Di la 'Mmaculata a Santa Lucia quantu 'n passu di cucciuvia!
Di Santa Lucia a Natali quantu 'n passu di cani. Di Natali all'annu novu quantu 'n passu d'omu!
Il 13 Dicembre si festeggia Santa Lucia. La Chiesa scelse questo giorno, per la necessità di trasformare in riti cristiani festeggiamenti pagani che celebravano l'inizio della rinascita del sole. Un raggio di luce che unisce l'estremo Sud al Nord. Una festa per i bambini che anticipa l'arrivo di Babbo Natale e la tanto attesa Befana...
È la notte tra il 12 e il 13 dicembre, notte di Santa Lucia quando la vergine siracusana illumina di grazia i giorni del solstizio d'inverno. Prima dell'introduzione del calendario moderno (1580), infatti, Santa Lucia, si celebrava il 21 dicembre il giorno del solstizio invernale, da cui il detto "S. Lucia il giorno più corto che ci sia".Una leggenda narra che Lucia, giovane siracusana di ricca famiglia, promessa in sposa ad un pagano, per una grave malattia della madre, si recò in pellegrinaggio al sepolcro di S. Agata, a Catania. Al suo ritorno a casa, la giovane, che, da tempo aveva deciso di consacrarsi a Dio, sostenuta dalla sua grande fede e nella piena consapevolezza d'aver ricevuto il miracolo della guarigione della madre, comunicò la volontà di rinunciare al matrimonio e di volere aiutare i poveri e i bisognosi della città, donando loro tutte le ricchezze. E per placare l'ira del promesso sposo, innamorato dei suoi occhi, Lucia, strappandoseli, gliene fece dono. Nonostante ciò, Arrestata su denuncia del fidanzato stesso, fu sottoposta a diverse torture: condotta in un lupanare, trascinata da una coppia di buoi, cosparsa di pece e posta sulla brace ardente.
Il culto della Santa è, però, legato anche al culto della dea greca Demetra (Cerere per i romani), da qui nasce, probabilmente, una seconda leggenda, secondo la quale la "vergine Lucia", invocata durante un periodo di carestia, mandò un bastimento carico di grano che, bollito e condito con olio, soddisfò la fame del popolo siciliano. Ecco il perché della pratica dell'astensione dal mangiare farinacei durante il 13 dicembre e l'origine della tradizionale cuccìa (dolce a base di grano).
Lo stesso nome "Lucia", infine, rappresenta il femminile di "Lucius" (Lucio), trazidionalmente accostato alla parola latina "lux, lucis "(luce), che significa "luminosa, splendente", ma anche "nata nella luce". Per tutto ciò, "Lucia" è considerata e festeggiata come la "Santa della luce" e l'iconografia la raffigura con un mazzo di spighe, un pugnale e con in mano un piatto, in cui sono posti gli occhi.
Nel menù concesso ai palermitani, in questo giorno, gli ingredienti più importanti sono il riso e le patate! Ma si sa...nuatri palermitani, semu manciatari e pi sazziarinni occhi e panza n'inventamu zoccu e gghiè! Sempre riso e patate sono, ma elaborati in mille, gustosissimi modi: cartiddati rì panelle (frittelle di farina di ceci) e crocchè (fatte con purea di patate e fritte), grattò ri patati (sformato o gateau di papate), cuccìa (grano cotto e condito con crema di latte, ricotta o cioccolatto - ricetta già presente nella nostra rubrica), ma soprattutto "arancine", di ogni tipo, forma e dimensione!
Per molti turisti, e non solo, il primo incontro godereccio, con queste nostre specialità, avviene sul traghetto, durante la traversata dello stretto di Messina!
"Avutru chi xamamina", contro il mal di mare quelle "piccole arance", croccanti fuori e ripiene di ogni ben di Dio, sono addirittura considerate "antinausea" per eccellenza! Vere e proprie leccornìe anticolinergiche, ma soprattutto sicilianissime "antistaminPitittu".
Una prima nota da segnalare è quella relativa al loro nome, è più usuale, infatti, conoscerle sotto il nome di "arancini" (singolare arancino), declinate quindi al maschile! Questo soprattutto grazie alla fama dello scrittore siciliano Camilleri, che le ha rese celebri nel romanzo "Gli arancini di Montalbano". Quella del nome è però una disputa che divide nettamente in due la nostra bella isola: nella Sicilia orientale, infatti, le chiamano arancini, a Palermo sono e rimangono le "arancine"!
Nella nostra città,le prelibatezze culinarie si definiscono "belle". Classica affermazione a proposito della bontà delle arancine è, difatti, "chi su beddi stì arancine", ma, in questo caso specifico, a darci ragione sull'uso del genere femminile, sono le origini del nome stesso:arancina da piccola arancia...perchè sia la forma che il colore richiamano, per l'appunto, questo frutto!
L'arancina, in sicilia, è stato importata dagli arabi che erano soliti mangiare riso e zafferano condito con erbe e carne. L'invenzione della panatura nella tradizione viene, invece, fatta risalire alla corte di Federico II, per l'esigenza di portare con sé la pietanza in viaggi e battute di caccia. La panatura croccante, infatti, assicurava un'ottima conservazione del riso e del condimento, oltre ad una migliore trasportabilità. Una storicissima, quindi, leccornia da asporto.
