fumetto di Stefano Gorgone
Carissimo direttore,
in un suo interessante lavoro il filosofo Umberto Galimberti afferma che i giovani amano vivere il presente con la massima intensità perché il futuro non appare chiaro e luminoso e ciò spegne il loro entusiasmo giovanile e cancella prospettive e speranze.
Un recente sondaggio ha confermato questa asserzione evidenziando come solo il 43 per cento dei giovani intervistati considera fondamentale la partecipazione ai processi democratici, con particolare riferimento al prossimo importante appuntamento elettorale. I giovani fra i 18 e i 24 anni, pur essendo consapevoli che il voto è un dovere civico che va sempre esercitato, disertano le adunanze di questi giorni, sentono la politica lontana, sono sfiduciati e disillusi per la scarsa credibilità ed affidabilità dei politici che appaiono privi di una tensione ideale.
Non meno preoccupanti sono i dati relativi alla pratica religiosa. La maggior parte dei giovani ammette di essere delusa o indifferente, riconosce che la fede è marginale e non svolge alcun ruolo decisivo nella propria esistenza, mentre solo il 13 per cento dichiara di partecipare settimanalmente ai riti religiosi. Alcuni sociologi parlano di “ prima generazione incredula”, anche se riconoscono la difficoltà a definire la realtà con affermazioni rigide. Vi sono giovani, infatti, che non rifiutano la fede ma il modo tradizionale di proporla, un modo che non tiene conto della loro capacità critica, del loro linguaggio, dei loro problemi esistenziali, dei loro diritti, soprattutto del diritto allo studio, al lavoro, a non essere costretti ad emigrare per realizzare i loro sogni.
E' una Chiesa che appare demograficamente vecchia, incapace di parlare ai giovani, i quali chiedono, anche alla politica, di essere coinvolti da protagonisti ed interlocutori veri nei processi decisionali, piuttosto che essere l'oggetto passivo delle scelte degli adulti che assumono sempre un ruolo dominante. Si tratta di avere reale fiducia nelle loro risorse umane, valoriali, culturali e spirituali, scommettere sulle loro energie, sulle loro capacità di progettare, ideare, generare, sul loro modo di impegnarsi per la cura delle nostre città. E' vero, infatti, che essi non hanno smarrito del tutto il senso dei valori ma sono sensibili alle problematiche che riguardano la cura del creato, il cambiamento climatico, la qualità della scuola e dell'università.
Solo in tal modo possiamo aiutarli a non perdersi, a ritrovarsi, a dare un senso alla loro vita, ad avere voglia di futuro.
Come bene osservava monsignor Cataldo Naro, non si può procedere con frasi fatte, o navigare a vista gestendo stancamente il presente. In questo nostro tempo in cui il pensiero sembra cedere il passo alle emozioni, occorre “cominciare a pensare, a studiare la realtà con intelligenza e fatica, comprenderla con amore e passione,” per individuare un modo nuovo e più efficace di incontrare i giovani ed avvicinarli alla polis e alla fede.