"l'ovu, chiossai coci cchiù duru addiventa"
Il grano seminato in piccoli contenitori pieni di terreno, portato in chiesa nei giorni precedenti alla Pasqua sta ormai per germogliare e da più giorni si ha un gran da fare per l'allestimento del Santo Sepolcro.
Un vaso o meglio ancora un grosso piatto di portata (vacile), usato per le conserve, contenente semi di grano o legumi (lenticchie, ceci), germogliati e fioriti con la particolare coltura "a buio". Detti semi, nei loro contenitori, ricevevano l'umidità dentro la stoppa di ginestra, oggi sostituita dal cotone e rinchiusi al buio, dentro cassapanche (casciuni)
Il "grano del Sepolcro" è quello che presso le città magno-greche veniva conosciuto come il giardinetto di Adone dio della fertilità, principio maschile della riproduzione, collegato al mito di Afrodite, principio femminile della fecondità. Adone era rappresentato come un bellissimo adolescente pieno di vita durante la Primavera, ma destinato a soccombere alla canicola estiva per poi rinascere, per merito di Afrodite, dopo il lungo e oscuro periodo invernale.
Al tramonto, l'ultimo squillo delle campane prima del silenzio previsto per la morte di Gesù, avverte che tutto è pronto per la messa della cena in attesa della Pasqua, resurrezione del Cristo e della Natura.
Al di fuori della chiesa, nell'aria si sparge un denso profumo dettato dalla fragranza dei pani tipici, appena sfornati...
Ancora oggi, come un tempo, il periodo pasquale si inaugura con la preparazione dei "pupi ccù l'ova " che gli antichi greci chiamavano "Kulloura" (corona), preparati e offerti con riti pagani per ottenere favori e benevolenze. Il cristianesimo ha introdotto nei rituali cattolici questi riti legandoli al culto della fine della Quaresima che precede la festività della Pasqua.
Le uova, auspicio di fecondità, ed il grano, prodotto della nostra terra trasformato in pane, anch'esso cibo dalla forte valenza simbolica, si fondono in un suggestivo amalgama di folklore, atto votivo e rievocazione dei riti pagani propiziatori.
Vengono preparati così pani fantasmagorici e variopinti. Decorativi e fortemente intrisi di simbolismo, questi pani, vere e proprie sculture, assumono significati importanti, rifacendosi a tradizioni di genuino spirito popolare.
E il "pane festivo" ha una particolare connotazione comunicativa. Nei giorni che precedono la Pasqua, massaie e panificatori si impegnano, infatti, in una gara esaltante e il loro pane si ispira ad antiche usanze che richiamano la fertilità della terra e la speranza del buon raccolto.
In passato, in questi gesti riviveva anche il mito di Demetra-Cerere, protettrice della fertilità della terra, che Cicerone riconosceva come padrona della Sicilia. E quello di sua figlia Persefone, tenuta nascosta negli inferi, che salva gli uomini dalla fame col suo benefico ritorno. Ed ecco nascere, dalle mani riconoscenti degli avi siciliani, pani votivi impastati di simbologia e di fede popolare che, come pregiatissime sculture, adornano gli altari trasformando il ricordo atavico dei riti agresti pagani, in espressioni religiose di dono per grazia ricevuta. I pani-scultura sono esclusivo appannaggio femminile. Ancora oggi le donne, infatti, sono le maggiori tributarie della gestione privata del sacro. La loro tecnica di panificazione è assai vicina a quella dello scolpire, del decorare, del ricamare, del cesellare. Elementari gli strumenti: pettine, ditale, forbici... Niente stampi o forme preordinate!
All'uomo, invece, la costruzione degli altari con archi di canne, alloro e mirto (noto come murtidda) e il "montaggio" dei pani devozionali, intercalati da tralci di agrumi e datteri, in una sorta di quadro sacro. Nei giorni antecedenti la Pasqua, alcuni quartieri cittadini, si trasformano in veri e propri cantieri creativi di queste minuziose preparazioni.
In tutta la Sicilia, i pani-scultura assumono forme floreali, di animali o antropomorfe o desumono spunti dagli elementi pagani agresti e dalla simbologia cristiana: rotondi con una croce rilevata al centro raffigurante l'eucarestia; a forma di corona di spine, di scala, ecc...
