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Operazione “Vacanze Rumene”: la Guardia di Finanza sequestra beni per oltre 1 milione di euro

| Enzo Ganci | Nera e giudiziaria

23 le persone collegate alla famiglia mafiosa dei Graziano del mandamento di Resuttana

PALERMO, 12 giugno - Stamattina, i militari della Guardia di Finanza hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misure cautelari reali, nei confronti di 23 persone, ritenute responsabili a vario titolo dei delitti di riciclaggio, autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori.

Il fulcro delle indagini è costituito dalle attività illecite riferibili a Francesco Graziano, esponente dell’omonima famiglia mafiosa palermitana, figlio di Vincenzo, attualmente sottoposto al regime del carcere duro per aver ricoperto il ruolo di capo della famiglia dell’Acquasanta e “reggente” del mandamento di Resuttana.L'uomo, già raggiunto da diverse sentenze di condanna, si trova tuttora detenuto.

Le indagini hanno permesso di svelare la rete di connivenze attraverso cui sono state realizzate numerose operazioni di riciclaggio allo scopo di consentire a Francesco Graziano di rientrare in possesso di somme di denaro derivanti da attività economiche, nonché dalla cessione di beni immobili intestati a soggetti “prestanome”. Tali somme sono state investite in Romania attraverso la costituzione di una società di diritto locale, il cui rappresentante legale è un dipendente del comune di Palermo, che si prestava a fare da intermediario tra l'esponente della famiglia mafiosa e gli altri soggetti coinvolti nelle operazioni di riciclaggio. In tale contesto, le indagini hanno consentito di riscontrare che gli investimenti all’estero sono stati finanziati attraverso risorse attinte dalle casse di una società formalmente rappresentata da un avvocato del Foro di Palermo (deceduto), ma di fatto riconducibile alla stessa famiglia mafiosa, che ha così reimpiegato introiti di provenienza illecita, al fine di sottrarli all’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali.

 

Inoltre, è stato accertato che ulteriori somme di denaro investite all’estero sono state attinte dal ricavato della vendita di un appartamento formalmente intestato a un soggetto prestanome, ma di fatto rientrante nella disponibilità della medesima famiglia mafiosa. Le indagini tecniche e gli accertamenti bancari svolti sul conto del prestanome e dei suoi familiari hanno consentito di riscontrare che una parte dei proventi derivanti della cessione dell’immobile è stata trasferita a due società riconducibili ad un imprenditore siciliano che, attraverso la stipula di contratti aventi ad oggetto compravendite fittizie, ha retrocesso le somme in questione alla stessa famiglia mafiosa.

Le misure cautelari costituiscono, quindi, l’esito di complesse indagini condotte dalla Guardia di Finanza, mediante attività tecniche e complessi accertamenti finanziari e patrimoniali, supportati da riscontri documentali acquisiti nel corso dell’attività di polizia giudiziaria. Il valore complessivo dei beni per i quali il Gip del Tribunale di Palermo con l'ordinanza emessa su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia sezione territoriale di Palermo, ha disposto il sequestro è di circa un milione di euro, costituiti da somme di denaro depositate sui conti correnti riconducibili agli indagati e da numerosi immobili ubicati a Palermo e provincia. L’indagine conclusa testimonia ancora una volta la fondamentale importanza del sistema di prevenzione antiriciclaggio ed in particolare della necessità di una sistematica collaborazione tra organismi investigativi e tutte le categorie professionali chiamate per legge a fornire il loro prezioso contributo, tra cui i professionisti che - in ragione della peculiare attività svolta quotidianamente in stretto contatto con i clienti - sono in grado di individuare quei profili di anomalia sotto un profilo soggettivo o oggettivo, utili per elaborare e trasmettere mirate ed efficaci segnalazioni di operazioni sospette. Tali segnalazioni possono diventare infatti un efficace input informativo per prevenire e reprimere determinate illecite attività e, comunque, per individuare e ricostruire fondi di origine illecita, sospette acquisizioni societarie, simulati atti di compravendita, acquisti di beni di lusso sproporzionati al reddito effettivo, o altre situazioni di fatto sintomatiche di attività illecite e collegamenti con organizzazioni criminali che operano anche in forma organizzata.

 

Sotto questo aspetto in Sicilia il livello di collaborazione offre margini di miglioramento se si considera che, lo scorso anno, il dato regionale fa registrare complessivamente 4.900 segnalazioni di operazioni sospette, di cui 4.663 (oltre il 95%) pervenute dai canali bancari e finanziari, 134 (il 2,7%) dagli altri operatori non finanziari e 102 (ovvero il 2%) sono le segnalazioni effettuate dai professionisti (notai, commercialisti ed avvocati).



 

· Enzo Ganci · Editoriali

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