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L'incivile posteggia, l'autobus non passa: 20 minuti di caos in via Venero

| Giuseppe Cangemi | Cronaca varia

Scene, purtroppo, consuete, che fanno cominciare la giornata non nel migliore dei modi

MONREALE, 18 maggio – Ore 7,40 di giovedì 18 maggio, via Venero, Monreale. Tanta gente, magari dopo essersi fatta il segno della croce, sale in macchina con l'intenzione di andare a lavorare per guadagnarsi la giornata.

Intenzioni legittime, soprattutto per chi è padre o madre di famiglia e pensa che questo sia il modo migliore per trascorrere proficuamente la giornata e portare il pane a casa. Peccato che questa intenzione sia ostacolata dall'incivile di turno che decide di parcheggiare la propria auto in modo tale che la (consueta) corriera dell'Ast non riesca a passare da uno dei punti più stretti della via.

Il tratto in questione, come documentano le nostre foto, è quello conclusivo di via Venero all'interno del centro abitato, prima del semaforo della circonvallazione, dove un utente che con una parola gentile definiamo sprovveduto, ha deciso di lasciare la propria vettura, andandosene per i fatti propri chissà dove, infischiandosene delle conseguenze che il suo gesto avrebbe potuto scatenare. E le conseguenze scattano immediate e – ahitutti – coinvolgono la circolazione stradale dell'intera città.

L'autista dell'autobus dell'Ast arriva sul posto, ritiene troppo rischioso avventurarsi in una manovra di superamento dell'ostacolo (da una parte c'è la macchina posteggiata, dall'altro un balcone) e con la pazienza di Giobbe arresta la sua marcia, in attesa dell'arrivo dello “sprovveduto” di cui sopra.
Che ovviamente non arriva e nemmeno lascia alcuna traccia di sé.
Il resto è scena abituale, alla quale abbiamo assistito decine di volte e che decine di volte abbiamo raccontato sulle colonne di questo giornale. E cioè: alle spalle dell'autobus si forma una lunga colonna di macchine che, a ritroso, arriva fino al Canale, vale a dire 600 metri più indietro rispetto al fattaccio.

Gli automobilisti, prima pazienti, si imbufaliscono in maniera esponenziale. I clacson cominciano a strombazzare a più non posso, più di quando l'Italia vinse i mondiali. Le parolacce e i moccoli raggiungono le vette più alte dell'Empireo ed è un miracolo che il proprietario della macchina “galeotta”, con tutte le “astimie” che gli arrivano, sia ancora vivo. Di vigili, con la carenza d'organico che c'è, comprensibilmente nemmeno l'ombra...
Quando i toni cominciano a diventare roventi, arriva la soluzione all'antica: quella – senza voler peccare di disparità di genere – che è tipica dei maschi robusti: “Scarruzzamu sta machina”, suggerisce qualcuno.

Detto, fatto, perchè attorno alla vettura si riuniscono cinque-sei uomini “chi pusa”, che al grido ritmico di “una-rue... e tri” sollevano progressivamente la vettura e la spostano di quei 30-40 centimetri, a ridosso del muretto, che fanno la differenza.
A quel punto la corriera ha lo spazio per passare e va via. A mano a mano tutte le macchine in coda riavviano i motori e se ne vanno, senza però smettere di augurare di tutto e di più al proprietario della macchina incriminata, al quale certamente, come minimo, avranno fischiato tanto le orecchie.
In tutto questo sono già le 8. Sono passati 20 minuti che sono sembrati 200. Adesso la giornata di lavoro può cominciare, anche se tutti avrebbero preferito cominciarla con meno “abbile”.
Alla fine, comunque, tutto a posto e tutti i salmi finiscono in gloria. L'appuntamento è al prossimo incivile, al prossimo ingorgo. Monreale, purtroppo, è anche questa e difficilmente qualcuno la cambierà.

 

 

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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