Antonio Modica, un poeta (purtroppo) dimenticato

Impossibile disporre di una sua immagine. Ne rinnoviamo il ricordo

MONREALE, 15 agosto - Antonio Modica nasce a Monreale il 21 novembre 1761, mentre l'arcidiocesi è sotto la prestigiosa guida di monsignor Francesco Testa, definito dallo studioso Nicola Giordano "uno dei più colti prelati ed illustri storici del XVIII secolo".

Di Antonio Modica, purtroppo, è quasi impossibile avere un'immagine. Da giovanissimo fa ingresso al Seminario arcivescovile (che proprio a quel tempo viveva la propria "epoca d'oro"), dove compie gli studi sotto la guida di autorevoli maestri quali Vincenzo Fleres e Francesco Murena. Diviene quindi sacerdote e gli viene affidato l'incarico di insegnante di retorica ai novizi del monastero di San Martino delle Scale: ed è proprio qui che ha il Modica l'occasione di conoscere il palermitano Giovanni Meli (1740-1815), il quale - oltre a svolgere la professione medica - è stato un valente poeta di fama nazionale, apprezzato fra gli altri da Vittorio Alfieri, Ugo Foscolo e Niccolò Tommaseo.

Oltre che un devoto amico, diviene ben presto un fervido ammiratore del Meli, al cui giudizio Antonio Modica era solito sottoporre le liriche che componeva, ricevendo dal "maestro" costante incoraggiamento e prezioso stimolo per la propria creatività poetica. Nel 1784 l'Accademia degli Studi di Palermo assegna al Meli la cattedra di chimica: per seguirlo, decide di abbandonare le funzioni di docente svolte nel complesso abbaziale di San Martino delle Scale per intraprendere nel capoluogo gli studi universitari, al fine di diventare anch'egli medico.

Avendo già acquisito una considerevole notorietà nel campo letterario, a Palermo entra a far parte come socio della prestigiosa Accademia della Poesia Siciliana (la cui fondazione risale al 1745), con lo pseudonimo di "Dameta". Sono questi gli anni in cui Antonio Modica si afferma in tutta la Sicilia come poeta dialettale di primo livello, esercitando nel contempo, con passione e dedizione, l'attività medica nella propria cittadina natale, dove torna a risiedere dopo aver acquistato una villa all'interno dell'abitato. Entra in rapporti di fraterna amicizia con l'arcivescovo monsignor Benedetto Balsamo, che non gli fa mancare attestazioni di stima e di ammirazione.

Nella vasta produzione artistica del Modica troviamo idilli, sonetti, sestine, ottave, anacreontiche e vari canti lirici in lingua siciliana; per commemorare la figura dell'amico e maestro Meli - conosciuto come "abate", nonostante in realtà non fu mai prete - gli dedica la lunga composizione "Idilliu in morti di l'Abati Giuvanni Meli". La sua scomparsa avviene l'11 giugno del 1819: viene sepolto all'interno dell'antica chiesa di San Pietro, assurdamente demolita nel 1952 per far posto alla costruzione della "Sala della Pace".

 

Ecco un piccolo (ma emblematico) esempio della sua limpida vena poetica:

Chi si liggìa dintra la villa di l'Auturi
Quantu semu di gustu diffirenti:
ama la guerra bravu cumannanti;
un prilatu a lu so sògghiu stà cuntenti;
godi un patruni a lu cafè; un mircanti
curri a la loggia pri 'mbrugghiari genti;
domìniu cerchi tu, nautru l'amanti;
iu ridu sutta st'umbri allegramenti
pensannu quant'è l'omu stravaganti.