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Pinocchio (2019)

| Domenico Prestifilippo | Andiamo al cinema

 Film di genere fantasy-avventura del 2019, durata 120 minuti, diretto da Matteo Garrone, prodotto da Archimede con Rai Cinema e Le Pacte, in associazione con Recorded Picture Company e Leone Film Group, distribuito da 01 Distribution, con Roberto Benigni, Federico Ielapi, Marine Vacht, Gigi Proietti, Massimo Ceccherini e Rocco Papaleo. Pinocchio, Geppetto, la Fata Turchina e il Grillo Parlante: i personaggi ideati dal giornalista fiorentino Carlo Collodi – Carlo Lorenzini – nel romanzo Le avventure di Pinocchio, tornano sulla quarta parete per raccontare, alle nuove generazioni, la fiaba del burattino di legno in chiave tradizionale, senza discostarsi dal testo originale, riadattando cinematograficamente la scenografia e i costumi, mantenendo il dialetto fiorentino – con l’introduzione del napoletano e del siciliano – attraverso la fotografia di Nicolaj Bruel, mescolando paesaggi rustici con atmosfere fantasy, che si alternano a tratti con il genere horror.

Una bottega, un mastro falegname – Roberto Benigni – e il suono del martello che colpisce la testa di uno scalpello, per estrarre cocci di formaggio dalla crosta durissima come un pezzo di legno. La povertà, la fame, uno  stato sociale di indigenza: è questo il messaggio che trasmette la pellicola sin dall’inizio.

Geppetto, abile artigiano, cerca disperatamente di ricavare in tutti i modi qualche moneta, attraverso un sopralluogo all’interno di un’osteria, tentando di convincere l’oste che parte dell’arredo e della porta d’ingresso, avrebbero bisogno di manutenzione.
Ti porto qualcosa?
No, io niente. Sono entrato per riscaldarmi.

All’improvviso la svolta. In Paese, una nomade compagnia di marionette, bandendo con un megafono lo spettacolo in programma, cerca dei nuovi burattini. È qui che il falegname, privo di ogni materia prima, chiede al collega Mastro Ciliegia – dopo aver spiato all’interno della carrozza contenente i burattini della compagnia – un tronco di legno, al fine di rivenderlo ai burattinai.
Ciliegia! Che ci fate lì a terra?
Niente. Dite, dite.
Avevo pensato di fabbricarmi, proprio da me, un burattino.
Geppetto, da me che volete?
Avevo bisogno di un pezzo di legno, perché per adesso un c’ho nulla.

Un’altra volta il suono del martello ma, stavolta, ad essere scolpito, non sarà la crosta della ruota di formaggio indurita: da un ceppo animato, donato dal collega Ciliegia, Geppetto modella il suo burattino in un’atmosfera michelangiolesca come quando, il Buonarroti, estrasse dalla pietra il Mosè per la tomba funebre di papa Giulio II Della Rovere, così perfetto, così reale, ma senza favellare.
Mi senti Pinocchio? Mi senti? Dai Pinocchio, di’ qualcosa. Muovi la bocca al tuo Babbo. Di’ Babbo.
Babbo!
M’è nato un figlio, c’ho un figliolo. So’ diventato Babbo!

Un abito ricavato dal tessuto della coperta per garantirgli un vestito, un giubbetto e una giacca barattati per un abbecedario al posto di qualche moneta richiesta dal libraio Cecconi e, neanche il tempo di insegnargli a camminare che Pinocchio – Federico Ielapi – fugge via, lasciando Geppetto alla disperazione, nonostante la morale di un Grillo Parlante – Davide Marotta – meno presente in questa pellicola rispetto alla celebre opera animata, ispirata al romanzo di Collodi (Walt Disney, 1940).
Guai a chi disobbedisce ai loro genitori.

