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Biscotto di San Martino o Rasco

| Federica Cordone | Cucina Siciliana

A San Martino ogni mustu è vinu...


L'antico proverbio ricorda che per il giorno di San Martino, il mosto ha finito di fermentare e può quindi essere "spillato". Per i palermitani, in particolar modo, è anche il giorno che segna definitivamente la fine dell'inesauribile estate; l'occasione per gustare il vino novello e l'ennesimo pretesto per cibarsi di tipiche prelibatezze!

Specialità gastronomica di questo giorno è, infatti, il biscotto di San Martino, chiamato così in memoria del Vescovo di Tours, più famoso come San Martino, deceduto l'8 novembre 397 a Candes Saint Martin, dove si era recato per mettere pace tra il clero locale.

La storia del Santo si colloca intorno al 300 d.C.. Martino, figlio di un ufficiale dell'esercito romano, nonostante il temperamento mite e l'indole pacifista, dovette arruolarsi nella cavalleria, in obbedienza ad un'ordinanza imperiale dei tempi. La sua umiltà e la sua carità hanno dato vita ad alcune leggende tra le quali quella in cui Martino, così come rappresentato nella iconografia siciliana, in groppa ad un baio bianco, vestito da centurione con il gladio in mano, mentre si trovava alle porte della città di Amiens con i suoi soldati, in una giornata di pioggia incrociò sulla sua strada un poverello seminudo ed intirizzito dal freddo. Senza pensarci due volte, il cavaliere, tagliò la sua clamide in due parti, cedendone la metà al povero. Prodigiosamente, al generoso gesto di Martino, il freddo e la pioggia si attenuarono ed il sole cominciò a splendere. Si narra anche che quella stessa notte Martino sognò Gesù che restituendoglì la metà del mantello disse "ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito". Martino, allora, particolarmente provato da quel sogno si battezzò, divenne cristiano e lasciò l'esercito per farsi monaco. 

Ecco il perchè leggendario dell'estate di San Martino, ricorrenza cristiana che si rinnova ogni anno per festeggiare un atto di carità e per ricordare che la generosità verso i poveri è il dono più gradito a Dio.

Anticamente, per i più benestanti la festa di  "San Martino" era l'occasione per imbandire la tavola e mangiare piatti corposi e succulenti mentre, invece, i meno fortunati, rimandavano il festeggiamento alla domenica successiva alla ricorrenza, giornata, quest'ultima, che coincideva con la riscossione della "simanata" ( la paga settimanale), così da potersi permettere la conclusione del pasto domenicale con "u viscottu ri San Martino abbagnatu nn'o muscatu", (il biscotto di San Martino intriso nel moscato - vino liquoroso che in genere veniva offerto in dono dai fornitori di vino). Martino, forse anche per questo, fu definito anche il patrono degli ubriaconi, che affollavano le varie  “taverne” della città festeggiando solenni banchetti a base di verdure    cotte: “carduna”, “vruocculi” e uova sode, accompagnati da  abbondanti libagioni

Della tradizione palermitana di onorare il Santo, fa parte la preparazione di questi biscotti speciali che prendono appunto il nome di "biscotti di San Martino" o "Rasco". Sono confezionati con farina impastata con lo strutto; hanno la forma di una pagnottella rotondeggiante della grossezza di un'arancia e sono caratterizzati dall'aggiunta nell'impasto di semi di finocchio (finocchiu 'ngranatu) e cannella.

Vengono cotti a fuoco lento e raggiungono la tipica consistenza friabile perchè infornati per ben tre volte, proprio come i "tricotti" (biscotti che per la loro notevole durezza vengono offerti ai bambini ancora privi di denti, quindi incapaci di romperli ed affogarsi). I pasticcieri della città, cui non è mai mancato l'estro, nel riprendere usi barocchi, impreziosiscono i tradizionali biscotti rivestendoli con una velata di zucchero fuso e decorandoli con cioccolatini fondenti, confettini, addobbi floreali di pasta reale, ripieni di crema o marmellata (di cedro o di zucca), facendone insomma una leccornia gradevolissima anche nell'aspetto. In altra versione, il biscotto comune, svuotato, viene anch'esso ripieno di crema di ricotta, canditi e scaglie di cioccolato, inzuppato nel Rum.

Numerosi sono, infine, i proverbi dedicati al Santo: "Quannu c'è santu filippu 'ntra li manu, si fa Pasqua, Natali e San Martinu"; " Per San Martino la sementa del poverino"; "Ppi San  Martinu  castagni  e v inu ".  Vite e grano a parte, in considerazione del fatto che questo periodo dell'anno  è il momento ideale anche per altre coltivazioni “A San Martinu, favi e linu”.

In ogni modo, il proverbio più celebre che si ripete ancora oggi, rammenta che “L’estate di San Martino  dura tre giorni  e un pochinino”. Spesso infatti intorno all’11 novembre  torna per qualche giorno il bel tempo insieme con un po’ di tepore...in barba anche, e per nostra fortuna, alle ultime previsioni meteo!

 

Ingredienti per sei persone: 500 grammi di farina; 75 grammi di strutto; 120 grammi di zucchero; 20 grammi di semi di finocchio o di anice; 20 grammi di lievito di birra; cannella in polvere; un pizzico di sale; 1 dl di acqua; una noce di burro per la leccarda da forno.

PREPARAZIONE

Setacciate la farina a fontana e versate al centro l'acqua tiepida con un pizzico di sale e lo strutto. Impastate aggiungendo il lievito, lo zucchero, i semi di finocchio e un pizzico di cannella, fino ad ottenere un composto elastico e morbido. Lasciate riposare per circa un'ora. Da piccoli quantitativi di impasto, ricavate dei bastoncini lunghi circa 8 cm e, con le dita avvolgeteli a spirale, dando una forma arrotondata. Adagiate quindi i rotolini ottenuti su una placca imburrata e fateli lievitare per circa 4 ore, coperti in luogo tiepido.

A questo punto infornate nel forno preriscaldato a 200° per circa 15 minuti. Sfornateli, fateli raffreddare e rimetteteli in forno a 160° per altri 15 minuti. Lasciateli raffreddare ancora una volta e rimetteteli in forno, con lo sportello semiaperto, a 140° per 10 minuti, stando attenti che non diventino troppo scuri.

 

 
· Enzo Ganci · Editoriali

MONREALE, 15 settembre – Presentiamo oggi la nuova veste grafica di Monreale News, il nostro quotidiano, al quale diamo un nuovo look, un nuovo aspetto.

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