Gli effetti dei social network sui più giovani, urge una riflessione

La pandemia da Covid-19 ha acuito il senso di solitudine e di abbandono che i giovanissimi già sperimentavano

PALERMO, 22 gennaio – "Una tragedia che ci interroga. Ci interroga sulle relazioni fra i giovani mediate dagli smartphone, sul ruolo sociale che alle nuove tecnologie stiamo sempre più delegando, sul rapporto fragile ma potente che sempre più giovani e adulti costruiscono e forse subiscono con i propri device digitali”.

Queste le parole del sindaco di Palermo Leoluca Orlando in merito al tragico esito che una challenge di TikTok ha avuto per una bambina di 10 anni.
“Nel disporre che siano esposte a mezz'asta le bandiere negli edifici comunali, chiedo a tutti i dirigenti scolastici di far sì che il mondo della scuola partecipi a questo momento di dolore, osservando domani nelle classi un minuto di silenzio. Ai genitori, a tutti i familiari e amici di questa bambina un affettuoso e sentito abbraccio da parte della città, ancor più sentito ed emozionato nell'apprendere della decisione di acconsentire alla donazione degli organi. Un grande gesto di amore e di sensibilità" ha continuato il primo cittadino.
Indubbiamente urge una profonda riflessione sugli effetti che i social network hanno sui giovanissimi: questi ultimi, in virtù della loro personalità molto poco o per nulla formata, sono il bersaglio più a rischio delle fervide logiche di profitto alla base dell’esistenza dei social media. La salute mentale di bambini e ragazzi, già messa a dura prova dalla pandemia da Covid-19, è continuamente in pericolo per l’uso di piattaforme dove non vige alcun controllo, e dove chiunque può imbattersi in qualsiasi tipo di contenuto, anche il più nocivo, ad ogni età.


La pandemia ha raso al suolo ogni possibilità di intessere rapporti con gli altri: il distanziamento fisico e le misure restrittive per contrastare la diffusione del contagio hanno compreso anche la chiusure di scuole, palestre, università, luoghi di ritrovo dalla grande valenza sociale, e ci hanno costretto a una vita sempre più isolata, digitalizzata e distante dalla realtà. I social network dovrebbero prevedere regole ferree: chi avrà la responsabilità della morte di questa bambina e di tutte le altre vittime? Non dimentichiamo lo spaventoso “Blue Whale”: una serie di “giochi” estremi, di sfide che portavano chi vi partecipava troppo spesso alla tomba.


Il gioco, la relazione, le sicurezze, la speranza: tutti elementi che i nostri figli, cugini, nipoti, fratelli e noi stessi abbiamo smarrito, e che hanno fatto rifugiare i giovanissimi in un mondo dove realtà e finzione si mescolano, un mondo a sé, utilissimo per certi versi e da condannare per altri. In un momento come questo dovrebbero essere fondamentali l’empatia e la cura del rapporto con l’altro, specialmente se giovane e silenziosamente stressato dalla situazione che stiamo vivendo. Perché sono proprio i sentimenti inespressi, le paure taciute e i disagi non mostrati a portarci al limite, con conseguenze purtroppo irreparabili. E i social network non devono veicolare contenuti e messaggi controproducenti che hanno il solo scopo di urtare ancora di più la psiche di bambini e ragazzi, già abbastanza sfiancata.