Da questo momento, come ogni adolescente, Pinocchio, a causa della sua ingenuità e della sua testardaggine, darà inizio ad una serie di scelte che lo vedranno protagonista di spiacevoli vicissitudini. Con le 4 monete guadagnate rivendendo l’abbecedario al libraio Cecconi, riuscirà ad assistere allo spettacolo dei Burattini facendosi notare dai “fratelli di legno” tra il pubblico e da Mangiafuoco che, dopo averlo catturato, quasi sacrificato, gli regalerà 5 zecchini d’oro da portare a Geppetto.
“Pinocchio, che mestiere fa il tuo Babbo?”
È povero.
Guadagna molto?
Guadagna così tanto che non c’ha un soldo!
Ah, è povero, povero, povero.

Nuove insidie, però, lo attendono sulla strada di ritorno. Il Gatto e la Volpe – interpretati da Rocco Papaleo e da Massimo Ceccherini, i quali alleggeriranno con la loro impronta comica la drammaticità del racconto – riusciranno ad abbindolare il giovane Burattino attraverso delle storielle, convincendolo a piantare gli zecchini d’oro, sul fertile terreno del campo dei Miracoli, inducendolo ad una trappola, finendo con il collo legato da un nodo scorsoio appeso su un albero.
Scusate, sapete dov’è il mio Babbo?
Si sta pescando, vai via.
Che peccato, gli devo dare questi 5 zecchini d’oro.

In soccorso, interverrà più volte la Fata Turchina – prima amica e sorella, compagna di giochi, poi madre responsabile – la quale cercherà di curarlo e di indirizzarlo sulla retta via convincendolo, invano, ad andare a scuola, dove farà amicizia col terribile Lucignolo che lo porterà nuovamente sulla cattiva strada, fino al paese dei Balocchi.
E dimmi, non c’era nessuno che ti ha detto di stare attento, di ascoltarlo?
No! Io non ho visto nessuno. Ma che sta facendo il mio naso?
Niente, hai detto un po’ di bugie e adesso ti sta allungando: attento dove lo punti!

Da lì, diventato ciuco, sarà venduto ad una carovana circense come attrazione e, azzoppato, verrà gettato in mare legato con una fune ad un masso. Una volta inghiottito dal Pescecane, riuscirà a congiungersi nuovamente col suo Babbo che, vittima come lui dell’animale marino – in seguito alla disperata ricerca del suo figliolo – è sopravvissuto all’interno dello stomaco cibandosi con i pesci, realizzando una confortevole dimora all’interno grazie ai pezzi di scarto ingoiati insieme al cibo nel mare inquinato. Lo stesso Pinocchio riuscirà a convincere il padre – felice e appagato dalla sua nuova vita all’interno dello stomaco  quanto il povero Charlot in Modern Time (C. Chaplin, 1936) il quale, recluso all’interno del penitenziario, godeva di acqua e cibo – riuscendo a fuggire dalla bocca del mostro acquatico con l’aiuto dell’amico Tonno.

Matteo Garrone, omaggiando lo sceneggiato dei 5 episodi de Le avventure di Pinocchio (L. Comencini, 1972), debella gli effetti speciali mantenendo un’identità cinematografica del tutto artigianale allontanandosi, nonostante la presenza di Roberto Benigni, dalla pellicola Pinocchio diretta e interpretata dallo stesso premio Oscar toscano, riproponendo fedelmente i passaggi del romanzo collodiano, rispettando tutti i personaggi proposti dallo scrittore, interpretati magistralmente dall’intero cast. Tante le tematiche evidenziate nell’opera da Garrone: dalla povertà sociale che dal primo istante tende a sensibilizzare e a turbare lo spettatore, al senso di responsabilità genitoriale di un padre che, attraverso i sacrifici, cerca in tutti i modi di garantire un futuro roseo ai propri figli in quanto, come ceppi di pino in tenera età, necessitano di essere scolpiti e modellati secondo sani e nobili principi, in un paese dove la giustizia – personificata da uno dei tanti personaggi antropomorfi – assolve i criminali e arresta gli innocenti.
Pinocchio, io lo sapevo che hai un cuore buono e ti perdono tutti i guai che hai combinato. Sii giudizioso e diventerai un bambino felice.

 


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· Enzo Ganci · Editoriali

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