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Palermo, entra in cattedrale con una pistola giocattolo e semina il panico: oggi è stato assolto

| Giuseppe Cangemi | Succede a Palermo

I fatti quattro anni fa: per il giudice “il fatto non sussiste”

PALERMO, 7 aprile – Era entrato nella cattedrale di Palermo durante una cerimonia nuziale con una pistola seminando il panico e per questo era stato prima fermato e poi processato per avere procurato allarme. Oggi, però, è stato assolto, perché il fatto non sussiste.

Quella pistola, infatti, era un giocattolo e per questo non sarebbe stata in grado né di offendere, né, tantomeno di uccidere. È questa la vicenda della quale si è reso protagonista Raffaele Berretta, un 35enne residente nel capoluogo siciliano, con qualche problema psichico, che il giudice Giovani La Terra della terza sezione penale del tribunale di Palermo, ha ritenuto non colpevole, chiudendo un caso che, quattro anni fa, al momento della vicenda, aveva suscitato enorme clamore mediatico, proprio per le circostanze in cui si era verificata.

I fatti risalgono al 5 settembre 2019, quando l’uomo, allora 31 enne, incensurato, impugnando una pistola giocattolo priva di tappo rosso, nel corso di una cerimonia nuziale, che si stava svolgendo all'interno della Cattedrale di Palermo, suscitava allarme tra i presenti che si davano alla fuga causando l'intervento dei poliziotti giunti dalla vicina Questura.

Al termine della sua requisitoria, il Pubblico Ministero, tenendo conto della scelta del rito abbreviato semplice chiesto dai difensori dell'imputato, gli avvocati Angelo Malizia e Manlio Di Miceli (nella foto), dello studio “Di Miceli – La Corte –Malizia”, aveva chiesto, con lo “sconto” previsto per il rito, una condanna. di quattro mesi di reclusione. Il giudice, però, accogliendo le tesi della difesa, non potendo provare le tesi accusatorie, lo ha assolto perché “il fatto non sussiste”. I legali, inoltre, hanno dimostravato - attraverso una “appassionata” arringa dell'avvocato Malizia, che l’imputato, oltre a non aver commesso il reato contestatogli, soffrisse di problemi psichici documentati e, all'epoca dei fatti, si trovasse sotto effetti da sospensione da psico-farmaci.

“Il nostro compito - dichiarano visibilmente soddisfatti gli avvocati Manlio Di Miceli e Angelo Malizia – era quello di dimostrare la totale estraneità ai fatti nonché l’innocenza del nostro assistito e l’assoluzione perchè il fatto non sussiste, non poteva che essere il giusto epilogo di questa complessa vicenda giudiziaria".

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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