"U pisci ru mari è destinatu accu si l'ava manciari"
Il pesce fa bene, e questo si sa. Il pesce azzurro fa meglio, e questo non tutti lo sanno. Il pesce azzurro, chiamato così dal colore del dorso, vive nelle acque del Mediterraneo. Solitamente i pesci azzurri sono di piccole dimensioni, ma non mancano anche quelli di dimensioni più grandi, come il pescespada ed il tonno.
Fanno bene più degli altri pesci perché sono ricchissimi di omega 3 ed omega 6, grassi polinsaturi che hanno un benefico effetto su cuore, sulle arterie e sull'organismo in genere. Pesci che, a detta di medici e nutrizionisti, dovrebbero entrare nella dieta alimentare di ogni individuo con una certa frequenza: da due a tre volte a settimana.
Eppure, nonostante il pesce azzurro sia tipicamente siciliano ed il suo costo sia certamente meno elevato di altri pesci, qualche consumatore, ignaro (forse) delle sue benefiche proprietà, volge lo sguardo ed apre le tasche acquistando tipologie di pesci meno pregiati, se non addirittura di qualità e provenienza dubbie.
Si fa presto a dire "pesce fresco". E soprattutto si fa presto a dire pescato in mare. Basta scriverlo (e leggerlo) sul cartellino ed è tolto ogni dubbio. Ma, senza voler fare terrorismo né generalizzare, è comunque corretto dare informazioni precise al consumatore. Il pangasio, ad esempio, di certe vetrine ingannevoli è il re. E' un pesce d'acqua dolce che vive nel delta del Mekong (Vietnam), uno dei dieci fiumi più inquinati al mondo. Sono infatti più di duecento le aree industriali che scaricano i loro residui in questo fiume, infestato da metalli pesanti e veleni. Per molti consumatori, il prezzo ma soprattutto l'idea che quei "filetti carnosi" siano privi di spine, suona come qualcosa di buono, ignorando invece che la provenienza e quindi la possibilità che sia dannoso all'organismo umano, anche il fatto che, ben che vada, si tratta di un pesce dallo scarsissimo valore nutrizionale (contiene tantissima acqua, poche proteine e pochi grassi buoni).
Altro pesce low cost è il Persico. In particolar modo quello africano (volgarmente noto come persico del Nilo) che viene allevato soprattutto nel Lago Vittoria in Africa, in condizioni ambientali disastrose e il cui mercato, come ha mostrato il docufilm "L'incubo di Darwin", di Hubert Sauper, è legato all'import export di armi. Anche questa tipologia di "pesce" arriva in morbidi filetti spinati pronti all'uso, rendendo felici le casalinghe frettolose che, convinte di acquistare alimenti di buona qualità, inconsapevolmente – e questo per i non datati anagraficamente è una aggravante - portano invece in tavola pesce da "zero tituli".
Il rischio ulteriore, a dir il vero assai frequente, è inoltre, il fatto che essendo sfilettati questi particolari pesci vengono spacciati e venduti dai pescivendoli poco onesti, come pesci più nobili e di provenienza locale. A comprova di ciò, moltissimi sono i consumatori che non conoscono né hanno mai potuto verificare il loro apsetto originale. Si trovano infatti, perennemente e senza regole stagionali, già sfilettati sui banchi dei venditori.
Ora, capisco la comodità e comprendo che spesso i componenti meno adulti della famiglia, alla vista delle spine possano recriminare del disappunto ma se il buon Dio delle mani e delle dita ci ha dotati...potremmo, a scanso di equivoci, sforzarci di convincere i piccoli ad utilizzarle, oppure, comu facianu i nanni, spinare il "pesce-pesce", prima di portarlo in tavola.
Per tutti questi motivi è bene quindi lasciare quegli invitanti filetti di persico, pangasio o altre tipologie marine dove sono e cercare piuttosto alimenti locali o comunque abbastanza noti ai consumatori. Pretendiamo il pesce fresco, ma ci preoccupiamo che sia anche buono? Qui non parliamo soltanto del gusto, ma del fatto che si tratti di pesce non inquinato da metalli pesanti o che sia il bottino di forme di pesca che provocano l'impoverimento del mare (ma anche di laghi e fiumi), o ancora che si tratti di pesce pescato nelle acque italiane e non magari dall'altra parte del mondo.
Per farla breve, si tratta di capire che nel mare non ci sono solo i "pesci bistecca" ma tante altre varietà di "pesce-pesce" e che oltre ai più noti come lo sgombro, la sardina ci sono la boga (in dialetto opa o vopa), i sugarelli (sauri) e...il pesce pilota, dialettalmente noto con il nome di fanfaro. Un pesce azzurro di modico prezzo e altissimo valore nutrizionale. Ha il corpo poco compresso e ricoperto di squame. La sua testa è ovale, il muso arrotondato e la mandibola leggermente sporgente. La sua colorazione è caratteristica, poiché il corpo è azzurrastro ma cosparso di strisce strisce trasversali bianche e blu-nerastre. I suoi occhi sono piccoli ma ben evidenti e circolari.
Il pesce pilota ha abitudini gregarie e vive in grossi gruppi nelle acque del Mediterraneo, nutrendosi di piccoli pesci, molluschi e crostacei. Solitamente nuota al largo delle coste ma i più giovani tendono a stare vicino al litorale. Il pesce pilota viene chiamato così perché ha l'abitudine a precedere pesci di grossa taglia. È presente in tante ricette della tradizione siciliana come u fanfaru mbriacu, cotto al forno cosparso di vino bianco ed aromi, i "Bucatini al sugo di fanfano", un ottimo primo condito con filetti di pesce pilota cotti in tegame con cipolla e pomodorini, il "Fanfaro fritto", passato in farina di rimacino e tuffato in olio bollente e il "fanfaro sfilettato al forno.
E' bene consumare pesce buono, non solo "fresco"!
Ingredienti per 4 persone: 4 fanfari da circa 200g ciascuno, pangrattato, olio extravergine d'oliva, 2 limoni, sale,pepe, origano, prezzemolo.
Preparazione
Lavate i fanfari, e divideteli a metà nel senso della lunghezza ( o chiedete al vostro pescivendolo di fiducia). Aromatizzate il pangrattato con una buona manciata di origano, un pò di prezzemolo tritato, una presa di sale e un pizzico di pepe. Spennellate d'olio i pesci e passateli nel pangrattato aromatizzato, pressandoli bene, affinché rimangano ben ricoperti. Adagiateli su una piastra di ghisa oleata e ben calda oppure se preferito rivestite una teglia di carta da forno, ed adagiateli inserendoli in forno ben caldo (180°) per circa 15 minuti.
Preparate il salmoriglio, versando in una ciotola mezzo bicchiere d'olio extravergine d'oliva, il succo di due limoni, una presa di sale, qualche manciata di prezzemolo tritato finemente, una spolverata di pepe e una manciata di origano; poi, sbattete tutto con una forchetta fino ad ottenere una salsina omogenea.
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