Un incontro passato alla storia del calcio mondiale
MONREALE, 17 giugno – Uscendo, per un attimo dall'ambito sportivo monrealese, ci concediamo una digressione, ricordandoci che oggi ricorre il 43° anniversario di quella che è passata alla storia come la "partita del secolo", vale a dire Italia-Germania 4-3, del 1970.
Un incontro di calcio che e' uscito dagli argini di un evento sportivo, per quanto importante esso possa essere, per diventare un fatto sociale, di cultura e pian piano anche storico, celebrato pure da un film di Pupi Avati.
Per fortuna 43 anni fa il Golden gol non esisteva. Altrimenti "Italia-Germania 4-3" non sarebbe stata mai giocata. Ed oggi, purtroppo, parleremmo di Italia-Germania 1-2. Invece, a 43 anni di distanza, il calcio italiano ricorda ancora con tanta emozione quella che viene considerata la "partita" per antonomasia. Nella mente degli sportivi, di quell'incontro oggi rimangono tante fotografie: il pareggio di Schnellinger, il gol di Burgnich, il braccio fasciato di Beckenbauer, il 4-3 decisivo di Gianni Rivera, la disperazione di Maier. Ma, piu' che altro, la gioia per un grande, storico riscatto sociale.
Italia-Germania segno' - in pratica - la completa riabilitazione del nostro calcio, che si era gia' fregiato del titolo europeo due anni prima, dopo l'umiliazione coreana del mondiale inglese del '66. Per gli amanti dei particolari, quel match segno' invece l'inizio della famosa staffetta (Mazzola-Rivera) che ha fatto la storia del calcio azzurro e che in tante occasioni, a torto o a ragione, e' stata riesumata. La partita si gioco' a Citta' del Messico, stadio Azteca, il 17 giugno 1970. L'Italia aveva superato i quarti di finale, battendo il Messico padrone di casa per 4-1. La Germania, invece, era riuscita a prendersi la rivincita della finale mondiale di quattro anni prima, superando l'Inghilterra per 3-2.
In casa nostra c'era gia' tanta euforia per essere riusciti ad approdare alla semifinale mondiale, traguardo che non veniva raggiunto dai tempi dei successi di Vittorio Pozzo. E poi la Germania era sempre la Germania, simbolo di un calcio maschio e vigoroso, concreto e sempre redditizio. La nazionale di Ferruccio Valcareggi ando' in vantaggio con Roberto Boninsegna nel corso del primo tempo. Poi, secondo la migliore tradizione del nostro calcio, tutti indietro a difendere un golletto che valeva oro. Ma la nazionale tedesca aveva mille risorse, compreso quel Karl Heinz Schnellinger, un terzino che dimentico' di giocare con il Milan e che mise dentro a tempo abbondantemente scaduto il pallone dell'1-1 (il quarto uomo non c'era ancora e con esso il recupero istituzionalizzato).
Fino a quel momento, epilogo rocambolesco a parte, la partita non aveva detto assolutamente nulla di particolarmente emozionante. Anzi, a detta di tutti, si era rivelata abbastanza noiosa. Ma quel che avvenne dopo fece di quella partita una leggenda. La Germania passo' in vantaggio nel corso del primo tempo supplementare col bomber Gerd Muller, rapinatore delle aree di rigore. Quindi il pareggio del terzino dell'Inter, Tarcisio Burgnich: non un fatto storico, ma quasi. Quindi un altro vantaggio, stavolta dalla parte italiana. Gigi Riva nel secondo tempo supplementare, dal settore di sinistra si accentro', scarto' Voegts e con un fendente rasoterra fece secco il portiere tedesco Sepp Maier. Ma non era ancora finita. Ancora Muller, stavolta con la complicita' di Albertosi e Rivera, riagguanto' il risultato, portandolo su un clamoroso 3-3. La rabbia italiana pero' si trasformo' in entusiasmo un minuto dopo.
Un'azione di Boninsegna sulla fascia sinistra consegno' a Rivera una palla a centro area che il "Golden Boy" mise dentro di piatto, ingannando il portiere tedesco. 4-3 ed Italia in finale. Purtroppo l'enorme dispendio di energie fu pagato a caro prezzo dagli azzurri che in finale furono travolti dal Brasile per 4-1. La Coppa Rimet la sollevo' al cielo il capitano del Brasile, Carlos Alberto e non quello azzurro Giacinto Facchetti, ma quel 4-3 sulla Germania ci laureo' virtualmente campioni del mondo, non per quattro anni, ma per sempre.