fumetto di Stefano Gorgone
Carissimo direttore,
tra le personalità che hanno esercitato ed esercitano un grande fascino soprattutto tra le giovani generazioni vi è indubbiamente Giorgio La Pira, una figura esemplare per la Chiesa e per il mondo contemporaneo, un testimone di grandi virtù umane, civili e politiche.
“Se c'è una persona che soffre io ho il dovere preciso di intervenire in tutti i modi che l'amore suggerisce perché quella sofferenza sia lenita. Altra norma di condotta per un sindaco non c'è.” Così affermava La Pira considerato giustamente il padre dei poveri e dei sofferenti. “S'era in pochi a capirlo, forse soltanto noi poveri”, ebbe a dire una signora presente ai suoi funerali. Trasferitosi dalla sua Pozzallo a Firenze, La Pira si laureò presso la facoltà di giurisprudenza con una tesi in Diritto Romano e a trentadue anni divenne Ordinario per la cattedra di Istituzioni di Diritto Romano nella stessa facoltà.
Affascinato dal radicalismo evangelico di San Francesco vestì l'abito di terziario domenicano nel convento di san Marco, dove trovò ospitalità con il nome di fra Romualdo. Fu essenzialmente un uomo di preghiera, un contemplativo, ma la sua vita mistica non fu mai disgiunta dalla vita attiva nella società. Sollecitato dai suoi tanti estimatori tra cui l'arcivescovo di Firenze mons. Dalla Costa diede la sua disponibilità a candidarsi per contribuire alla ricostruzione economica e sociale del Paese.
“ Non ho mai voluto essere né deputato né sindaco: mi ci hanno violentemente posto”, così affermava. Fu eletto nel 1946 all'Assemblea Costituente dove diede il suo prezioso apporto alla stesura della Costituzione svolgendo un prezioso ruolo di mediazione tra cattolici, liberali e socialcomunisti, sindaco di Firenze dal 1951 al 1965, deputato per tre legislature e sottosegretario al ministero del Lavoro, ma anche presidente della San Vincenzo, un'associazione benefica che con entusiasmo e profondo spirito di servizio contribuì a fondare e a valorizzare.
Lontano da qualunque interesse personale La Pira visse il suo ideale da laico autentico, operando in modo limpido e trasparente per il bene comune. Da sindaco di Firenze seppe affrontare le emergenze sociali e lavorative salvando il posto di lavoro di migliaia di operai, fece costruire un intero quartiere di case popolari per darle ai senza tetto, si recò spesso ad incontrare i carcerati per portare loro conforto ed aiuto, istituì la mensa dei poveri e diede vita a numerose iniziative assistenziali per alleviare le sofferenze degli emarginati e dei disoccupati. “ Tutta la vera politica sta qui- diceva – difendere il pane e la casa della più gran parte del popolo italiano, tenere conto delle attese della povera gente.” Operatore di pace e uomo del dialogo La Pira ha saputo dialogare con tutti senza essere di parte.
Convinto sostenitore della vocazione universale della città di Firenze diede vita ad alcuni convegni dei sindaci delle grandi capitali, per affermare l'importante ruolo che le città possono avere per difendere la pace nel mondo, si recò ad Hanoi in Vietnam, in Terra Santa ed a Mosca per parlare di distensione e di pace nel tempo della cosiddetta guerra fredda. “ E' giunto il momento - diceva- di abbattere i muri e di costruire ponti, di superare qualunque divisione e ogni contrasto fratricida per edificare solidi legami di pace e di unità.”
Considerato un visionario ed un utopista dai politici del suo tempo, le parole di La Pira appaiono oggi profetiche ed estremamente attuali. Morì il 5 novembre del 1977 nella sua celletta del convento di San Marco a Firenze. Papa Francesco, indicandolo come un esempio per i politici di oggi, lo ha dichiarato venerabile nel 2018.