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“La mafia si nasconde negli ambienti religiosi?”: l'Arcivescovo di Monreale rimarca il confine insormontabile che separa la religione dall'illegalità

“Intollerabile mafia che strumentalizza religione”

CORLEONE, 29 marzo - Ha avuto una grande partecipazione ed una vasta eco la giornata di riflessione in memoria delle vittime della criminalità organizzata, organizzata alla presenza dell'Arcivescovo di Monreale monsignor Michele Pennisi, lo scorso 26 marzo a Corleone. Al centro dei lavori, un convegno dal titolo ‘La mafia si nasconde negli ambienti religiosi?’

La visita pastorale, organizzata dall’Ufficio per la pastorale sociale e del lavoro della diocesi, in sinergia con il “Caffè Teologico” di Corleone, è stata anche l'occasione per sancire la netta posizione della Chiesa, ed in particolare quella di Monreale, contro la criminalità organizzata.

La giornata si è aperta con la celebrazione della Santa Messa nella Chiesa Madre di Corleone alle ore 19, presieduta da monsignor Michele Pennisi, cui ha fatto immediatamente seguito la piantumazione di un albero di melograno, quale “gesto di speranza per un territorio frammentato dalla violenza e dal sopruso ma unito dal cammino comune della ricerca della verità e della giustizia”. In serata poi monsignor Pennisi si è recato presso il Centro Multimediale di piazza Danimarca, dove si è svolto il convegno dal titolo “ La mafia si nasconde negli ambienti religiosi?” che ha visto la partecipazione del magistrato Nicola Aiello e la testimonianza resa da Pino Martinez, uno dei collaboratori più stretti di don Giuseppe Puglisi.

Il filo conduttore del convegno è stato il percorso di rinnovamento intrapreso da papa Francesco nel segno di don Pino Puglisi, ucciso da Cosa Nostra nel 1993, che va avanti ormai deciso, nonostante qualche contraddizione e alcuni inspiegabili silenzi. Lo ha testimoniato la grande partecipazione alla giornata pastorale delle istituzioni così come dei cittadini comuni. Ed a rimarcare il confine insormontabile che separa la religione dall'illegalità è stato ancora una volta l'Arcivescovo di Monreale che a chiare lettere ha sottolineato che “I mafiosi hanno sempre preteso di avere una loro religiosità ma la mafia strumentalizza la religione e rende schiave le persone inserendole in un circolo diabolico dal quale è difficile uscire”.

Assai significativo è stato anche il riconoscimento critico di talune difficoltà incontrate in passato dalla Chiesa siciliana di fronte alla mafia ed ai suoi “asserviti”. Una difficoltà riscontrata soprattutto nell'elaborazione immediata di una risposta adeguata che superasse il livello dell'etica civile, del comune rimando alla giustizia e alla condanna della violenza che stanno alla base di una società ordinata. In definitiva è stato ulteriormente esteso lo spartiacque che separa la mafia dalla Chiesa e sono stati puntati i riflettori sulle peculiarità che contraddistinguono i mafiosi, i quali attraverso alcune manifestazioni pseudo religiose mirano esclusivamente ai propri disegni violenti, alla propria legittimazione popolare e all'acquisizione di consenso sociale.