Minni di Virgini

 
Soccu ora si schifia veni lu tempu chi si addisia...

 Durante le feste, pranzi e cene in grande stile sono davvero inevitabili; pietanze appetitose, gustose ed elaborate hanno sfilato continuamente sulle nostre tavole  eppure, per quanto  "appanzati", sarà difficile rinunciare a questa ennesima tentazione...verrà il tempo in cui prenderemo a desiderarla.

Il termine “Befana” deriva dal greco “Epifania” che significa “apparizione, manifestazione”. L’Epifania rievoca la visita dei Magi, saggi pagani venuti dall'oriente sotto la guida di una stella cometa per adorare il Bambino Gesù e offrirgli in dono oro, incenso e mirra.

Secondo una versione "cristianizzata", i Re Magi diretti a Betlemme per portare i doni a Gesù Bambino non riuscendo a trovare la strada, chiesero informazioni ad una signora anziana. Malgrado le loro insistenze, affinché li seguisse per far visita al piccolo, la donna non uscì di casa per accompagnarli. In seguito, pentitasi di non aver accettato subito l'invito dei Magi, dopo aver preparato un cesto di dolci, uscì di casa e si mise a cercarli. Così, si fermò ad ogni casa che trovava lungo il cammino, donando dolciumi ai bambini che incontrava, nella speranza che uno di essi fosse il piccolo Gesù. Da allora, questa benefica vecchietta, con naso adunco e mento aguzzo, nella notte tra il 5 ed il 6 gennaio, girerebbe per il mondo a cavallo di una scopa, con sulle spalle un sacco colmo di doni e carbone,  da distribuire a tutti i bambini, siano stati buoni o meno buoni.

Questa celebrazione pone fine alle festività di fine anno; come dice il proverbio popolare, infatti, "l'Epifania tutte le feste porta via. Noi, però, che l'allegria intendiamo mantenerla nel cuore, preservandola dal "rosso" mancante sul calendario, raccogliamo comunque lo spirito gioviale di tale ricorrenza, presentando un dolce dal nome assai giocoso... 

Da parecchie ricerche ho riscontrato come, particolarmente in Sicilia, i piaceri dei sensi siano strettamente legati ai piaceri della tavola. Ed è così che a tavola, attraverso alcune tipicità, viene espressa una certa "malizia" . La massima espressione di tutto ciò è un dolce che continua ad essere considerato afrodisiaco, non tanto per l'uso di ingredienti che stimolano di per sé i sensi del piacere, ma per la sua forma e il suo significato, che, particolarmente nel passato, periodo durante il quale si lasciava maggior spazio all'immaginazione, suscitava sensuali turbamenti.

 Questo particolare dolce, presente in tutta la Sicilia, ha un nome che, invece , offre poco spazio all'immaginazione,  i " minni di virgini" (seni delle vergini). La paternità di questa prelibatezza viene ancora oggi rivendicata sia a Palermo, che a Catania, che a Sambuca di Sicilia (AG).

Questo dolce, è stato "nobilitato" da Tomasi di Lampedusa nel Gattopardo, che con le sue parole ne ha espresso perfettamente il senso. Don Fabrizio, proprio durante il famoso ballo, vedendo di fronte a sè un vassoio di dolci scelse quelli che: "...si sfaldavano quando la spatola li divideva... 'trionfi della gola' col verde opaco dei loro pistacchi macinati, impudiche 'paste delle vergini' " e si domandava: " Come mai il Santo Ufizio, quando lo poteva, non pensò a proibire questi dolci? I trionfi della gola (la gola, peccato mortale!), le mammelle di S. Agata vendute dai monasteri, divorate dai festaioli! Mah".

Ne parla anche il Pitrè raccontando le tradizioni palermitane "In tutto l'anno tenevansi in alta fama le suore del monastero delle Vergini con le impareggiabili loro "sussameli" e, meglio, con certi loro pasticci, il nome de' quali, "minni d'i Virgini" (mammelle di vergine) si presta ancora oggi ad un bizzarro, e un po' salace bisticcio".

Ed anche nella letteratura più recente, una scrittrice siciliana, Giuseppina Torregrossa, ha scritto un libro che parte proprio dal racconto della fattura di questi dolci per parlare di donne siciliane, "Il conto delle minne" (il racconto dei seni).

