Film di genere biografico-drammatico del 2020, durata 129 minuti, diretto da Clint Eastwood, prodotto da Malpaso Productions e Appian Way Productions, distribuito da Warner Bros., con Paul Walter Hauser, Olivia Wilde, Sam Rockwell, Kathy Bates e Jon Hamm. A 12 anni dalla scomparsa, Clint Eastwood – insieme allo sceneggiatore Billy Ray e con la fotografia di Yves Belanger – racconta al pubblico la storia di Richard Jewell, l’uomo che salvò numerose vite durante l’attentato avvenuto nel 1996 ai giochi olimpici di Atlanta, in Georgia, e che da eroe divenne il capro espiatorio della vicenda, subendo un lungo processato mediatico, attraverso le musiche di Arturo Sandoval e alla scenografia di Kevin Ishioka.
Richard Jewell – interpretato da Paul Walter Hauser – è un uomo diabetico e in sovrappeso, coi baffi e un acuto senso patriottico, che passa il tempo libero tra le esercitazioni di tiro con il fucile al poligono e la pistola di Turkey Shoot della sala giochi, prima di tornare a casa, dove ad attenderlo è la mamma – Kathy Bates, la signora Molly Brown in Titanic (J. Cameron, 1997) – e alla sera leggere il codice penale. Così devoto alla “legge dell’ordine” che, durante l’esperienza lavorativa nella sorveglianza del Campus di Demorest, viene richiamato dal preside, per poi essere licenziato a causa del suo operato al di fuori della giurisdizione dell’ateneo.
Divenuto un agente di sicurezza per l’AT&T, sarà impegnato a svolgere un lavoro di sorveglianza durante le Olimpiadi di Atlanta del 1996, oltre che ad aiutare gli operatori della manifestazione e a distribuire bevande agli agenti di polizia e alle donne in gravidanza, durante i concerti al Centennial Park dei Los del Rìo e dei Jack Mack and the Heart Attack, tra l’entusiasmo del pubblico e di chi è alla ricerca di valide notizie di cronaca. Dopo aver richiamato all’ordine un gruppo di ragazzini ubriachi, diletti a scaraventare bottiglie di vetro, noterà uno zaino sospetto sotto una panchina, in prossimità della torre di regia, chiedendo insistentemente agli agenti di polizia presenti di convocare gli artificieri – gli unici a conoscere il protocollo da seguire – mentre da un telefono pubblico qualcuno avverte la stazione di Polizia la presenza di un esplosivo presente in quella zona.
“Oh, cavolo. Ce lo hanno detto all’addestramento: ‘se vedete un artificiere sbiancare, correte’.”
“Abbiamo 3 tubi bomba là dentro molto grossi, dobbiamo liberare subito un perimetro di 30 metri.”
“Avete una coperta antiesplosione?”
“La squadra arriverà in 20 minuti!”
“Richard, non ti romperò più le palle su niente da ora in poi!”
Le urla di Richard, intento ad evacuare un raggio rilevante di superficie, verranno contrastate in modo cruento dalla voce dell’esplosione, echeggiante sui i timpani dei presenti, attoniti e terrorizzati, se non feriti, mentre agenti della GBI, dell’ATF e dell’FBI discutono su chi dovrà occuparsi del caso. Tuttavia, gli occhi vigili di Jewell, gli permetteranno di guadagnarsi la prima pagina dei notiziari, soprannominato in un primo momento “l’Eroe di Atlanta” per aver individuato lo zaino con all’interno l’esplosivo che avrebbe causato decine di morti, suscitando l’interesse degli scrittori statunitensi, dei giornalisti e riscuotendo apprezzamenti dai poliziotti e dagli atleti, prima di essere catapultato al centro di un processo mediatico con l’appellativo di “falso Eroe”, in riferimento al boicottaggio politico verificatosi durante i Giochi olimpici del 1984.
“Ci sono molti indizi allarmanti e quello che l’agente Shaw ha scoperto su di lui coincide con questo profilo.”
“Tu condividi Tom?”
“Sì signore.”
