Lewis Hamilton vince il GP dell’Eifel ed eguaglia il record di vittorie di Michael Schumacher
1 ottobre 2006. Shanghai. Nella periferia della metropoli cinese, dove sorge l’autodromo che ogni anno ospita il GP della Cina, si sta correndo il terz’ultimo appuntamento di una stagione di Formula Uno ricca di colpi di scena, che ha visto opporsi due talenti più unici che rari: da una parte, un giovane asturiano fatto di grinta e passione, che risponde al nome di Fernando Alonso, dall’altra, un campionissimo ormai prossimo ad un già annunciato ritiro, che nella sua lunga carriera ha visto e vinto di tutto.
E quella domenica, non lo sapevano i suoi tifosi, i suoi meccanici, non lo sapeva nemmeno lui, che sarebbe stato l’ultimo sigillo di una carriera encomiabile, fatta di irraggiungibili momenti di onnipotenza e di controversie degne di un racconto epico.
Quel saltello e quella esultanza, in quella domenica vittoriosa, la novantunesima, l’ultima, rimarrà l’ultimo sigillo di Michael Schumacher. Numeri abnormi, innaturali, impossibili. E mai nessuno si sarebbe mai aspettato che, sedici anni e qualche giorno dopo, qualcuno avrebbe mai potuto anche solo raggiungere quei numeri.Ed è qui che torniamo a noi, al nostro oggi, al campione della nostra epoca, senza ombra di dubbio colui che più l’ha marcata.
Ce ne saranno molti, di campioni, come quell’asturiano detto prima, che però si andrà a perdere insieme al suo talento in macchine poco competitive e in troppa, troppa sfortuna. O quel tedesco che ha preso il suo posto in Ferrari, provando a riportare l’iride nella Scuderia per eccellenza, fallendo per via di tanti se e tanti ma, e si sa che con i se e con i ma non si va da nessuna parte.
Pochi cavoli, il mattatore di questa era ha un nome ed un cognome: Lewis Carl Davidson Hamilton.
91 vittorie, come Schumi, come il suo idolo, l’idolo di chiunque, colui che sceglieva ai videogame, colui dal quale ha ereditato il posto in Mercedes, col solo compito di riportarla ai fasti di un tempo, riuscendoci, anche esagerando.
Sarà il destino, sarà una coincidenza, ma farlo in Germania, nella patria di Michael, nella foresta del cosiddetto “Inferno Verde” del Nurburgring, dove il suo mentore e compianto Niki Lauda ha avuto uno degli incidenti più clamorosi della storia dello sport ormai più di quarant’anni fa, rende tutto più speciale, ciò che non è niente di speciale, ciò che è solo il pane quotidiano di uno che con la fame di vittorie va a nozze.
Non si fermerà qui. Non saranno novantuno. Saranno novantadue, novantatre, cento… tanto ormai ci siamo abituati. E probabilmente non ci possiamo rendere conto della grandezza del capolavoro che stiamo vedendo e del suo attore protagonista. Probabilmente lo capiremo solo fra qualche anno, quando anche la sua era raggiungerà una fine. Chi lo sa, magari a bordo di una rossa. E chi lo sa, magari un giorno racconteremo di un altro pilota che raggiungerà questi numeri incredibili. Magari sarà un Verstappen o un Leclerc, noi ce lo auguriamo. Sappiamo solo che ormai, per diventare il più vincente non dovrai più superare un certo Schumacher. Ma un altro uomo, sempre dannatamente veloce e dominante, icona di uno sport che ha fatto diventare il suo animaletto da compagnia. Per diventare il più vincente dovrai superare Lewis Hamilton.
E questa è una storia che non si può dire, che non abbia niente di speciale.