Bancarotta fraudolenta, ai domiciliari i titolari del bar Collica

Avrebbero “distratto” l'azienda per non pagare i creditori

PALERMO, 18 gennaio – I carabinieri della Sezione di Polizia Giudiziaria di Palermo, in collaborazione con quelli della Compagnia Carabinieri Palermo San Lorenzo, e su delega della Procura della Repubblica di Palermo, hanno eseguito, nella mattinata odierna, una misura cautelare degli arresti domiciliari, emessa dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Palermo su richiesta dei Pubblici Ministeri del Dipartimento dei reati contro la criminalità economica, nei confronti di due persone.

Il provvedimento è stato eseguito nei confronti di Davide Collica, 52 anni, e Rosaria Costa, 81, i quali sono ritenuti responsabili dell’ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione (di azienda).
Davide Collica, già amministratore unico e legale rappresentante della società “Davide Collica s.r.l.”, corrente in Palermo in via Emilia 30/31, costituita nel 1994 e dichiarata fallita nel settembre 2018, e sua madre Rosaria Costa, nella qualità di titolare dell’omonima impresa individuale corrente nei medesimi locali commerciali di via Emilia, in concorso tra di loro, avrebbero distratto tutti i beni aziendali di proprietà della fallita Davide Collica s.r.l., cespiti aziendali mai rinvenuti, con la costituzione, da parte della genitrice, della omonima impresa individuale, con medesimo oggetto sociale e stessa sede legale, sotto la medesima insegna, e pochi giorni prima della dichiarazione di fallimento sopra richiamata, in una sorta di continuità aziendale.
Ne risulterebbero danneggiati, oltre che l’integrità del sistema economico, anche i creditori che non hanno potuto avere la soddisfazione delle proprie legittime richieste economiche.
Il comportamento dei due arrestati, analizzato certosinamente dai carabinieri sotto il coordinamento della Procura della Repubblica, non ha consentito loro di sfuggire alle norme di legge che tutelano l’economia e l’amministrazione della giustizia, atteso che proprio i riscontri conseguenti alla dichiarazione di fallimento hanno consentito di verificare, oltre che la tenuta irregolare della documentazione contabile obbligatoria (quali ad esempio il mancato deposito del bilancio per tre anni) che potesse consentire di ricostruire la vita aziendale della fallita, anche l’esistenza di una forte esposizione tributaria verso lo Stato.