Se in un primo momento, Richard, chiamerà un suo vecchio amico per una consulenza sulla pubblicazione del suo libro, questi, verrà interpellato successivamente come legale per tutelare chi, rispettoso della legge e aspirante poliziotto, verrà coinvolto dalle indagini dell’FBI, con l’accusa di essere stato l’artefice dell’attentato, per guadagnarsi una divisa delle forze di Polizia americane: un profilo, quello di Jewell, che coincide perfettamente con quello di un uomo bianco, frustrato, che è stato nelle forze di Polizia oppure in un corpo militare o, ancora meglio, un poliziotto mancato che sogna da sempre di essere un eroe.
“Hai firmato qualcosa? Confessato qualcosa?”
“No, ovviamente. Non sono stato io.”
“Va bene, ascoltami attentamente. Non dire assolutamente niente a nessuno, hai capito? Ti tiro fuori da lì. Fammi parlare con l’agente del Comando.”
“Vuole parlare con Lei.”
“Sono l’agente Shaw.”
“Il vostro interrogatorio è finito! Non un’altra parola, è chiaro?”
Giornalisti appostati sotto casa e perquisizioni all’interno del suo appartamento. Una strada tutta in salita quella che dovrà percorrere Richard, insieme al suo avvocato, quando vengono a galla alcuni precedenti negativi dell’aspirante agente di Polizia, aggravati dalla detenzione di un vero e proprio arsenale presente nella sua abitazione. E se lo sprinter Michael Johnson conquista l’oro sui 200 metri, lo stesso non si può dire per Jewell e il suo possibile rapido spostamento dal Centennial Park al telefono pubblico, mentre le indagini lo costringono a sottoporsi al prelievo dei capelli, delle impronte digitali e al test del poligrafo, lungo un calvario di umiliazioni.
“Il governo degli Stati Uniti e i media: nelle ultime 4 settimane, queste potenti forze si sono alleate per rendere la loro esistenza un inferno in Terra. Mentre vi sto parlando continuano ad opprimere lei e il suo unico figlio. Vi presento Barbara Jewell, la 113a vittima del Centennial Park!”
Partendo da un fatto di cronaca, il regista, racconta attraverso la sua opera la storia di un uomo comune costretto, dopo esser stato definito un eroe, a difendersi dalle accuse illegittime da parte di un sistema marcio, portando sotto i riflettori il cattivo circuito massmediatico statunitense e, al contempo, tutelando la memoria di chi, attraverso il suo credo, ha tentato di servire al meglio la propria Nazione, spogliato dalle vesti della sua libertà mentre osserva indifeso il proprio nemico guardando oltre le aste orizzontali delle veneziane poste dinanzi alle finestre di casa sua, per filtrare la cattiva luce dei riflettori mediatici che lo hanno reso protagonista di un capitolo nero della storia dell’informazione, prima di riuscire a coronare il proprio sogno.
“Avete trovato qualcosa di valido contro di me? Voglio dire, delle prove? Delle tracce di una qualunque cosa nei tupperware di mia madre? O del materiale per fabbricare bombe nell’appartamento?
Io entro qui e guardo quella… decalcomania rotonda, lì, sulle vostre finestre e penso, o almeno pensavo, che diventare un agente federale fosse la missione più alta a cui si potesse aspirare. Ora però non sono più sicuro di pensarla così. Non dopo tutto questo.
Ho fatto il mio lavoro quella sera e delle persone sono vive grazie a questo. Ma, voi pensate che la prossima volta che una guardia della sicurezza vedrà un pacco sospetto… voi pensate che lo segnalerà? Io non credo,perché lo guarderà e subito penserà ‘non voglio diventare un altro Richard Jewell, perciò scapperò e basta’ e nessuno si sentirà più al sicuro.
Potete pure continuare a seguirmi, a fare quello che state facendo, lo capisco. Ma io so che ogni secondo che passate dietro me è un secondo che non passate dietro al vero colpevole e, come ha detto Watson, ‘cosa succederà quando lo rifarà?’.
Beh, allora: avete qualcosa per potermi ritenere colpevole?”
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