Lo stupro di gruppo a Palermo, Pira: ''Doppia violenza fisica e psicologica sulla vittima''
Il sociologo: "Nella narrazione dell’episodio la ragazza scompare e non sembra nemmeno un essere umano ma trovano ampio spazio le gesta del branco. Occorre subito un piano d’emergenza contro tutto questo
PALERMO, 21 agosto – Questa mattina si sono svolti gli interrogatori di altri due dei maggiorenni che sarebbero coinvolti nella violenza di gruppo ai danni di una diciannovenne, avvenuta al Foro Italico il 7 luglio scorso. Un terzo sarà sentito domani.
Mentre per l'unico minorenne il gip del tribunale dei minorenni di Palermo Alessandra Puglisi ha revocato l'ordine di custodia cautelare che aveva colpito il ragazzo, disponendo il suo trasferimento in comunità. Il giovane è uno dei sette coinvolti che, fra il 3 e il 18 agosto, sono finiti in carcere.
Un episodio che ha sconvolto la città e che andrebbe analizzato sotto diversi aspetti. Un dramma su cui ognuno, nel proprio ruolo, dovrebbe interrogarsi. E che non riguarda soltanto le persone coinvolte ma tutti, perché se accadono eventi di questo genere abbiamo fallito, tutti.
Sull'accaduto il professore Francesco Pira, associato di sociologia dell’Università di Messina e coautore del libro “La violenza in un click” ha commentato quanto è accaduto a Palermo e la narrazione giornalistica e sui social che ne è seguita.
“Ancora una volta sulla vittima di uno stupro (di gruppo peraltro) viene esercitata una doppia violenza - dichiara- fisica e psicologica. La notizia delle chat con frasi disgustose e che non attengono ad una società civile, completano un quadro di orrori.
I video sui social dello stupro, i commenti senza confini al rispetto di un altro essere umano, sono i nuovi trofei - prosegue – da esibire con il proprio network. Nella narrazione sui media e sui social, ancora una volta la vittima non esiste, ma vengono raccontate, con dovizia di particolari, le gesta violente di chi ritiene senza valore il corpo di una donna, e soprattutto non comprende quanto quello che è accaduto la segnerà per sempre.
Era giusto pubblicare i video dell’Isis che tagliava le teste dei giornalisti? – si domanda il sociologo Pira – per alcuni sì perché facevano vedere l’efferatezza del gesto e per altri no perché c’era rischio emulazione. Facendo un parallelo con quanto accaduto a Palermo si è aperto lo stesso dibattito. Ma serve? È utile. Tutti conosciamo cosa è possibile pubblicare e poi sappiamo anche deontologicamente cosa è opportuno. Rimane aperto un grosso problema – conclude – come arginare un’emergenza fatta di violenza e soprusi poi diffusi sul web. Occorre un piano d’emergenza con esperti al lavoro e formazione nelle scuole di ogni ordine e grado. Tanta prevenzione per educare al rispetto e alla responsabilità”.
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