Le arancine sono delle palline di risotto, più o meno grandi, ripiene di ciò che si vuole, dal dolce al salato e, una volta ripiene, passate in una pastella di acqua e farina, nel pan grattato e infine fritte in olio bollente! La versatilità dell'arancina è stata sfruttata per diverse sperimentazioni. Esistono infatti ricette che prevedono, oltre ovviamente ai ripieni piu' tradizionali, l'utilizzo di funghi, salsiccia, gorgonzola e mascarpone, pollo, pesce spada, pesto nonché del nero di seppia. Ne esistono varianti dolci: le arancine così vengono preparate con il cacao, ripiene di crema di ricotta, crema gianduia o cioccolato, tutte comunque ricoperte di zucchero: "abbagna e mancia" (intingi nello zucchero e mangiale)!
Tuttavia, le arancine, più diffuse in Sicilia sono quelle alla carne, agli spinaci - ricette già presenti nella nostra rubrica di cucina siciliana - ed al burro, definite così anche se non è certamente il burro il suo ingrediente principale!
Per facilitare la distinzione tra i vari gusti, la forma dell'arancina può variare....così, ad esempio, l'arancina trattata nella ricetta di oggi, "al burro", si presenta con una forma ovoidale, schiacciata leggermente ai fianchi e dalle estremità comunque tonde!
Insomma, 13 dicembre niente pane o pasta; mangiare le mitiche arance di riso ripiene e fritte, una sofferenza alla quale bisogna sottoporsi, a prova! Sì, avete letto bene... a prova sferica! Infatti, dopo questo pranzo schittu-schittu, privo di pane e pasta, facendo due passi in giro, se sentirete alle vostre spalle l'eco della battuta "pari na' arancina chi peri", soltanto allora avrete la certezza d'avere onorato degnamente la tradizione!
Ingredienti per quattro persone: 1 kg riso qualità Arborio o Carnaroli, 2 litri di acqua, 2 dadi, 2 bustine di zafferano, 100 grammi di parmigiano grattugiato, 130 grammi di burro, noce moscata, sale, pepe.
Per il ripieno: 350 grammi di prosciutto cotto tagliato a dadini, 400 grammi di scamorza bianca (tagliata a piccoli pezzi) e una besciamella classica fatta con farnia 00, latte, un ciuffetto di prezzemolo, noce moscata in polvere e 30 grammi di parmigiano grattugiato.
Per la panatura: 400 grammi di farina 00, acqua, sale q.b., 600 grammi di pangrattato
Fate tostare il riso nel burro e portatelo a cottura con l'aggiunta del brodo necessario e lo zafferano in modo da ottenere un risotto piuttosto asciutto. A fiamma spenta, mantecatelo con una spolverata di parmigiano e una piccola noce di burro. Stendetelo su un ripiano piuttosto esteso e fatelo raffreddare bene, per almeno 4 ore.
In un contenitore, mischiate la besciamella con il prosciutto e la scamorza a dadini, qualche fogliolina tritata di prezzemolo e regolate di sale e pepe. Preparate a parte una pastella con acqua, farina e un pizzico di sale e mettete in un contenitore il pangrattato.
Appena il riso sarà diventato completamente freddo, inumiditevi le mani e poco per volta appoggiate su un palmo il quantitativo di risotto corrispondente ad una arancia di media grandezza. Con un dito della mano opposta, bucate l'arancina, per tutta la sua altezza. Con l'aiuto di un cucchiaio farcitela con il condimento e richiudetela accostando bene i lembi laterali. Chiudere con attenzione l'arancina, premendola tra le mani e conferitele una forma allungata, ovoidale.
Passate le arancine nella pastella di acqua e farina ed infine....rotolarle nel pangrattato.
Portate l'olio a temperatura, immergete, poche alla volta, le arancine, fatele dorare bene, sgocciolatele e asciugatele nella carta assorbente. Servite tiepide.
Consigli utili: attenzione alla temperatura dell'olio. Questo deve essere ben caldo ma non deve raggiungere il punto di fumo; se le arancine sono abbastanza grandi, friggetele ad una ad una, eviterete così che l'olio si raffreddi e quindi venga assorbito in eccesso; una volta fritte, le arancine, raggiungono il loro massimo sapore solo dopo aver riposato per 5-10 minuti.
Di la 'Mmaculata a Santa Lucia quantu 'n passu di cucciuvia. Di Santa Lucia a Natali quantu 'n passu di cani. Di Natali all'annu novu quantu 'n passu d'omu!
Dall'immacolata a Santa Lucia quanto un passo di allodola, da Santa Lucia a natale quanto un passo del cane, da Natale all'anno nuovo quanto un passo da uomo! Per dare l'idea di quanto si allunghino le giornate in dicembre!
Buon appetito!!!
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MONREALE, 15 settembre – Presentiamo oggi la nuova veste grafica di Monreale News, il nostro quotidiano, al quale diamo un nuovo look, un nuovo aspetto.