Quelle chiacchierate con Sarina che mi mancano tanto

Riceviamo e pubblichiamo...

MONREALE, 24 gennaio – Un anno fa ci lasciava Sarina Ingrassia. Ieri gli amici e i volontari dell'associazione Il Quartiere, fondata da Sarina oltre trent'anni fa, hanno voluto renderle omaggio ricordandola pubblicamente e collettivamente attraverso una cerimonia religiosa, una mostra fotografica e una festa (immancabile) di quartiere con protagonisti, come sempre, i bambini.

Sarina per le tante persone che le sono state amiche, ha lasciato un grande vuoto. Più volte ho pensato a cosa avrebbe detto Sarina su quello che succede in Italia e nel mondo, cosa avrebbe consigliato, sorridendo, con le sue perle di saggezza, mai convenzionali.

Personalmente mi mancano quelle chiacchierate che facevamo alla sede dell'associazione, interrotte da qualche bambino che entrava impertinente a chiedere qualcosa, informarla delle prodezze della squadra di calcio dei ragazzi del quartiere o semplicemente per salutarla. Entravano a tutte le ore, la porta era sempre aperta, e si rivolgevano a Sarina dandole del tu, perché lei era "signora Sarina" per gli adulti del quartiere ma solo Sarina per i bambini e gli amici, e per i bambini Sarina era una vera amica. Sarina li accoglieva, li ascoltava, li coccolava. Alcuni bambini, che avevano attraversato vicende personali tragiche, li ha anche ospitati per lunghi periodi e cresciuti come figli.

Ma non sarei onesto se mi limitassi a descrivere Sarina in modo oleografico come la persona generosa che aiutava gli altri, soprattutto i bambini, un angelo nel quartiere. Sarina aveva una grandissima curiosità in campo religioso, politico, sociale. Era spesso invitata a parlare in vari convegni e conferenze (perfino all'Unione Europea) non tanto per la sua "figura" di donna attiva nel volontariato, ma per quello che aveva da dire. Lei un po' si vergognava, si stupiva degli inviti e dell'attenzione che le davano, ma quando poi prendeva la parola era un fiume in piena, con i suoi discorsi sugli ultimi, le ingiustizie sociali, la scuola, l'impegno religioso, sociale, civile. La sua profonda curiosità l'aveva portata a conoscere e frequentare la chiesa di base negli anni settanta, i movimenti interreligiosi come quello della comunità di Taizé, alcuni preti e teologi della liberazione; aveva partecipato a tanti movimenti cittadini e promosso iniziative per la scuola, vissuto le esperienze politiche innovative come il comitato cittadino di Palermo durante la "primavera" della fine degli anni ottanta (era stata una dei primi iscritti a quella sorta di Master di politica organizzato da Padre Sorge a Palermo)

Quando gli amici hanno organizzato le feste per gli 80 e poi per i 90 anni di Sarina, gli attestati di grande stima e affetto sono venute da tantissime persone, davvero dai quattro capi del mondo (e in qualche caso, lo confesso, io personalmente ho approfittato della rete di amicizie internazionali di Sarina, trovando ospitalità perfino in Nuova Zelanda presso figli di amici di Sarina).  

La casa di Balzi Callozzi era un "covo" dove passavano tante persone interessanti, idee innovative, voglia di cambiare il mondo. Capitava di incontrare in quella piccola grande casa, preti operai, docenti universitari, registi, profughi iraniani, missionari. E tanti volontari di lungo periodo che, venendo da varie parti della Sicilia e d'Italia, hanno negli anni deciso di passare una parte della loro vita condividendo l'esperienza di strada e di quartiere di Sarina. Come Battista, Alfina, Mario, Stefano, Annalisa, Alex, alcuni proprio educatori di strada (educatori di fatto, non grazie a un titolo), tutti ancora adesso ricordati con tanto affetto dagli abitanti del quartiere e soprattutto dai bambini e ragazzi di un tempo, alcuni oggi quasi nonni.

Le attività di volontariato nel quartiere Balzi Callozzi di Monreale come raccontava Sarina, sono cominciate per caso, accogliendo alcune ragazze senza casa, giovani in difficoltà, ragazze madri. Negli anni settanta non c'erano strutture di accoglienza organizzate (e retribuite) tutto si faceva in modo spontaneo e volontario. Sarina ci teneva a dire che tutto quello che succedeva non era programmato, , semplicemente capitava e lei non si era tirata indietro. La casa è stata sempre aperta alla gente del quartiere, la porta spalancata "perché la gente non ha bisogno a ore". Le attenzioni principali, in un quartiere complesso e difficile, sono andate ai soggetti più fragili, i bambini e le mamme.  

