fumetto di Michele D'Amico
PALERMO, 17 giugno - Il calcio è passione, romanzo popolare, rapporti sociali, comunicazione, letteratura, scienza, politica, business, il calcio è tutto quello che si possa pensare. Il calcio è anche uno sport duro, tra gli sport più duri: giocando a calcio si può anche morire.
Il calcio però non deve essere violenza, intimidazione, caccia all’uomo, sopruso, il calcio deve restare sempre uno sport dove la lealtà deve essere il faro interiore che illumina la vita di un calciatore. La lealtà deve accompagnare sempre il viaggio del calciatore nel corso della sua attività, sia che giochi tra i professionisti che tra i dilettanti, la lealtà, in ultima analisi, deve essere viaggio e meta.
Dal campo si deve uscire sempre a testa alta, sia che si vinca, sia che si perda. E quando si perde una partita si deve uscire dal campo avendo la consapevolezza di avere dato tutto quello che si poteva dare e perdendo ci si deve complimentare con i vincitori perché, in quella partita, sono stati più bravi. Così ho fatto nei miei 20 anni di calcio che ho praticato tra i dilettanti e così avrei fatto, se fossi stato così bravo da meritare di giocare tra i professionisti. Mai è mancata la lealtà e il rispetto per l’avversario. Certo a volte gli scontri erano duri, ma sempre sul pallone e mai sulle gambe degli avversari. Tutto il contrario è successo ieri sera sotto gli occhi di un malcapitato arbitro che farebbe bene ad appendere le scarpette, come si dice in gergo calcistico, al chiodo, tanta è stata la sua manifesta incapacità di dirigere una partita di alto livello, ma che di alto livello ha avuto ben poco.
Torniamo alla partita di ieri sera. Sia subito chiaro, in qualunque modo vada il ricorso del Palermo, i rosanero non hanno meritato la massima serie calcistica. Il Palermo merita di giocare in serie B, ma la Federazione Italiana Giuoco Calcio ha un’occasione più unica che rara: utilizzare il ricorso del Palermo per impartire una lezione a tutti, per portare in alto i veri valori dello sport che durante la partita di ieri sera sono stati seppelliti e vilipesi, per fare capire ai giovani e ai meno giovani che una vittoria la si deve meritare giocando a calcio, per fare capire al pubblico che allo stadio si va per tifare la squadra del cuore, non per invadere il campo, neanche quando l’arbitro sancisce la fine della partita con il triplice fischio finale, fischio che ieri sera non c’è stato, con l’aggravante che alcuni giocatori del Palermo sono stati presi anche a ceffoni da un’orda barbarica che si è riversata, impunemente, sul campo di gioco.
La Federazione Italiana Giuoco Calcio, al di là delle motivazioni del ricorso presentato dal Palermo, deve decidere, in assoluta autonomia, se legittimare una vittoria come quella ottenuta ieri sera dal Frosinone. Se dovesse decidere in senso favorevole, significherebbe legittimare che le vittorie si possono ottenere con tutti gli espedienti possibili dell’antisportività, con la violenza, con l’intimidazione, con l’invasione di campo.
Al contrario, se la federazione dovesse decidere che in nome dell’antisportività, della violenza, dell’intimidazione, dell’invasione di campo, non ci si guadagna il paradiso calcistico, non dovrebbe confermare la promozione nella massima serie calcistica del Frosinone, relegandolo ancora a partecipare nella serie cadetta. Di una tale decisione ne gioverebbero i tanti valori calcistici che sovente solo di facciata vengono ricordati e che invece, al contrario, assumerebbero significato e applicazione reale. Da una decisione di tale portata la FIGC avrebbe la possibilità di iniziare una riforma del calcio italiano - a tutti i livelli - che mai era arrivato a livelli così bassi come adesso nell’ambito del consesso mondiale calcistico.