Biancomangiare

 

Megghiu picca gòdiri, c'assai trivulàri!

In principio era una crema gelatinosa a base di pollo, latte, mandorle, riso, zucchero, lardo e zenzero, guarnita con mandorle e cannella.

Il biancomangiare, pietanza di antica origine arabo-francese preparata già in epoca medioevale, si diffuse in Italia verso il XII secolo e fu presente in molti ricettari dell'epoca. Venne nominato per la prima volta tra i piatti del celebre banchetto organizzato da Matilde di Canossa per la riappacificazione fra il Papa e l'Imperatore.

Nel medievale Liber de coquina (XIV secolo) viene proposta una variante in cui le mandorle assurgono al ruolo di protagoniste per via del loro latte, mentre la carne è sostituita da polpa bianca di pesce alla quale vengono aggiunti porri lessati in acqua. In quel periodo la mandorla divenne uno degli ingredienti più usati nella cucina di corte e nella tradizione araba le mandorle venivano apprezzate per i poteri afrodisiaci che si riteneva avessero.

Un secolo dopo, Mastro Martino suggerisce una confezione più elaborata, ma delicata, eliminando il lardo e introducendo brodo di cappone, mollica di pane bianco, acqua rosata (acqua di rose), agresto (conserva liquida densa a base di mosto d'uva) e zenzero.

Altre varianti si trovano nei ricettari di Bartolomeo Scappi, fino ai trattati seicenteschi, in particolare dello Stefani, dai quali si deduce che il biancomangiare era concepito come minestra, secondo piatto o salsa da versare su carni lesse. La ricetta più nota di epoca contemporanea venne proposta dal famoso chef parigino Marie Antoine Careme, che elaborò sostanzialmente una gelatina fatta con latte di mandorle dolcificato.

Ne "La vita in Palermo cento e più anni fa", Giuseppe Pitrè ci racconta che il biancomangiare era uno di quei dolci a base di mandorle che nella Palermo del '700 venivano preparati dalle mani delle monache di clausura del Monastero di Santa Caterina: "...Tutti preparavano conserva di scursunera (scorzanera) ma nessuno attingeva alla perfezione di Montevergine, come nessuno a quella della cucuzzata (zucca condita) e del bianco mangiare (specie di gelatina di crema di pollo) di S. Caterina...."

È altresì citato da Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo, quando Don Fabrizio, al ballo, si siede al tavolo per dialogare e contemporaneamente gustare un dolce davvero elegante: "...Mentre degustava la raffinata mescolanza di bianco mangiare, pistacchio e cannella racchiusa nei dolci che aveva scelti, don Fabrizio conversava con Pallavicino e si accorgeva che questi, al di là delle frasi zuccherose riservate forse alle signore, era tutt'altro che imbecille..."

Il biancomangiare,prima dell'avvento della pasticceria "moderna", per certi versi più complessa ed a volte "barocca", è stato uno dei dolci più diffusi nelle case dei siciliani. Il biancomangiare è spesso definito come un dolce "povero", per la semplicità dei suoi ingredienti. Facilissimo da preparare, è in realtà molto gustoso e si presta molto bene a diventare un ottimo dessert o una merenda.

Deve il suo nome al fatto che nella composizione prevalgono ingredienti di colore bianco, come il latte o la polvere di mandorle. Certo, ha subito diverse evoluzioni, partendo dal grasso del pollo che serviva a gelificare, si è via via trasformato: c'è chi usa come base il latte vaccino, chi il latte di mandorle (come il tipico Bianco mangiare modicano), chi il brodo, ma il denominatore comune è il colore assolutamente bianco...ed anche la cremosità.

Il biancomangiare in Sicilia, è anche usato come ripieno per dolci, come crema per una sorta di tiramisù con savoiardi, ed è anche la base per il dolce tipico di Castelbuono chiamato la Testa di Turco (una specie di lasagna dove le sfoglie di pasta fritta si alternano con crema di biancomangiare e cannella).