Il doposcuola era nato quasi per caso perché i bambini venivano a chiedere aiuto, come fare i compiti, in quella casa punto di riferimento per il quartiere. E allora, per tentare di aiutare i bambini a non restare indietro, questo aiuto puntuale divenne più strutturato. Ogni pomeriggio da dieci a venti bambini affollavano la sala dell'associazione che era tutto il mondo di Sarina e del quartiere.

Sapeva Sarina che il doposcuola non era la soluzione, ci sarebbe voluta una scuola che funzionasse davvero, ma si trattava comunque, rispetto al nulla, di un contributo per dare qualche stimolo, qualche libro, qualche spunto di riflessione e di studio.

"Il tonno si chiama tonno perché è rotonno". Questo era quello che aveva scritto un bambino di quinta elementare al doposcuola, ma ai nostri sorrisi sulle sicule geometrie ittiche lei rispondeva con amarezza che questo era l'esempio di quanto grandi siano le distanze tra chi ha cultura e può difendersi e non restare indietro e chi senza strumenti culturali resterà emarginato.

All'Associazione non c'era (non c'è) solo il doposcuola, c'erano la ludoteca, il laboratorio di falegnameria, le attività sportive con la squadra di calcio, le gite fuori porta e anche in Italia per far scoprire ai bambini il mondo fuori dal quartiere e Monreale, le attività estive per i bambini, i soggiorni al mare.

A casa di Sarina la mattina era dedicata spesso alle mamme del quartiere, il pranzo condiviso in modo improvvisato con chi passava a trovarla, il doposcuola al pomeriggio, incontri sociali o culturali, ma quasi sempre di "impegno" la sera. Sempre attorno allo stesso tavolo per quarant'anni. E per chi credeva le preghiere del venerdì sera, appuntamento per decine di persone che venivano anche da varie parti della Sicilia, un momento di semplice ma alta spiritualità e fraternità. Il tutto con pochi mezzi e pochi fondi, un paio di progetti finanziati negli anni novanta (l'ultimo progetto finanziato è stato nel 1998), ma nonostante questo si andava avanti.

Per qualche tempo mi sono occupato della contabilità dell''associazione e quando facevamo i conti, vedendo che non c'era alcuna sicurezza sul futuro, Sarina diceva "con quello che abbiamo possiamo tirare un anno, poi vediamo quello che succede". E c'era sempre qualcuno che contribuiva per qualcosa, metteva a disposizione il proprio tempo, una casa al mare per le vacanze dei bambini, qualche attrezzatura, un contributo economico.

"Non abbiamo voluto trasformarci in impresa- aveva scritto Sarina - non l'abbiamo ritenuto nostro compito, ma quante attività abbiamo potuto portare avanti con la generosità degli Amici e dei collaboratori".

Sarina era preoccupata per il futuro dell'associazione, non per il nome, diceva, ma per quello che ha rappresentato questa esperienza comune come patrimonio ideale e culturale. Aveva comprato con i soldi della buonuscita da insegnante e qualche risparmio familiare la casa del quartiere proprio per assicurare una continuità alle attività "dopo che non ci sarò più". "Non vi spaventate- aveva scritto agli amici- basta un impegno compatibile con le esigenze di lavoro e familiari, trovare a turno la disponibilità per lasciare la porta della casa aperta anche solo per due ore al giorno per i bisogni della gente del quartiere. Ma ricordate che ad accogliere non è la casa ma sono le persone".

Il lavoro di Sarina oggi continua ad essere fatto dai soci e volontari dell'Associazione che proseguono le attività con grande impegno, pur tra qualche difficoltà.

Allora mi permetto di lanciare un appello ai miei concittadini monrealesi soprattutto a quelli di buona volontà, per contribuire alle attività dell'associazione. Non si tratta di richiesta di soldi ma di impegno, una disponibilità di tempo, di attenzione, di competenze che potrebbero essere messe a disposizione per le iniziative nel quartiere e a Monreale. Giovani e meno giovani, studenti e pensionati, tutti possono dare il proprio apporto. Balzi Callozzi, la Baviera, sono di Monreale, sono Monreale, cosi come lo sono i bambini del quartiere. E l'attività svolta da Sarina e dai volontari sono un'eredità per la nostra città, un patrimonio comune di tutti e come per le cose lasciateci in eredità, bisogna saperle mantenere e non disperderle.

L'Associazione il Quartiere è davvero aperta a tutti e al contributo di tutti. Fare anche una piccola attività di volontariato per la gente del quartiere, per Monreale, è il modo migliore per ricordare Sarina.