Fu nel corso della Palermo-Sciacca, prima tappa dell'edizione 1986
MONREALE, 24 ottobre – Quel giorno faceva un caldo boia. Quel 12 maggio 1986 la temperatura, già elevata di suo, divenne presto più alta. Passava da Monreale, dopo non so quanti anni, una tappa del Giro d'Italia. Non un evento storico, ma quasi. E certamente, dal punto di vista sportivo, una data da ricordare a memoria d'uomo.
Quell'edizione del Giro, la 69ª della storia della corsa più famosa della Penisola, quando ancora sull'ammiraglia di quella che oggi si chiama la Rcs, ma che allora era semplicemente la “Gazzetta dello Sport”, viaggiava ancora il patron Vincenzo Torriani, che – anche col sole a picco o con il diluvio universale – guidava la corsa dal primo all'ultimo metro, contemplava pure il passaggio dalla nostra cittadina.
Era il giorno del battesimo del Giro 1986, che in mattinata aveva visto la disputa del cronoprologo sulle strade di Mondello. A trionfare era stato lo svizzero Urs Freuler, uno che quando pedalava contro il tempo, specie nelle tappe brevi, spingeva come un forsennato. Ed era lui, quindi a vestire la prima maglia rosa del Giro, pronto e bello carico per affrontare la prima vera tappa, la Palermo-Sciacca che, appunto, passava da Monreale.
Noi ragazzi di allora non avemmo dubbi: per vedere meglio il passaggio dei corridori (tanti di noi erano cresciuti a pane e calcio o, in alternativa, a pane e ciclismo) dobbiamo andare in montagna dove, la corsa si fa più lenta e il serpentone colorato delle biciclette è più bello e più godibile.
E andò così: tutti sulla strada di Sagana, dove era fissato il primo Gran Premio della Montagna di quel Giro d'Italia, un'asperità di scarso livello per i corridori professionisti, abituati a ben altre salite, a ben altre pendenze, a ben alte altitudini.
Fu una festa. Già al bivio Fiore, dove passava la carovana per proseguire la sua marcia lungo la 186, in direzione Partinico, era tutto un brulicare di gente e di macchine. Ricordo che a stento riuscimmo a parcheggiare la 126 di Gianni Squadrito, con la quale raggiungemmo il luogo, posizionandoci in prossimità di una curva, dove la visione del passaggio dei ciclisti era ancora più agevole. Le urla si sprecavano: “Vai Moser!”, “Forza Saronni!”, "Argentin non mollare!” erano quelle che andavano per la maggiore e quel passaggio di bici e di magliette colorate fu per noi una delizia per gli occhi e per il cuore. Quella tappa, la vinse a sorpresa Sergio Santimaria, un “Carneade” del ciclismo, che probabilmente quella giornata si trasformò in eroe improvvisato, tagliando per primo il traguardo di Sciacca, con i big, che – forse pensando alla classifica generale – gli concessero la possibilità di vivere la sua giornata di gloria.
Saronni, che di Giri d'Italia ne aveva vinti due (1979 e 1983) era il grande favorito per la vittoria finale e in effetti per tanti giorni vestì la maglia rosa, simbolo del primato in classifica. Ad alzare le braccia a Milano, però, fu il bresciano Roberto Visentini (nella foto), che sferrò il suo attacco nella tappa Erba-Foppolo, difendendosi bene nella crono di Cremona, vinta da Francesco Moser, che all'epoca era detentore del record dell'ora e contro il tempo aveva pochissimi rivali per poi far sua la corsa rosa ed arrivando a braccia alzate dopo l'ultima tappa-passerella conclusa a Milano in piazza del Duomo. Adesso il giro partirà da Monreale. Sarà l'occasione per mettere in mostra i nostri splendidi monumenti. Le emozioni sportive, però, c'è da scommetterci, saranno sempre uguali.