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JOKER (2019)

| Domenico Prestifilippo | Andiamo al cinema

Film di genere thriller-drammatico del 2019, durata 122 minuti, diretto da Todd PHILLIPS, prodotto da DC Comics, DC Entertainment, Joint Efforte e distribuito da Warner Bros Italia, con Joaquin Phoenix e Robert De Niro.
Ambientato nell’immaginaria Gotham City degli anni ottanta, ispirata alla spregevole New York di Taxi Driver (M. Scorsese, 1976), la pellicola è incentrata sull’inedita genesi della nascita del “villain” per antonomasia, Joker, diverso da quello interpretato da Heath Ledger ne Il Cavaliere Oscuro (Christopher Nolan, 2008): stesso personaggio, entrambi pagliacci dello stesso circo – il mondo reale – ma, allo stesso tempo, con tonalità differenti.

 

L’opera, sin dal principio, tende a manifestare la propria identità attraverso la violenza, quasi ad omaggiare la kubrickiana Arancia Meccanica del ’71.

Arthur Fleck – interpretato magistralmente da Joaquin Phoenix, il Commodo de Il Gladiatore (Ridley Scott, 2000) – ha cucito sulla propria pelle il costume da pagliaccio per guadagnarsi da vivere e per svolgere attività sociali, come la clown-therapy nei reparti di oncologia pediatrica, inseguendo il suo sogno: quello di diventare un attore comico, appuntando quotidianamente pensieri e battute su un taccuino e magari, un giorno, esibirsi nello show del suo idolo, Murray Franklin – Robert De Niro -, in un periodo storico ben preciso, condizionato dalla teledipendenza.

“Mia madre, mi diceva sempre, di sorridere e mettere una faccia felice. Mi diceva che ho uno scopo, portare risate e gioia nel mondo.”

L’antagonista di Batman, affetto da un disturbo che gli causa repentini e ingestibili eccessi di ilarità, fino a soffocarsi, tenta di integrarsi all’interno di una società, devastata dalle rivolte sociali e dalla lotta di classe, che lo ha sputato ancor prima di ingoiarlo, in un contesto che nega agli emarginati le possibilità di aiuto da parte delle istituzioni, a causa di tematiche attuali quali il taglio dei fondi alla Pubblica Sanità, rompendo, in questo caso, il limite tra la quarta parete e la realtà.
Questo angoscioso stato di depressione e di abbandono, tra bugie, crudeltà subite, delusioni e sogni infranti, porterà Arthur a maturare una prima mutazione, davanti ad uno specchio, recitando un copione instantaneo, celebrando il deniriano Travis Bickle in Taxi Driver.

È qui che inizia la spirale di declino del protagonista, attraverso la discesa agli Inferi di Arthur Fleck per l’unico errore commesso nella sua vita, quello di essere nato e, contemporaneamente, l’ascesa di Joker, su una lunga una rampa di scale simile a quella adiacente a villa McNeil de L’Esorcista (William Friedkin, 1973), con un abito che conserva il concept del “clown” di Jack Nicholson in Batman (Tim Burton, 1989), una capigliatura fedele a quella di Heath Ledger, il trucco ispirato a quello del serial killer statunitense John Wayne Gacy, improvvisando un ballo sulle note di Rock and Roll part 2 di Gary Glitter, mentre fuma una sigaretta richiamando l’attitudine del Gep Gambardella di Tony Servillo ne La Grande Bellezza (Paolo Sorrentino, 2013).

“Io pensavo che la mia vita fosse una tragedia, ma ora capisco che è una cazzo di commedia.”

 


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· Enzo Ganci · Editoriali

MONREALE, 15 settembre – Presentiamo oggi la nuova veste grafica di Monreale News, il nostro quotidiano, al quale diamo un nuovo look, un nuovo aspetto.

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