L’Italia è di nuovo fuori dai Mondiali: la Macedonia passa al Barbera con il gol di Trajkovski
PALERMO, 25 marzo - Per la prima volta, non riesco a trovare le parole. Sembra passata una vita dalla folle e magica estate 2021, dove il mondo vide la grande bellezza firmata Italia, che in grande stile si era aggiudicata contro ogni pronostico Euro 2020.
Le aspettative erano relativamente basse ai tempi: già il solo aver riportato tattiche bene impostate e uomini con attributi alla Nazionale era stato un grande lavoro, targato Roberto Mancini.
Il mister marchigiano aveva sorpreso tutti con una Nazionale granitica, che subiva poco e segnava tanto. Le qualificazioni, a differenza di quelle per il Mondiale russo, erano filate lisce con dieci vittorie su dieci, e comunque fosse andata in estate, il lavoro di Mancini era stato già positivo e aveva ridato prestigio ad una nobile decaduta come la nostra Nazionale.
L’Europeo poi, lo sappiamo bene, è andato come andato. Al mister e ai 26 guerrieri partiti in giro per l’Europa saremo sempre debitori di serate ricolme di gioia, pacchi di patatine mangiati e birre stappate con amici ed emozioni che nel Belpaese non si provavano da un quindicennio. Ma la magia è come se fosse terminata, in quella storica notte di Wembley.
C’era un lavoro da terminare per confermare il nuovo corso della selezione azzurra: riqualificarsi al mondiale dopo la disfatta della gestione Ventura. Timidamente lo si dava per scontato: l’avversaria diretta per la leadership e quindi qualificazione diretta del girone era la Svizzera, squadra già battuta, e anche largamente, nei gironi del campionato europeo.
Eppure qualcosa comincia a scricchiolare: il primo campanello d’allarme è il pareggio per 1-1 con la Bulgaria. E via con le solite critiche, i primi dubbi, le preoccupazioni. C’è un problema insito, quasi uno spettro, dietro gli uomini in azzurro: non si segna più. Poi, con la Svizzera, serviva vincere almeno uno dei due scontri in calendario. Ma niente, due pareggi. Due rigori sbagliati da Jorginho.
Lo spettro play-off diventa realtà, e il sorteggio non è neanche dei più fortunati, anzi: prima sfida contro la Macedonia, poi la vincente tra Portogallo e Turchia. Si pensa già allo scontro con Ronaldo, e invece gli dei del calcio ci hanno ricordato che il pallone è rotondo, e in campo si scende in 11 contro altri 11. E, soprattutto, se non segni, non vinci.
Il Renzo Barbera era pieno, ieri sera. La gioia che la Nazionale, non una versione qualunque, ma quella Campione d’Europa, aveva portato nella città di Palermo, l’euforia creata da quel movimento, che aveva conosciuto il punto di non ritorno di una spirale negativa che aveva portato alla delusione del 2017, non aveva eguali. I botteghini online presi d’assalto, e solo dopo due ore era già tutto esaurito.
Si respirava qualcosa di bello in città. Quella sensazione e quell’adrenalina tipiche di momenti che sanno già di passare alla storia. Ma il problema è come passi alla Storia. Se come vincitore, o peggio, come vinto. L’Italia ieri sera ha tirato, si, ha giocato, si, ha dominato gli avversari, si. Ma ha perso. Non saremo di nuovo ad un Mondiale. I pacchi di patatine mangiati e le birre bevute con gli amici, con concorso di sciarpe e stufe per l’atipica posizione dicembrina nel calendario di questi mondiali, non ci saranno. Ci guarderemo in faccia, e capiremo che ancora una volta è mancato qualcosa.
O forse, tutto.
I dubbi sono tanti. La delusione immensa. Però il problema è più grave di quello che sembra. E solo in situazioni tragiche come quella di ieri, o come quella di 5 anni fa, si ha il coraggio di prenderlo in considerazione, e neanche di risolvere.
In Italia i giovani non giocano più. Non ci sono quasi più punte italiane in Serie A. E i pochi (Immobile, Scamacca, Belotti) giocano in squadre che non permettono di ottenere la giusta esperienza internazionale, che serve in questi momenti. Abbiamo dimostrato che se c’è una cosa che gli italiani sono è l’essere resilienti.
Ci siamo presi le critiche e gli sfottò da tutto il mondo nel 2017, e abbiamo trionfato quattro anni dopo sotto il cielo di Wembley. Ci riprenderemo le critiche e gli sfottò da tutto il mondo adesso. E se non c’è rimasto nulla o nessuno per cui tifare, tanto vale essere pazienti e aspettare. Perché anche oggi è più bello essere italiani. Soprattutto quando si perde. Servirà tempo, servirà ricostruire. Non abbiamo di nuovo più nulla oggi, ma lavoreremo per prenderci il mondo domani.