Per molti di noi, ritengo che il biancomangiare sia stata una delle prelibatezze legate all'infanzia, all'interno delle mura domestiche. Per quel che mi riguarda, infatti, la merenda pomeridiana tipica della "pausa studio", era proprio una bella porzione di biancomangiare accompagnata da friabili savoiardi. Adoravo il profumo che si diffondeva in cucina durante la preparazione: un profumo dolce e caramelloso che sapeva di affetto.

Il dolce, infondo, è il primo gusto che l'essere umano percepisce. Tutti coloro che hanno svezzato un bambino sanno quanto sia difficile all'inizio fargli accettare il gusto salato. E' l'imprinting che porterà per tutta la vita con alti e bassi: cosa ruci, honey, sweetheart, mon petit choux, rucizza, sono tutti appellativi per la persona amata. E se nell'immaginario il dolce è sempre edule, si dice dolce come il miele e amaro come il veleno... il Creatore, nella sua perfezione, ha reso amaro tutto ciò che è tossico o velenoso per scoraggiarne l'uso.

Storia e tradizioni a parte, questo dolce, per taluni familiarmente definito "budino al latte" è consolatorio, favorisce la produzione di endorfine, facilmente digeribile e dall'immediato potere energetico ma soprattutto può rappresentare una pausa di ritorno alle origini... una piacevola rimpatriata in sé ...

Ed a tal proposito, infine, non abbiate fretta nel lavar le stoviglie usate per la preparazione. Concedete(vi) il permesso di "leccare" i residui rimasti nella pentola, rigustandone la gioia.

Sarà una questione di DNA, sarà una questione di bagaglio culturale (inconsapevole), sarà soltanto una casualità, ma il biancomangiare, così come tutte le ricette della tradizione siciliana, riportano richiami d'infanzia e spaccati della storia familiare di ciascuno di noi...Piccoli aneddoti adatti ai bambini, ma anche a quegli adulti che come me non smettono mai di ricordare e di sognare.

 

  

Ingredienti:1 litro di latte, 250 grammi di zucchero semolato,100 grammi di amido per dolci, cannella in polvere (o in stecca come nel mio caso), scorza di limone grattugiata.

 

PREPARAZIONE

In un pentolino mettere il latte freddo,aggiungere lo zucchero, un pezzettino di cannella, l'amido e la scorza del limone grattugiata. Mescolare bene con una frusta in modo che non si formino grumi. A questo punto mettere su fuoco basso e mescolare continuamente con un cucchiaio di legno fino a quando il liquido comincia ad addensare. Versare il composto in alcuni stampini, bicchieri o ciotole inumidite e far raffreddare (in frigo), Quando è freddo, sformare e guarnire a piacimento (con mandorle, pistacchi, scaglie di cioccolato, cannella, o con pinoli, cannella frutta secca tritata, o semplicemente un filo caramello.

 

PREPARAZIONE CARAMELLO 

 

 In un tegame abbastanza ampio e dal fondo spesso, mettete a scaldare a fuoco basso 400 gr di zucchero semolato: il fondo spesso è utile per consentire di diffondere uniformemente il calore evitando di bruciare lo zucchero ancora prima che si caramelli.  In un altro pentolino, mettete a bollire 200 ml di acqua aggiungendo la bustina di vanillina (che potrà essere sostituita, all’occorrenza, con qualsiasi altro aroma, secondo i vostri gusti).

E’ importante fare bollire l’acqua, poiché se la uniste fredda al caramello, quest’ultimo, invece di miscelarsi con essa, si solidificherebbe.  Quando lo zucchero si sarà caramellato raggiungendo la tipica colorazione marroncina, unite direttamente nella pentola l’acqua in ebollizione e mescolate velocemente.

Togliete dal fuoco la salsa di caramello, mescolate brevemente e lasciate intiepidire