Ibra si "indiavola" di nuovo, ma con qualche mito della saga ''a volte ritornano'' da sfatare
MONREALE, 30 dicembre – Ma no! Impossibile. Ma pensa te! Sono solo discorsi da bar. E tali rimangono – si badi bene – ma solo nella filosofia di questa nostra rubrica. Tutto il resto, invece, è incredibilmente vero e nei bar (guarda caso) tra un caffè e un giornale se ne parla già, in un misto vorticoso di aspettativa e miscredenza: Ibrahimovic tornerà a vestire la maglia della Milano rossonera.
Propio lui, che di maglie a strisce sulla pelle ne ha già avute tatuate abbastanza. Lui che ha sedotto la Dama piemontese, serpeggiato come biscia su prati nerazzurri, cantato inni catalani e gustato caffé fumanti, all'ombra, sugli Champs Elysees. Recitato al Teatro dei Sogni, cenacolo degli altri diavoli, quelli di Manchester, e involatosi infine come angelo, nella città che agli angeli è dedicata, nell'America del sogno, del baseball e degli hot-dog. Lui, diavolo e angelo. Lui, pronto a rifar di Milano il suo Paradiso Perduto.
Era il 18 luglio del 2012 quando Zlatan, a 31 anni, salutava i rossoneri per sposare la causa parigina che può esser considerata senza alcun dubbio – insieme al periodo interista - il diamante più fulgente di tutta quanta la sua carriera. Tre volte sul trono d'Italia e quattro volte su quello di Francia, è Mourinho a dirgli La prossima stagione (2016/2017 ndr.) ti voglio con me a Manchester. Lì con la maglia dei “red devils” la lenta e triste decaduta: via con un infortunio, poi subito il secondo. Il risultato? Contratto rescisso e tanti saluti. Si vola in America, biglietto di sola andata. O forse no. Oggi, quel telefono è tornato a squillare, ancora una volta. All'altro capo del filo Boban e Maldini, due che diavoli dentro lo sono sempre stati. Due che, a fine carriera, il richiamo del fuoco l'hanno sentito, di nuovo. L'hanno bramato, voluto e inseguito, anche sotto altre vesti, in giacca e cravatta. E con soli 21 punti in diciassette giornate e quell'11esimo posto in classifica che deturpa i miti del passato, sono tornati da chi forse Milano l'aveva ancora negli occhi. Da quel ragazzone di Malmo figlio di immigrati jugoslavi in Svezia, presuntuoso, arrogante e altezzoso sì, ma incredibilmente necessario.
Non sarà semplice, affatto. Ma questo anche Ibra lo sa. Trentotto anni e una condizione fisica tutta ancora da valutare sono spine nel fianco decisamente troppo pungenti per un campionato, come quello italiano, che nemmeno il fenomeno CR7 si aspettava così ostico da espugnare. Per di più se, come te, molti negli anni passati hanno tentato di ripercorrere le proprie gesta ma cedendo tuttavia al peso delle difficoltà e abbandonando l'impresa. La mente vola a Kakà che dal Real Madrid torna a vestire la maglia rossonera dopo la parentesi bellissima che gli consegnò, a parte scudetti, coppe nazionali e Champions, anche il Pallone D'Oro nel 2007. Certi amori non finiscono aveva detto Galliani, allora direttore dell'area sportiva. E invece, purtroppo per il numero 22 la stagione non è affatto al pari delle precedenti e dopo due anni, anche per lui, si sentono squilli americani. Anche un certo Shevchenko, al suo ritorno, inciampa in un sonoro flop e – come lui – Balotelli, Gullit e Leonardo.
Come detto in incipit, aspettativa e miscredenza, fiducia e diffidenza. Olimpo e Ade, Paradiso e Inferno. Proviamo a riassumere: passato e presente. Il Milan ha bisogno di tornare a vincere e per farlo serve la scossa dall'interno, quella che fa vibrare indole e umore, deflagrando all'interno dello spogliatoio, dentro il campo d'allenamento e infine sul rettangolo di gioco. Una bomba ad orologeria pronta a eplodere alla più lieve delle oscillazioni, trascinando menti e cuori sulla retta via, quella dell'orgoglio, della fierezza di esser lascito ed eredità di una generazione d'eroi del calcio. Zlatan, hai tutto questo sulle spalle. Tu che – direttamente o indirettamente – sei stato designato condottiero e guida dei tuoi giovani soldati e al contempo simulacro di sogni e speranze per tutti coloro i quali delle tue gesta si sono vestiti, come fibre di una maglia difficile da strappar via, nonostante il momento, nonostante tutto. E, non per metterti pressione, ma il peso del Diavolo è tutto sui tuoi piedi. Bentornato in Italia, Ibracadabra.