Scomparso prematuramente all’età di cinquant’anni, è stato un grande artista
MONREALE, 5 settembre – Una vecchia foto ingiallita dal tempo, appesa al muro di quello che un tempo era il ritrovo di tanti amanti del cibo di strada, in via Soldano, ritrae un gruppo di giocatori in posa per la consueta foto di squadra prima del fischio d’inizio partita.
Incuriosito mi avvicino e chiedo chi fossero i giocatori. Il signor Scebba mi elenca alcuni giocatori di quell’epoca e tra i nomi indica il giovane monrealese Antonino Nacci (Monreale 1938 – Sciacca 1989), l’artista che ho sempre ammirato, di cui ho apprezzato le opere donate dai familiari ed esposte alla Civica Galleria “Giuseppe Sciortino” a Monreale.
Antonino Nacci è stato un artista dalla ricerca rigorosa e meditata, una presenza discreta e poco indagata nel sistema dell’arte. Monrealese di nascita, si stabilisce a Sciacca dove ha svolto l’attività di docenza e di artista.
Un pomeriggio di primavera incontro l’amico Franco Panella, artista di raffinato talento ed estimatore delle opere di Nacci, racconto dell’episodio del “ritrovamento” delle foto e della mia curiosità di conoscere la storia calcistica, di un giovane monrealese che lasciato la sua città natale per trasferirsi a Sciacca e intraprendere l’attività di docente, dove raggiunse eccelsi traguardi in ambito artistico.
Franco mi fornisce i contatti dei familiari e mi incoraggia a scrivere un amarcord sul noto artista nostro concittadino, di cui andare fieri, cosa molto apprezzata sia dal figlio Andrea, sia dalla moglie Enza, persone dotate di grande disponibilità e gentilezza.
Scrivere di Antonino Nacci è sempre emozionante, l’artista scomparso prematuramente all’età di 50 anni, oltre a essere un grande artista è stato un bravo sportivo, giocatore di calcio e amante del mare e della pesca, sua passione insieme alla cucina.
Lo sanno bene coloro che l’hanno conosciuto e ammirato. Tra questi un testimone d’eccezione: Sergio Mammina che ne traccia un profilo molto particolare, assistendo a una partita di calcio alla Ranteria.
“Alla fine degli anni ‘60, a Monreale, chi praticava il calcio doveva farlo sul pericolosissimo campo della Ranteria (oggi ex campi da tennis) adagiato sul precipizio. In quel luogo Antonino Nacci coltivava la sua seconda passione: quella per il pallone. Ho assistito (con disinteresse per l’aspetto agonistico) a una partita nella quale Antonino, indossando una divisa giallo-rossa e con il bell’aspetto da credibile oriundo brasiliano, correva, zigzagando con i suoi compagni in verso opposto a quello di altre divise, sulle quali prevaleva il verde.
Mi divertivo (quasi da spettatore neo-futurista) a immaginare le forme che quei colori in corsa disegnavano e percepivo quelle “disegnate” da Tonino come le più belle, probabilmente perché ne conoscevo il talento d’artista”.
Talento d’artista, una categoria di giudizio, che ben si presta per definire il nostro Tonino, come affettuosamente lo chiamava l’amico Sergio Mammina.
Di Nacci artista si sono occupati, numerosi critici d’arte, oltre allo stesso Sergio Mammina, e le sue opere sono visibili sul sito curato amorevolmente dal figlio Andrea e al MAC - Museo d’Arte Contemporanea “Ludovico Corrao” - di Gibellina in provincia di Trapani recentemente inaugurato; né questo ricordo ha l’intenzione di aggiungere nulla a quanto scritto da eminenti e qualificati critici e studiosi, vuole semmai rendere omaggio a un giovane monrealese che si è distinto tra i tanti giocatori di calcio di un’epoca ormai lontana, di un calcio d’altri tempi.
Nacci ha praticato diverse discipline, dal pugilato in forma amatoriale alla pesca, ma il calcio è sicuramente lo sport che più ha amato.
Di questa sua passione giovanile, ne parla il suo amico di sempre Salvino Fedele, per tanti il maestro Fedele, noto allenatore di tante generazioni di monrealesi e non solo - da me incontrato su indicazione della signora Enza Sciortino moglie del nostro Antonino Nacci - che insieme a Nacci e ad altri monrealesi quali Antonino Scebba e Salvino Cimino, per citarne alcuni difendeva da portiere le maglie di alcune importanti squadre, quali Tommaso Natale e Carini.
Il maestro Fedele è una persona affabile e stimata da tutti, in meno di un’ora non si contano i tanti saluti ricevuti, davanti a un caffè e le antiche mura del monumento normanno mi ha raccontato tantissimi momenti trascorsi con il suo amico Antonino.
Comincia dicendo che con Nacci ha condiviso momenti di vita indimenticabili, tra 1955 e il 1964 circa si svolse la loro carriera calcistica; iniziarono a giocare a Monreale impegnati in tornei liberi, mettendosi subito in evidenza per agonismo e tecnica di gioco, successivamente si ritrovarono al Centro Sportivo di Palermo per disputare tornei federali più prestigiosi, trampolino di lancio verso le rinomate squadre del Tommaso Natale e Carini, che non si fecero scappare l’occasione di averli tra le loro fila, pagando bene i giovani talentuosi monrealesi Nacci e Fedele, rispettivamente attaccante e portiere.
Il maestro Fedele tralascia per un momento il racconto dell’attività calcistica e mi indica il luogo d’abitazione di Nacci, ovvero l’angolo tra piazza Vittorio Emanuele e la salita San Cristofaro - dove un tempo si trovava un ufficio dell’esattoria - prima di trasferirsi alla Carrubella.
Con un pizzico di orgoglio mi racconta, che Nacci gli mostrò alcune opere e volle essere aiutato a “sistemare” alcuni sacchi di iuta, che come è risaputo utilizzava nelle sue opere d’arte, particolare che destò una certa meraviglia, visibilmente colta dal suo modo di raccontare.
E qui si lascia trasportare dal ricordo dell’uomo, descrivendo la sua personalità solare e aperta, un amico leale e stimato che aveva buoni rapporti con tutti.
Aggiungendo che amava la buona cucina ed era solito gustare un buon gelato e biscotti, con i proventi del gioco del calcio era usuale vestirsi da Inzerillo a Palermo.
Trasferitosi a Sciacca per svolgere l’attività di docente giocò nella locale squadra di calcio ed ebbe modo di appassionarsi alla pesca, altra sua passione.
Dunque, le strade si dividono, Salvino Fedele dopo aver giocato nella squadra del Partinico inizia la sua attività di allenatore, Nacci prosegue la sua attività di artista raggiungendo vette eccelse, di marito e padre amorevole, lasciando presto la vita terrena, incidendo nei cuori di chi lo ha conosciuto, segni e tracce di un grande uomo e artista, le stesse tracce, gli stessi segni impressi con passione e amore nella sabbia, nelle superfici di iuta delle sue opere.
Le foto sono state gentilmente fornite dalla famiglia Nacci, che ringraziamo
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