raccoglierli con un mestolo forato e adagiarli su carta da cucina assorbente.
Servire in tavola molto caldo, guarnendo ogni piatto con un limone tagliato a spicchi.