A Catania  "le minne di Sant'Agata" raccontano di una storia cruenta di sesso, omicidio e santità. Un dolce che ricorda il martirio della giovane cristiana Agata, perpetuato da parte del pagano proconsole Quinsiano, il quale dopo aver visto rifiutate le sue avances nel nome della religione cristiana, tentò di corrompere la moralità della fanciulla, affidandola "alle cure" di una prostituta sacra di un tempio pagano, e non potendovi riuscire, la torturò recidendole i seni. I dolci catanesi hanno quindi la forma di due cupolette di pasta frolla, ricoperte di glassa bianca, ripiene di crema di latte e canditi e sormontate da due ciliegie rosse. Devo dire che conoscerne la storia, smorza un po' il potere erotico di questo dolce delizioso.

Nella tradizione di Sambuca, invece, il dolce fu inventato da Suor Virginia Casale di Rocca Menna del collegio di Maria, sotto richiesta della Marchesa di Sambuca, che per l'occasione del matrimonio del figlio, desiderava trovare in tavola una novità in campo di dolci. Nel 1725 la suora, probabilmente stupendo tutti per la sua sfacciataggine, creò, ispirata dalle dolci sinuosità delle colline della sua terra, un dolce morbido di pasta frolla, ripieno di crema, zuccata, cioccolata e spezie che risvegliassero i sensi, come pure la forma maliziosa di seno.

Ed infine la tradizione palermitana, che vuole questi dolcetti, a questo punto definibili dei veri peccati di gola, inventati e prodotti dalle suore del monastero di S. Maria delle Vergini, nella salita Castellana in corso Vittorio Emanuele, le quali si divertivano a ironizzare sul nome del loro monastero. Le "minni delle vergini" venivano vendute al pubblico dalle suddette suore, forse un pò troppo ingenue o forse precorritrici del marketing (avevano già capito quanto il corpo femminile fosse un buon veicolo per fare affari in un mondo declinato al maschile), fino agli anni '60, tramite un'apertura del loro convento su Piazza Venezia.

I minni di virgini adesso a Palermo, sono state rielaborate, rese meno esplicite (il colore verde e la forma squadrata di adesso le farebbero avvicinare di più ai seni di una extraterrestre) e vendute dai più pudichi pasticcieri palermitani col nome di "cassatine".

Una cosa è certa: che si chiamino "cassatine" o " minni di virgini", si tratta di veri bocconcini goduriosi, dolcissimi e delicati, morbidi e profumati... pochissimi sono coloro che resistono a questi attimi di puro piacere!

 Quando è l'ora, la Befana alla scopa salta in groppa,

d'impazienza già trabocca: l'alza su la tramontana, fra le nuvole galoppa.

Ogni bimbo nel suo letto fa l' esame di coscienza:

maledice il capriccetto, benedice l' ubbidienza.

La mattina al primo raggio si precipita al camino.

Un bel dono al bimbo saggio, al cattivo un carboncino!

 

Ingredienti per quattro persone: grammi 300 di pasta di mandorle verde, grammi 400 di ricotta, grammi 150 di zucchero semolato, grammi 200 di glassa di zucchero, grammi 100 di pan di spagna, 40 grammi di gocce di cioccolato, ciliegie candite.

Per la pasta reale: 200ml di acqua, qualche goccia di colorante alimentare verde, 200gr di farina di mandorle, 200gr di zucchero

Per la glassa di zucchero: 200 grammi di zucchero a velo; 2 cucchiai di succo di limone; 1 albume

 

 PREPARAZIONE

 

 Preparazione della pasta reale verde: mettere in un tegame lo zucchero e l'acqua, portare ad ebollizione, finchè lo zucchero non cominci a filare. Togliere dal fuoco. Aggiungere la farina di mandorle e il colorante. Mescolare energicamente e versare su un piano umido. Quando si sarà raffreddata, impastarla finchè non diventi liscia.

Preparazione della crema di ricotta: mescolate la ricotta con lo zucchero semolato, lavorandola molto bene con una frusta. Appena la crema avrà raggiunto una consistenza liscia e vellutata, aggiungere le gocce di cioccolato.

Preparazione del dolce: Stendete la pasta di mandorle in uno strato di circa 2/3 millimetri e rivestire degli stampini a forma di cupola, foderati precedentemente con la pellicola trasparente. Riempite le formine con la crema di ricotta preparata in precedenza. Spezzettate il pan di spagna e spargerlo sulla crema fino a ricoprirla. Capovolgete le cassatine su dischetti di carta per dolci e preparare la glassa di zucchero. In un tegamino versate l'intera quantità di zucchero a velo unito al succo di limone e lasciate andare a fuoco lento. Dopo qualche secondo unite l'albume d'uovo sempre mescolando. Appena il composto avrà assunto un colorito bianco opaco, spegnete e versate velocemente sulle cassatine preparate in precedenza e con l'aiuto di un pennello da cucina, spennellare la parte superiore con la glassa. Far asciugare e applicare al centro di ogni cassatina una ciliegia candita. 

 

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