fumetto di Romina Lo Piccolo
Occorre tanto coraggio, o forse tanta incoscienza, oggi, a scegliere di fare l'insegnante. Perché all'insegnante, sempre più spesso, vengono chiesti i superpoteri.
Un buon docente, oltre a conoscere profondamente la disciplina di cui è specialista, deve, all'occorrenza, improvvisarsi capace di competenze psicologiche, pedagogiche, sociologiche, tecnologiche, informatiche, e persino medico-sanitarie.
E, insieme a queste mirabolanti abilità, deve sapersi muovere in classe come un consumato equilibrista, un funambolo in grado di stare diritto su quel sottile filo dell'autorevolezza che segna il mobile confine tra l'approccio intransigente e quello indulgente, tra lo stile dell'accoglienza e quello della fermezza. Un supereroe dei tempi moderni.
Uno che, per entrare nel merito, deve sapere contemperare i bisogni del singolo e quelli del gruppo, conciliare la modalità istruzionale con quella affettiva, incastrare a mestiere i puzzle dei contenuti e del processo, della cognizione e dell'emozione, della norma e della relazione.
Eppure, malgrado questo ricco ed articolato curriculum, quella dell'insegnante è, ormai, la cenerentola delle professioni. Un tempo faro della società, oggi la figura del docente è oscurata, appannata dalle ombre gettate al suo indirizzo da polemiche ed accuse, finanche aggressioni.
Le cronache abbondano di storie di docenti contestati, minacciati, accusati e colpiti da schiere di genitori inferociti. Una debàcle sociale che mette a dura prova l'efficacia della funzione educativa della scuola.
Tanti, per fortuna, sono ancora quegli insegnanti che, come in una trincea, resistono nello sforzo quotidiano di svolgere il loro compito e di continuare a rappresentare, nella realtà sempre più complessa in cui siamo immersi, un supporto e un riparo.
Ma l'ingerenza preponderante dei genitori nelle dinamiche scolastiche rischia davvero di essere estremamente controproducente sul piano educativo.
Genitori che proiettano, forse inconsapevolmente, nei figli aspettative sovradimensionate; genitori che tentano di tenere al riparo i figli da eventuali insuccessi scolastici e che, quindi, si sostituiscono a loro nell'impegno domestico deresponsalibilizzandoli e rendendoli incapaci di autonomia e insicuri; genitori che mossi da una visione narcisistica del proprio figlio tendono a giustificare e minimizzare piuttosto che correggere comportamenti inadeguati.
Tutte dinamiche che spuntano le armi all'esito trasformativo del lavoro didattico e che destituiscono di valore un ruolo professionale che, al pari di quello dei medici e di coloro che svolgono professioni sanitarie, ha a che fare con la vita. Nella nostra fattispecie, con le giovani vite.