Caro Guccini ti comunico che Dio non è mai morto o poi risorto

fumetto di Salvino Caputo

Nel 1965 il tenero Francesco Guccini scrisse una profonda canzone poetica e nazional-popolare dal titolo “Dio è Morto”, cantata dai Nomadi e reinterpretata dallo stesso Guccini nel 1988 c/o Sony.

Nell’ultimo mio libro “Vangelo Secondo Salvino” ho smontato nel finale del mio Processo a Caifa, la storiella di tre secoli di letteratura nazional-popolare legati alla morte di Gesù di Nazareth, morto sul Golgota e trafitto nel costato dalla lancia di un soldato romano, agli ordini di Ponzio Pilato. Facciamo un breve preambolo: Guccini scriveva che “Dio è morto” ai bordi delle strade, nelle auto prese a rate, nei miti dell’estate, nei campi di sterminio, con i miti della razza, con gli odi dei partiti. Francesco aveva fatto una premessa nella prima strofa della sua canzone, ovvero che la sua generazione non credeva più a tutto quello che era stato magistralmente mascherato con la fede ed era arrivato il momento di negare e rifiutare tutto ciò che incarnava le falsità, le fedi fatte di abitudine e paura, una politica nana utilitarista e rivolta solo alla carriera politica, il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto, l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione di stato; chiosava nell’ultima strofa, augurandosi che la sua generazione e quelle future potessero proiettarsi in un mondo nuovo dove l’idea di fondo e lo slogan indelebile, sarebbe stata la convinzione profonda che Dio fosse morto solamente per tre giorni e poi risorto. Guccini chiamava Dio “Gesù di Nazareth, il figlio del nostro Padre Celeste.

Perdoniamo il nostro tenerone Francesco! Entriamo nel vivo delle mie convinzioni di scrittore ed uomo di fede a proposito di crocifissione e morte di Gesù sul Golgota: Pensate veramente che il nostro, onnipotente Padre Celeste abbia assistito impotente all’ultimo sospiro del figlio adorato e prediletto e consentito che venisse trafitto al costato, per poi farlo resuscitare dopo tre giorni? Quando Gesù, rivolgendosi al Padre dice: Eli, Eli, lemà sabactàni, che significa Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? In quell’istante preciso, Dio scatenò un violento terremoto sul Golgota e tele-trasportò (linguaggio contemporaneo) il figlio nel suo universo e multi-verso, destinazione G37. La sacra pietas del Padre verso il figlio è stato il sentimento umano di un Dio giusto. Purtroppo noi uomini e donne del pianeta terra siamo rimasti succubi della maledetta moira del destino e della casualità. Di tanto in tanto, accadono i miracoli per intercessione degli Angeli e delle preghiere fatte con il cuore. Dio ci ha concesso il libero arbitrio e tranne per le malattie, siamo tutti artefici del nostro destino. Un bimbo o una giovane vita strappata alla stessa vita, sono argomento di genetica e di scienza. Copyright © BY SALVINO CAPUTO