Aleardo Terzi, il cane e la latta di colore rosso

Un piacevole racconto per omaggiare un disegnatore monrealese, tra i più grandi artisti liberty del ‘900 italiano. LE FOTO

MONREALE, 12 novembre – Era la primavera del 1921, nello stabilimento del colorificio Max Meyer & C si preparava la nuova campagna pubblicitaria allo scopo di risollevare le sorti dello stabilimento che attraversava un momento di difficoltà.

La mattina successiva fu convocata dal direttore generale una riunione. Nel grande salone si discusse della nuova campagna pubblicitaria e della possibilità di affidare il delicato e strategico incarico al migliore illustratore del tempo.
A Milano collaborava per lo stabilimento Officine Ricordi, il cinquantunenne Aleardo Terzi, artista affermato, illustratore, grafico e disegnatore di manifesti di grande fascino e di chiara impronta Art Nouveau, autore di quel famoso manifesto che ritrae una scimmia arrampicata a un albero che si lava i denti col Dentol, che aveva fatto la fortuna dell’omonima casa.
Altri nomi noti circolavano tra i presenti da Dudovich a Cappiello, ma la decisione presa fu unanime: la direzione affidava l’incarico al noto artista monrealese in virtù del successo dei suoi manifesti e del suo talento e nell’abilità del Terzi di creare affiches commerciali di forte impatto comunicativo.
Nelle ore successive fu stilato il verbale di affidamento, nella cui nota si riponeva massima fiducia nella riuscita della campagna pubblicitaria. Fu lo stesso direttore a consegnare la lettera d’incarico e, a complimentarsi per l’affidamento, sicuro di aver fatto la scelta giusta.

Il maestro Terzi passò la notte a pensare alle possibili immagini per il marchio, dall’efficacia del messaggio dipendeva il successo delle vendite, ed egli voleva ripetere il successo avuto sette anni prima con la Dentol.
Entrò nel suo studio e, preso il solito camice, si sedette a pensare, sul cavalletto il disegno di un cane che guardava lontano in cerca del suo padrone, sullo sfondo alberi e siepi appena tracciati. Tolse il disegno e lo ripose sul vicino tavolo, insieme ai tanti fogli degli schizzi sparsi ovunque, che era solito fare in attesa dell’idea giusta.
L’immagine del cane che guardava lontano rimase impressa nella memoria. Con la matita tracciò segni in maniera casuale e incerta, pennellate di colore rapide e a larghe campiture. Ripose tutto sul tavolo in attesa della scintilla che tardava a scoccare, pensò al padre che lo aveva lasciato tre anni prima, sul finire della grande guerra. Andrea Terzi era stato un grande acquarellista e litografo, autore del volume cromolitografico realizzato dall’abate Domenico Benedetto Gravina sul Duomo di Monreale e de La cappella di S. Pietro nella Reggia di Palermo, aveva studiato sotto la guida di pittore Giuseppe Patania. Il ricordo del padre gli riportò alla memoria gli anni trascorsi a Palermo e gli studi intrapresi nel 1888 all’Accademia di Belle Arti da cui si allontanò dopo appena un anno di frequenza perché insofferente di quell’ambiente culturalmente ristretto.

Tuttavia l’ambiente formativo e la collaborazione con il padre lo avevano segnato positivamente anche in considerazione del fatto che la madre Rose Engel, apparteneva a un’importante famiglia di editori svizzeri.
Pensava spesso a quel periodo della sua vita, alla giovinezza, alla sua fuga dalle rigide regole del mondo accademico. Si considerava uno spirito libero e creativo e tale era stato il suo percorso artistico.
Gli anni tra il 1888 al 1891 rappresentarono una fase cruciale per la sua formazione e per i successivi sviluppi in campo professionale.
Le continue pubblicazioni cui collaborò, lo portarono ad avere contatti con ambienti di livello europeo. La partecipazione all’Esposizione Nazionale di Palermo del 1891/92 con artisti più anziani e famosi di lui e l’illustrazione del catalogo della mostra etnografica di Giuseppe Pitrè, servirono da trampolino di lancio per la futura e brillante carriera.

Sull’onda del successo del movimento impressionista, in voga in tutta l’area europea, aveva aderito ad una pittura a macchie affidando il suo messaggio agli effetti di momentanee ed immediate sensazioni. Con le opere Meriggio d’autunno e Mattino d’estate, quest’ultima esposta nel 1917 alla Galleria d’arte Moderna di Palermo, partecipò alle varie secessioni romane che si svolsero dal 1913 al 1916 dove maggiormente si avverte la lezione divisionista e l’influenza delle sfavillanti campiture musive del Duomo di Monreale, osservate e apprezzate durante gli anni della formazione a Palermo. Un senso di nostalgica tristezza caratterizzò quelle ore trascorse nello studio.
Assorto nei suoi pensieri, a un tratto, l’immagine del cane impressa nella mente, gli venne in aiuto; un cane bianco su fondo rosso che nel tentativo di addentare un pennello gocciolante di un rosso intenso, ha rovesciato una latta di smalto spargendone la tinta a terra, gli sembrò la formula migliore per rappresentare e invogliare l’acquisto della latta di colore.
Pochi elementi, essenziali ed efficaci, sfondo rosso e testo bianco, la latta che trabocca di vernice e il cane sornione che addenta soddisfatto il pennello sgocciolante ha fatto di questo meraviglioso manifesto un segno distintivo, che nonostante il trascorrere del tempo è sempre attuale.
Chissà quante volte c’è capitato di acquistare le vernici dell’omonimo colorificio, inconsapevoli di aver portato nelle nostre case un marchio della creatività di un illustre artista monrealese, quasi sconosciuto al quale, su segnalazione dello scrivente, è in corso l’attribuzione di un toponimo, quale doveroso riconoscimento della città nei riguardi di un suo illustre rappresentante.