Resta lo scontro su chi non può scendere, come prevede il decreto del governo sui flussi migratori
CATANIA, 8 novembre – "Help us" è il grido dei migranti rimasti a bordo della Geo Barents la nave di Medici Senza Frontiere, una delle due navi ong ferme nel porto di Catania. Nel primo pomeriggio di ieri tre di loro si erano tuffati in acqua nel tentativo di raggiungere la terraferma. Hanno nuotato fino ad un galleggiante e poi sono stati recuperati dalle autorità e portati sul molo vicino alla nave di Medici senza frontiere.
Al momento sono stati fatti sbarcare i soggetti più fragili, donne e bambini. In 144 hanno lasciato Humanity 1, ma 35 sono rimasti a bordo. Dalla Geo Barent, nave di soccorso di Medici Senza Frontiere, sono state fatte sbarcare 357 persone, mentre restano a bordo in 215. Resta lo scontro su chi non può scendere, come prevede il decreto del governo sui flussi migratori.
GEO BARENTS
"Ieri abbiamo ricevuto dalle autorità italiane l’autorizzazione a entrare nel porto di Catania - si legge in un post scritto da Geo Barents- secondo il diritto internazionale, tutti i sopravvissuti devono sbarcare in un luogo sicuro il prima possibile. Invece, a 214 di loro è stato negato questo diritto: sono ancora a bordo.
Lo sbarco parziale e selettivo, suggerito nel decreto del governo italiano, è brutale e non può essere considerato legale secondo le convenzioni marittime. Chiediamo umanità e rispetto delle leggi internazionali".
LA POSIZIONE DELL'ORDINE DEGLI PSICOLOGI DI SICILIA
Sulle operazioni di soccorso di centinaia di naufraghi e sull'individuazione dei casi di vulnerabilità e fragilità a cui concedere lo sbarco, attraverso una nota, interviene anche l'ordine degli psicologi di Sicilia. Chiede che sia tutelato il diritto alla salute delle persone coinvolte con il completamento delle operazioni di sbarco e la garanzia dell’accesso alle giuste cure e alla giusta accoglienza.
Sottolineano la rilevanza di affiancare al personale medico- infermieristico anche professionisti psicologi e psicoterapeuti. Inoltre ribadiscono l’importanza di garantire adeguati servizi di mediazione linguistico-culturale "al fine di ridurre l’impatto traumatizzante dell’attuale trattenimento a bordo".
"La condizione di fragilità - afferma - nello specifico e secondo quanto dichiarato dai referenti USMAF, viene accertata sulla base di condizioni mediche ed applicando asseriti criteri di scientificità. Non sembrerebbe essere rilevante la condizione psicologica delle persone a bordo, ma anzi essa è ritenuta un elemento di secondo livello quindi di inferiore importanza come attestato dalle dichiarazioni dell'USMAF regionale e dal non coinvolgimento nelle operazioni di colleghi psicologi e psicoterapeuti. In merito - prosegue- il Gruppo di Lavoro in Etnopsicologia e psicologia delle migrazioni istituito presso l’Ordine degli Psicologi della Regione Siciliana ricorda che la popolazione dei migranti in arrivo via mare in Italia presenta una complessa configurazione di fattori di rischio per lo sviluppo di disagio psicologico.
In quanto professionisti della salute mentale, del resto, non possiamo fare a meno di sottolineare che l’attesa dell’assegnazione di un porto sicuro e, in seguito, l’esposizione a procedure mediche volte ad accertare presunte condizioni di vulnerabilità ed il trattenimento a bordo in assenza di fragilità, rappresentano ulteriori fattori di rischio ed hanno un carattere potenzialmente ri-traumatizzante, capace di vulnerabilizzare le persone migranti ed alimentare il loro malessere. Le persone in una simile condizione, infatti, vivono uno stato angosciante di incertezza, sono esposte a barriere linguistiche e sono vittime di lungaggini burocratiche e processi francamente discriminatori. Si tratta - conclude - di questioni che minano il senso di sicurezza percepito delle persone in una condizione in cui, sembra quasi superfluo ricordarlo, sarebbe fondamentale ristabilirlo al più presto