
Parla Vito Badalamenti, produttore pioppese, ultimo discendente di una lunghissima tradizione familiare. LE FOTO
MONREALE, 4 marzo – Il suo colore bianco tendente al rosa e il suo sapore dolce dal retrogusto amaro lo contraddistinguono dal cardo tradizionale. Caratteristiche che si ottengono attraverso una particolare tecnica colturale, ossia l’imbiancamento.Il "cardune vruricatu" a Pioppo è una tradizione lunga un secolo e la sua principale produzione avviene in contrada Agrifoglio.
È una pianta diversa dal cardo tradizionale, una varietà diversa che poi in primavera produce il carciofino senza spine. Il suo nome scientifico è “Cynara Cardunculus, sub specie altilis” e la coltivazione è stata tramanda da padre in figlio. "Le prime foto che testimoniano la coltivazione risalgono agli anni trenta - commenta il produttore pioppese Vito Badalamenti - immortalano mio nonno e il mio bisnonno alle prese con questo prodotto di nicchia".
In sette ettari di terreno, in contrada Agrifoglio, vengono coltivate circa dieci mila piante.
"Abbiamo terreni anche a Partinico - spiega - ma lì la coltivazione è minore sia per il clima che per la tipologia di proprietà contenute nel suolo. Mentre a Pioppo l'argilla che contiene il potassio aiuta la formazione di zuccheri fondamentali per l'ortaggio".
Dal produttore al consumatore: la famiglia Badalamenti vende i cardi direttamente ai clienti e a diversi fruttivendoli monrealesi.
"Si tratta di una modificazione genetica - spiega Badalamenti - li riproduciamo per pianta e non per seme. È una pianta pluriennale, dura dai dieci ai quindici anni, una volta estirpata, poi viene ripiantata in un terreno diverso e ricco di sostanze nuove necessarie per la crescita. Fondamentale è la concimazione. La produzione è distribuita in diverse mesi - prosegue - a differenza del passato che si concentrava nelle feste natalizie. A novembre si inizia a sotterrare così ci si prepara alla prima raccolta che avviene a dicembre per poi continuare fino a marzo. In primavera, invece, è tempo di carciofini".
NelI'azienda, a conduzione familiare, lavorano principalmente in tre più qualche operaio coinvolto stagionalmente. Il lavoro si intensifica nel periodo dell'eziolatura e poi per l'estirparmento, momenti che richiedono più manodopera.
La procedura di coltivazione, tramandata di generazione in generazione, è sempre la stessa, a cambiare negli anni sono i materiali utilizzati per la copertura. "Prima per coprirli su usava la paglia e i canali in terracotta, oggi si utilizza un cellophane nero, per proteggere dalle radiazioni solari per impedirne l’attività fotosintetica e favorirne l’imbiancamento, e dopo si sotterrano. Dopo circa venti giorni avviene l'estirpazione. I
tempi per stare sotto terra variano: tutto dipende dalla temperatura, dal tipo di terreno e dalla concimazione. L'esperienza ci permette di capire quando il prodotto è pronto o meno".
Il "cardune vruricatu" ha tutte le potenzialità per andare oltre i confini locali e approdare sulle tavole anche dei ristoranti. E proprio in questa direzione sta lavorando il produttore pioppese. "Prima di esportarlo bisogna organizzarsi, per coprire la richiesta serve intensificare la produzione e questo richiede braccia e non si trovano operai disposti a farlo, è un lavoro non meccanizzabile".
Per valorizzare il prodotto di nicchia, a febbraio è stata organizzata la prima sagra a Pioppo e in tanti hanno partecipato per degustare la specialità. Il "cardune vruricatu” rappresenta la storia, la cultura agricola e gastronomica della comunità di Pioppo e del suo territorio. Un ortaggio che rischia purtroppo di estinguersi, e scomparire insieme a quei pochissimi coltivatori che ancora oggi applicano la tecnica colturale che purtroppo conta pochissimi giovani esperti.
Un prodotto di nicchia che va quindi tutelato e valorizzato per le sue evidenti potenzialità e vocazioni gastronomiche e commerciali.
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