L'Atalanta conquista i quarti di finale di Champions League: è l'Italia che rialza la testa
MONREALE, 11 marzo – Corre. Corre e non si ferma. Corre perché è libera. Perché è nata libera. E della libertà ne ha fatto il suo più fulgido ed aureo vessillo. La Dea sa bene di vivere la storia. Sa bene che tra trent'anni si parlerà dell'Atalanta di Gasperini, del Papu e di Ilicic. Si parlerà di quella piccola squadra di Bergamo che fece tremare Guardiola e i suoi più imperscrutabili schemi.
Si parlerà di un'impetuosa e spavalda dea che guardò dritta in viso Europa, senza timore, senza reverenza. Perché figlia della giovinezza e di quell'inquietudine di rinascita e rivincita di un'Italia ferita e piegata. Che camminò tra i giganti, per insegnare ai giganti ad essere umili. Per insegnare ai giganti l'inconcepibile e magica potenza dei sogni. E forse negli occhi di tutti coloro che sotto un tricolore si rifugiano, in questo istante, è precisamente così che vengono dipinti gli uomini del Gasp. Stelle lucenti nell'ora più buia della notte. Una notte fredda, perché solitaria. Inquieta, perché pensosa. Febbrile, perché atterrita da tutto e tutti. Non sono affatto notti semplici da affrontare, queste che incombono al tramontar della luce. Notti di riflessioni sì, di turbamenti alle volte. Ma anche di riscoperte, di sorrisi con coloro ai quali un sorriso - forse - non si regalava da tempo.
Notti di abbracci, esattamente come quello che Bergamo - ieri sera - da terra di Valencia ha voluto estendere a chiunque della sua Atalanta avesse goduto con gli occhi e con il cuore, verde bianco e rosso sotto maglie di diverso colore. La bellezza totale: questa è l'unica definizione possibile per una squadra che sprigiona enfasi ad ogni giocata. Un calcio totale quasi sacchiano che, a differenza degli Immortali rossoneri di qualche anno fa, non nasce dalla singola ed individuale intelligenza, ma dalla mente comune. Un collegiale cervello che - dentro ogni singolo uomo, quasi come fossero arti di un unico corpo - intima alle gambe di correre, ai piedi di saettare e dipingere Calcio, nella sua quintessenza. E in un attimo, all'ombra delle colonne di un silente Mestalla (spoglio anche qui dei suoi tifosi i cui cori, come reminescenze e preghiere, vengono trasmessi dagli altoparlanti tutt'intorno alle gradinate), l'Atalanta impugna la penna, intinge l'inchiostro e infine sigilla con la sua firma il libro della storia di questo sport.
Quella firma non contiene il nome di Ilicic - che pure ha suggellato con il suo poker il passaggio ai quarti di Champions League - né quello del Papu Gomez, Gosens, Hateboer o Gollini. Non contiene il nome di Gasperini, né quello di Percassi. La mano che pone quella firma, come detto, è la mano dell'Italia che - con il potere della propria voce, quando tutto sembra apparentemente incarcerato - urla al cielo e al mondo Noi ci siamo. Uniti possiamo farcela. Andrà tutto bene. E' l'animo pulsante e l'emozione che, tanto quanto i propri giocatori hanno dimostrato sul campo, allo stesso modo circa 1200 tifosi bergamaschi hanno saputo regalare devolvendo tutta quanta la somma derivante dal rimborso dei propri biglietti - circa quarantamila euro - all'ospedale di Bergamo, a quanti fratelli di madre diversa adesso ne hanno disperato bisogno. Eroi, del calcio così come della vita, non ci si nasce. Eroi lo si è ogni giorno, rincorrendo quell'obiettivo che sul rettangolo di gioco è metaforicamente una palla che rotola, nella vita vera è una stretta di mano al prossimo, quando questi sembra allentare la presa. Quando tutto sembra confondersi, in un delirio terribilmente concreto e che vorremmo fosse astratto, quando il Futuro è una categoria che rigetta nell'incertezza sia vicino che lontano i campi da gioco, l'Atalanta che accede ai quarti di finale di Champions League non con i suoi giocatori, ma con la forza di un'intera nazione che soffre e spera è l'immagine più bella con la quale abbandonarsi al sonno, chiudendo gli occhi senza paura. Perché anche una notte inquieta, accesa e febbrile può placidamente placare le acque mosse dei tormenti, ritornando alla bonaccia. Perché anche l'ora più buia, della notte più buia, di lì a poco vedrà tornare il governo del Sole.