I "pupi ccù l'ova " si collocano a confine tra pane e dolci, incastonati di uova sode col guscio colorato o decorato. In genere, si confezionano tra il giovedì e il venerdì santo e si regalano ai bambini o tra fidanzati, assumendo contorni diversi e nomi fantasiosi: "aceddi cu l'ova", "cuddura cu l'ova", "vaccaredda cu l'ova, "cannateddi di Pasqua", "panareddi" e "campanari". Pan-Biscotti a forma di colomba, treccia, campana, cesto e con un numero di uova generalmente dispari. Più uova a contornare il dolce, maggiore sarà l'importanza data alla persona.
Spesso questo particolarissimo biscotto ha la forma di un paniere ma tra le forme piu' tradizionali ci sono anche i "cannilieri" (candelieri), su cui vengono fissate le uova decorate da uccellini, fiori o i palummedi (piccole colombe). Anticamente, specialità delle monache del Monastero della Concezione di Palermo, questi pani pasquali, chiamati anche "picciddati" si trovano ovunque e si riconoscono anche ad occhi chiusi per la fragranza degli ingredienti e per gli aromi che si sprigionano durante e dopo la cottura. E quando si aprono gli occhi, conquistano anche per la bellezza con cui si presentano: colori sgargianti, tra i quali predomina il giallo oro, e veri e propri merletti di pane dolce, assai croccanti.
Molti, ormai, non trascurano neanche di differenziarne la forma a seconda del destinatario; tanto che alle bambine potranno essere riservate bambole o borsette ed ai maschietti magnifiche corone: l'importante, alla fine, è che racchiudano l'uovo, simbolo della vita.
E la fidanzata al suo amato? A forma di cuore...naturalmente! Un tempo, infatti, la "zita" (fidanzata) preparava la coddura a forma di cuore per il suo promesso, il quale ricambiava il dono con un dolce a forma di "agnidduzzu" (agnellino) e con questi gesti si celebrava la rinascita e la fertilità.
Si comprende come questo dolce non è solo sfarzo concesso per il giorno di festa che verrà, ma rappresenta un mezzo per affermare legami, per raccontare i rapporti sociali tra familiari, amici e parenti.
"nun c'ha prumettiri voti ê Santi e mancu cuddureddi ê picciriddi"
Ingredienti: 1 kg di farina 00, 400 gr di zucchero, 150 gr di strutto (o burro), 4 uova per l'impasto, 2 bustine di lievito per dolci, scorza di limone grattuggiata, 1/2 bicchiere di latte, uova sode (tante quanti saranno i biscotti che riuscirete ad ottenere, ma sempre in numero dispari), 1 uovo sbattuto, 1 confezione di diavoletti o confettini colorati.
Preparazione
Disponete la farina, lo zucchero, le due bustine di lievito, il limone gratuggiato su una base, formando una specie di montagna al centro della quale metterete lo strutto e le 4 uova (che vanno sbattute prima di essere inserite nell'impasto). Iiniziate a lavorare aggiungendo gradualmente il latte per rendere più morbido il composto.
Nel frattempo, preriscaldate il forno a 200° ricordandovi di scendere la temperatura a 180° prima di infornare i dolci pasquali.
Continuate la lavorazione dell'impasto fino a quando otterrete un composto abbastanza morbido ma compatto. Utilizzando un mattarello, stendete la pasta ottenuta ad un altezza di circa due centimetri. Utilizzando la maggior parte dell'impasto, tagliatelo della forma che preferite e disponete al centro l'uovo sodo. Con la parte restante dell'impasto, create due strisce per ogni forma di dolce (serviranno a tenere l'uovo sul biscotto).
Ancorate per bene l'uovo con le strisce di pasta e spennellate la superficie delle preparazioni ottenute con l'uovo sbattuto. Cospargetele di diavoletti o confettini colorati.
Iinburrate una teglia e disponete i dolci ad una certa distanza l'uno dall'altro, per evitare che gonfiando durante la cottura si uniscano.
Mettete in forno per circa 20 minuti: i biscotti dovranno essere ben dorati. Aspettate che si raffreddino e staccateli dalla teglia partendo dalla base centrale, per evitare di romperli.
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