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39 anni fa l’eccidio del capitano Mario D’Aleo: oggi la commemorazione

| Silvio Cancemi | Cronaca varia

Assieme a lui caddero per mano mafiosa l’appuntato Giuseppe Bommarito ed il carabiniere Pietro Morici

MONREALE, 13 giugno – Questa mattina, in occasione del 39° anniversario dell’eccidio, ha avuto luogo, a Palermo e a Monreale, una cerimonia di commemorazione, articolata in due fasi, in onore del capitano Mario D’Aleo, dell’appuntato Giuseppe Bommarito e del carabiniere Pietro Morici, vittime di agguato mafioso nel 1983.

Alle 9:30, in via Cristofaro Scobar a Palermo, luogo dell’assassinio, alla presenza del comandante della Legione Carabinieri “Sicilia”, Generale di Brigata Rosario Castello, del Comandante Provinciale di Palermo, Generale di Brigata Giuseppe De Liso, del Prefetto di Palermo, Giuseppe Forlani, del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e di altre Autorità militari e civili, sono stati resi gli onori ai caduti ed è stata deposta una corona d’alloro.
A seguire, alle 11, in via Venero a Monreale, alla presenza dell’arcivescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, e del sindaco di Monreale, Alberto Arcidiacono, del presidente del Consigloi comunale è stato deposto un cuscino di fiori ai piedi della lapide che ricorda i tre militari dell’Arma.
Alla cerimonia erano presenti i familiari delle vittime. Hanno presenziato anche le delegazioni di Palermo e Monreale dell’Associazione Nazionale Carabinieri.

I tre militari dell’Arma sono stati barbaramente trucidati il 13 giugno del 1983 in via Scobar, mentre l’ufficiale transitava in auto, accompagnato da due militari. Gli autori materiali ed i mandanti mafiosi del delitto sono stati individuati e condannati all'ergastolo.
Il Presidente della Repubblica, il 31 agosto del 1983, ha conferito la “Medaglia d'Oro al Valor Civile alla Memoria” al capitano Mario D’Aleo, all’appuntato Giuseppe Bommarito e al carabiniere Pietro Morici con la seguente motivazione: “Comandante e militari in servizio a Compagnia Carabinieri operante in zona ad alto indice di criminalità organizzata, pur consapevoli dei gravi rischi cui si esponevano, con elevato senso del dovere e sprezzo del pericolo, svolgevano tenacemente opera intesa a contrastare la sfida sempre più minacciosa delle organizzazioni mafiose. Barbaramente trucidati in un proditorio agguato teso con efferata ferocia, sacrificavano la loro giovane vita in difesa dello Stato e delle Istituzioni”.

 

 

· Enzo Ganci · Editoriali

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