fumetto di Stefano Gorgone
Carissimo direttore,
“ io lavoro tutto il giorno e non posso certo stare a controllare quello che mio figlio fa online.”
Così, seppure con molta amarezza, mi ha recentemente riferito un mio conoscente nel commentare i recenti ed incresciosi fatti di cronaca e, più in generale, temi come la pornografia, l'adescamento online, la sessualizzazione precoce.
I nostri ragazzi, infatti, sono sottoposti a continue e pressanti sollecitazioni che li spingono a volere tutto e subito, a fare tutto troppo presto e ad esporsi a pericoli di fronte ai quali sono disarmati e di cui non conoscono la portata. In verità, molte famiglie cercano di spingere i propri figli verso esperienze di crescita adeguate al loro livello di sviluppo, ma per vari motivi esse risultano in affanno e non riescono a fronteggiare l'attrattiva che non solo i videogiochi esercitano sui ragazzi.
Così, giorno dopo giorno, perdono contatto con i figli fino a sentirsi impotenti ed incapaci di fronte allo strapotere della rete. Tutti, infatti, abbiamo dovuto sperimentare la difficoltà ad essere sufficientemente autorevoli con i nostri figli, a stabilire norme di comportamento, regole e confini alle loro abitudini. Certamente non si tratta di tornare al padre-padrone, di restaurare soprattutto l'autorità perduta del padre, ma la realtà attuale ci suggerisce che la libertà senza limiti crea solitudine e, spesso, anche rassegnazione se non disperazione.
I nostri ragazzi sono più liberi ma anche più soli! Soprattutto nei gruppi sociali più svantaggiati risulta più problematico educare alla fiducia e alla responsabilità, fornire un'educazione morale basata sull'interiorizzazione dei significati piuttosto che sull'imposizione delle regole. In tali deprivati contesti le nuove generazioni sono sopraffatte dalle emozioni, dai sentimenti, dalle pulsioni più istintive e finiscono per subire la dipendenza dai “cattivi maestri”.
Cosa possono fare le famiglie per trovare la rotta in un territorio di cui conoscono poco o nulla e all'interno del quale si sentono perse? Lo psicoterapeuta Alberto Pellai invita i genitori a riconquistare decisamente un ruolo educativo e ad affrontare e prevenire il più precocemente possibile in famiglia queste problematiche, senza reticenze e senza tabù, in un'atmosfera di dialogo aperto e costruttivo con i figli. Il momento del pranzo, ad esempio, può essere una preziosa occasione per aggiornarsi ogni giorno su ciò che succede nel mondo interiore ed esteriore dei figli, per farli sentire sicuri e protetti, parte di un sistema di relazioni in cui i loro bisogni più profondi vengono visti, condivisi e soddisfatti.
E' indispensabile essere presenti nella vita dei figli, fin da piccoli, aiutandoli ad inserirsi in contesti educativi, aggregativi e di animazione, in cui possono sperimentare la bellezza del vivere esperienze divertenti, avventurose, all'aria aperta, in compagnia di amici di pari età. Nella nostra città molti hanno impresso ancora nel loro cuore e nella loro mente i momenti gioiosi e formativi trascorsi in parrocchia, nei campeggi a Calarossa, Balestrate, Tagliavia, nelle cosiddette colonie nelle località più disparate. E' stato un tempo ricco di frutti umani e spirituali, di fiducia nell'avvenire, di entusiasmo, di disponibilità verso tutti, ma anche un tempo prezioso per formare la classe dirigente della nostra città.
E' altrettanto opportuno che le famiglie sostengano le motivazioni dei figli, stimolino le loro passioni ed i loro interessi culturali, hobby come la lettura e la musica, favoriscano la frequentazione di associazioni sportive e di altro tipo, come ad esempio gli scout, li incoraggino a svolgere non solo le attività scolastiche ma anche quelle extrascolastiche che aiutano a rifuggire dalla realtà virtuale e a collegarsi piuttosto con la vita reale.
Non è certamente facile essere buoni genitori in questo momento storico, aiutare i figli a coltivare sani e solidi principi morali, ma è una sfida ineludibile, a fondamento di una società che abbia veramente a cuore il proprio futuro.