La Consulta dice sì: permessi premio ai detenuti all’ergastolo per crimini legati alla mafia

Controverse le reazioni, anche se prevale il senso di disapprovazione

ROMA, 24 ottobre – Non si esclude la possibilità che un detenuto del 41-bis possa accedere ai “permessi premio”, prendendo in considerazione anche i “non pentiti”. Lo ha deciso ieri la Corte la Costituzionale, bocciando una parte dell’articolo 4bis dell’ordinamento penitenziario che disciplina l’ergastolo ostativo. Restano, invece, intoccabili i veti alla libertà anticipata e alle misure alternative al carcere.

Sono stati così accolti i ricorsi presentati in Cassazione, e al tribunale di Perugia, dei mafiosi ergastolani: Pietro Pavone e Sebastiano Cannizzaro. I due non hanno mai collaborato con la giustizia.
È opportuno affermare che la sentenza si allinea con le richieste della Corte europea dei diritti dell’Uomo, ricordando come quest’ultima si è sempre battuta a favore di opportune modifiche per gli ergastoli ostativi nei casi di terrorismo e mafia.
Dura opposizione è stata attuata dal nuovo membro del Csm, Nino Di Matteo, siciliano, figura per antonomasia dell’antimafia, che si è opposto ad oltranza contro la decisione presa dalla Consulta. Lo stesso ha dichiarato di augurarsi che la politica sappia far da freno ad una immediata apertura delle carceri a chi si è macchiato di crimini orrendi legati alla mafia. Tutto questo potrebbe riportare a climi stragisti simili ai sanguinosi anni 90.
Sovvertita l’agenda del ministro della Giustizia Bonafede che ha parlato di “massima priorità”, allargando gli occhi caso per caso, intensificando i lavori presso gli uffici di competenza.

Altri personaggi del mondo politico ed istituzionale hanno espresso i loro pareri, dimostrando grande perplessità a riguardo. Paradossalmente troviamo sulla stessa lunghezza d’onda i commenti di Matteo Salvini (Lega) e del segretario del Pd, Nicola Zingaretti, che parlano entrambi di sentenza “diseducativa, indegna e stravagante”.
All’opposto Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia (in passato, per altre circostanze si rivolse personalmente alla CEDU), si trova d’accordo con la sentenza reputandola legittima. Analizziamo un centro-destra decisamente spaccato sulla questione.
Associazione come “Nessuno tocchi Caino” affermano di trovarsi molto soddisfatti dalla decisione. Dichiarazione molto interessante e strategica è stata rilasciata dall’ex Pm antimafia di Palermo, Alfonso Sabella, il quale suggerisce di non affidare le assegnazioni dei permessi ai singoli giudici, debitamente esposti ma a tribunali di sorveglianza meno inclini a intimidazioni e pressioni personali.
La parola finale viene lasciata al presidente dell’antimafia, Nicola Morra, che parla di una vera e propria sconfitta, reputando il trattamento giudiziario alla mafia su un doppio binario, parallelo con una legislazione del tutto eccezionale.
Le preoccupazioni di fondo sono legate al fatto che i detenuti, coinvolti nella misura possano ricollegarsi alle maglie criminali, dando così manforte al caos che organizzazioni criminali mafiose creano costantemente nei nostri territori, nelle nostre vite.