La mamma è sempre la mamma!

L'Inter ipoteca il girone d'andata insieme alla Vecchia Signora, Esposito vive la sua favola

MONREALE, 23 dicembre – Chissà se nella lettera a Babbo Natale aveva scritto proprio questo. Lui che di lettere, a 17 anni, di certo ne avrà scritte tante. Chissà che fine facevano, quelle lettere. Piegate, confezionate alla bell'e meglio con scotch e nastri e poi trovate, nascoste – magari proprio dalla mamma – per far credere, ingenuamente, che fossero già state spedite. Sebastiano Esposito (come tutti i bambini) sapeva dell'inganno, ma lo accettava. E quando ieri, a San Siro, ha ricevuto il suo regalo, è andato a baciare la mamma. Babbo Natale, dopo tanto tempo, è finalmente arrivato.

E cosa avrebbe potuto desiderare di meglio? Lui che nel segno di Bergomi e Zanetti aveva vissuto e sperato, da bambino sognando quella grande coppa argentata, alta nel cielo nerazzurro di Madrid. Lui che, con il numero 30 tatuato sulle spalle, ieri si è guadagnato il suo personale posto nell'Olimpo gustando, per la prima volta nel maggior campionato italiano, l'ebbrezza della maturità, il sentirsi grandi e invincibili dinanzi al frastuono assordante e carezzevole di Milano. Eppure è sempre lei che cerca, con quegli stessi occhi che le chiedevano cosa ci fosse ad attenderlo sotto l'albero. Lei che sorrideva guardandolo perché, più di tutti gli altri, sapeva che ce l'avrebbe fatta. La mamma è sempre la mamma.

Secondo più giovane di sempre, nella storia dell'Inter, a segnare un gol in Serie A (davanti a lui soltanto Mario Corso, colonna portante della “Grande Inter” degli anni '70) e primo a festeggiare una rete nella roccaforte nerazzurra, scalzando un certo Beppe Bergomi, Sebastiano Esposito entra, passando dalla porta principale, nella storia del club in questo momento in testa alla classifica 2019-2020. Con un Lautaro in meno, diffidato dopo la sanzione contro la Fiorentina – titolare inamovibile insieme al roccioso Romelu Lukaku – Conte aveva preso la sua scelta. All-in, come nel poker: in settimana il ballottaggio con Politano sul posto da titolare per l'ultima partita prima della sosta l'aveva vinto proprio il classe 2002 di Castellammare di Stabia, quel ragazzino che il mister aveva voluto con sé, in panchina, e che in Europa in fondo aveva fatto bene. Contro un Genoa in chiara crisi d'identità, i ragazzi trascinati da Lukaku e Gagliardini non incontrano particolari difficoltà. Poi il rigore. Sulla porta dello spogliatoio, accanto alla voce “rigoristi” è segnato proprio il nome del gigante numero 9. Ha già posizionato il pallone quando, voltandosi verso il suo giovane compagno di reparto gli dice solo Vai tu, vai convinto sulla palla e fai gol. Lukaku lo guarda, mentre prende la rincorsa. Lo guarda fino all'ultimo istante. Poi lo rincorre, perché quel ragazzino che da piccolo sognava di urlare sotto il cielo di San Siro, l'aveva messa dentro. 

I tre punti conquistati riportano dunque l'Inter in vetta alla classifica, sullo stesso trono in cui siedono i campioni alla guida di Sarri (“Una poltrona per due” verrebbe da dire proprio in prossimità delle feste natalizie). E in un campionato bellissimo, come non se ne vedevano da otto anni a questa parte, aldilà dei colori, delle bandiere, delle discussioni del pranzo della domenica, la foto di una ragazzo diventato uomo che piange e abbraccia la sua mamma, ringraziandola per non aver mai smesso di credere in lui, nonostante tutte le difficoltà e i sacrifici, è il ritratto più esemplare della bellezza oltre l'agonismo, della passione, dei sogni, delle speranze e degli affetti oltre il denaro.