Il film è ambientato in Manciuria, vastissima terra tra Corea, Cina, Russia, Mongolia e Giappone. La sua collocazione geografica fortemente strategica ha reso la Manciuria una sorta di esplosivo "pomo della discordia" tra tutti questi paesi. Intorno al 1930 il Giappone è arrivato persino a creare al suo interno uno stato autonomo. Sono gli anni in cui è collocato cronologicamente il film, impersonato principalmente da coreani, altra popolazione che ha molto risentito di invasioni nel corso della storia, soprattutto da parte dei giapponesi.
Il killer Chang-yi, il "cattivo" (Byung-hun Lee) viene assoldato per sottrarre una mappa ad un banchiere giapponese che si sta spostando in treno. Esattamente per lo stesso scopo il cacciatore di taglie Do-won, il "buono" (Jung Woo-sung) viene reclutato dall'esercito giapponese; ma i due dovranno vedersela con lo squinternato Tae-gu, il "matto" (Song Kang-ho) che riesce per primo ad accaparrarsi la mappa dopo un rocambolesco assalto al treno in cui i tre si incrociano per pochi, ma fatali istanti.
L'omaggio al grande Sergio Leone, in questo scoppiettante quanto virtuosistico spaghetti-western firmato Kim Ji-Woon è praticamente assente, se non nel titolo e nella sommaria definizione dei caratteri; ma direi che la scelta di ammiccare a Leone per muoversi poi in tutt'altra direzione (come spiegheremo più avanti) è coerente con lo sguardo estremamente schizofrenico e divertito del regista e con la sua pirotecnica verve.
La vertiginosa, indimenticabile sequenza iniziale del film, che sfoggia titoli di testa tra i più belli che io abbia mai visto, introduce subito allo spirito nonchè al senso della pellicola, che va letta come un inno alla velocità e alla leggerezza. Quei titoli, con l'aquila che sorvola i binari fino ad accaparrarsi una carcassa un istante prima che passi il treno, ci introducono in un universo in cui vengono violate (e difese) tanto le regole dell'onore, secondo la più classica delle tradizioni western, quanto quelle della... gravità, e qui il riferimento più lampante - non vi sembri un azzardo - sono i cartoon della Warner Bros! Il buono, il matto, il cattivo infatti è una sorta di esplosivo cocktail dove gli ingredienti, inizialmente nascosti, si fanno sentire con tutta la loro forza e la loro mirabolante eterogeneità solo durante l'assimilazione. Sorso dopo sorso, il risultato è un senso di stordimento che fa a pugni non solo con la nostra soglia dell'incredulità, ma anche con le aspettative leoniane subito disattese: nessun lungo silenzio dunque e il tempo della narrazione, invece di dilatarsi per accogliere le gesta dei cowboy orientali, si contrare e diviene sincopato, trasformando gli stessi in personaggi alla Willy E. Coyote o Bugs Bunny.
Lo spazio scenico asseconda le contrazioni/dilatazioni della folle sceneggiatura e si fa ora aperto, ora luogo claustrofobico in cui tutto, ma proprio tutto può accadere. Gli scontri a fuoco citano e superano un altro mito del cinema, stavolta contemporaneo, ovvero John Woo, grazie a una cura ai limiti dell'esasperazione di ogni movimento di attori e controfigure, di ogni minimo spostamento della MdP. La fotografia è sfavillante e passa sapientemente dai grigio polvere degli esterni all'esplosione multicolore degli interni; notevole infine la prova dei tre caratteri principali, su tutti il "matto" Kang-ho che mi ha ricordato tantissimo il primo Takeshi Kitano, quando ancora faceva l'attore comico. Per la sua adorabile follia e per la resa "bidimensionale" da cartoon di situazioni e personaggi, l'operazione di Kim Ji-Woon mi ha anche ricordato un altro grande autore orientale dei giorni nostri: Stephen Chow che con il suo Kung-fu Hustle ha saputo fare con il genere kung-fu movie quello che Ji-Woon ha fatto con il western. Infine non posso non citare l'incredibile scena dell'inseguimento e quell'entrata in campo del "buono" a cavallo sulle note di Don't let me be misunderstood (già usata da Quentin Tarnatino nel suo Kill Bill) che da sola vale il prezzo del biglietto.
Correte a vederlo, non vi deluderà statene certi.
GIUDIZIO: 8,5/10
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Trailer
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Scheda del film:
Titolo originale: Joheun nom, nabbeun nom, isanghan nom
Lingua originale: coreano
Paese: Corea del Sud
Anno: 2008
Durata: 139 min/Colore
Genere: western
Regia: Kim Ji-Woon
Sceneggiatura: Kim Ji-Woon, Kim Min-suk
Produttore: Choi Jae-won, Kim Ji-Woon, Kim Joo-sung (produttore associato), Joon H. Choi (coproduttore), Lee Sang-yong(coproduttore), Seo Woo-sik (coproduttore), Kim Jung-hwa (coproduttore)
Produttore esecutivo: Miky Lee
Casa di produzione: Barunson, Grimm Pictures
Distribuzione (Italia): Tucker Film
Fotografia: Lee Mogae
Montaggio: Nam Na-young
Effetti speciali: Jung Do-ahn, Lee Hee-kyoung
Musiche: Dalparan, Jang Young-gyu
Scenografia: Cho Hwa-sung, Han Ji-hyoung
Costumi: Kwon Yoo-jin, Choi Eui-Young
Trucco: Kim Seo-young
Interpreti e personaggi:
Song Kang-ho: Yoon Tae-goo, il matto
Byung-hun Lee: Park Chang-yi, il cattivo
Jung Woo-sung: Park Do-won, il buono
Yoon Jae-moon: Byuong-choon
Ryu Seung-soo: Man-gil
Premi:
2009 Asian Film Awards
Miglior attore non protagonista - Jung Woo-sung
2008 Sitges - Festival internazionale del cinema della Catalogna
Miglior regista - Kim Ji-woon
Migliori effetti speciali - Do-Ahn Jung
2008 29º Blue Dragon Film Awards
Miglior regista - Kim Ji-woon
Film più popolare
Miglior fotografia - Lee Mo-gae
Miglior scenografia - Jo Hwa-seong
2008 Hawaii International Film Festival
Maverick Award - Kim Ji-woon
Miglior attore non protagonista - Jung Woo-sung
2008 Asia Pacific Screen Awards
Miglior fotografia - Lee Mogae
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